Comunicazione verbale: il linguaggio come chiave per vendere
Vendere è un’arte che sin dai tempi antichi si è basata sulla comunicazione verbale. Oggi questa viene inclusa nelle soft skill ed è vitale in questo settore ma non solo. Avere buone doti comunicative può tornare utile in qualsiasi ambito, privato o professionale.
Tra i tre diversi tipi di comunicazione, che sono verbale, non verbale e paraverbale la prima è quella che definisce i contenuti. Senza nulla da dire, forma e atteggiamento hanno potere limitato. Vediamo come svilupparla al meglio in contesto di compravendita.
La comunicazione verbale può essere uno strumento
Si tratta del livello di interazione consapevole, a differenza del linguaggio non verbale di cui non si è del tutto consci. L’utilizzo accurato delle parole per dare le giuste informazioni per via orale non è un’abilità scontata. Scegliere i termini appropriati prevenendo come saranno recepiti richiede ragionamento e intuito.
Affermare che la comunicazione verbale sia parlare però è riduttivo. Ci sono altre skill da perfezionare che possono essere abbinate alle parole usate per avere un confronto o un dialogo costruttivo. Una di queste è l’ascolto attivo, la capacità di comprendere sentimenti ed esigenze di chi si ha di fronte. Non basta usare le orecchie, ma filtrare il discorso per trattenere le informazioni che possono tornare utili.
Come sarà facile evincere questo risulta ancora più utile nella condizione in cui si voglia convincere qualcuno a fare un acquisto. Mostrare di capire i bisogni degli acquirenti e fornire motivazioni e soluzioni convincenti è l’essenza del processo di vendita. Marketing e strategie pubblicitarie servono a portare clienti all’interno degli store. A quel punto si passa al rapporto e alla comunicazione faccia a faccia.
Fondamentale per usare lo strumento della comunicazione verbale è ricordarsi che in essa son presenti due persone. Vale a dire oratore (che parla) e ascoltatore (che riceve). Concentrarsi solo sull’emissione del messaggio, ossia sul ruolo dell’oratore, è un grave errore. Bisogna sempre considerare come esso verrà recepito.
Avviare una vendita con la voce
Quando si approccia un potenziale cliente partire con il piede giusto è fondamentale. Una scelta accurata delle parole va accompagnata all’appropriato tono di voce. Le prime vanno ovviamente tarate sulla base del contesto. Se il cliente è esperto degli articoli che si vuole vendere meglio usare termini tecnici, per chi è alle prime armi meglio stare sul colloquiale. Un esempio calzante di queste variazioni nella comunicazione verbale è la vendita di dispositivi elettronici.
Senza la giusta impostazione della voce però il messaggio può essere frainteso. Occorre fare in modo che discorso e tono combacino, e anche qui occorre riflettere su quale sia il più appropriato. Rilassato se il cliente appare nervoso o agitato davanti a ciò che non conosce, scherzoso se la persona pare apprezzare il senso dell’umorismo…
I primi minuti della comunicazione sono cruciali in quanto servono a costruire la prima impressione che si ha di qualcuno. Un venditore che fin da subito si mostra saccente o invadente ha già inficiato la vendita. Come succede quando si inizia un nuovo lavoro, il primo giorno stabilisce come si sarà visti.
Domande aperte vs domande chiuse
Senza porre domande non si ha comunicazione verbale. Sono il giusto strumento per chiarire i dubbi insorti durante un discorso o per chiedere assistenza. Danno inizio alla trattativa o alla conversazione a seconda del contesto. Ma ce ne sono due tipi, che possono condurre il dialogo in direzioni opposte: quelle aperte e quelle chiuse.
Le domande chiuse possono avere come risposta solo una frase breve se non una singola parola (sì/no). Esempi classici di questo tipo di domande sono: “Sei arrivato?” o “Ieri eri a casa?”. Permettono a chi le pone di sapere subito ciò che vuole ed evitare che l’altra persona divaghi. Sono però poco utili per aprire un dialogo, e ancor meno una vendita dato che il discorso può interrompersi subito.
L’opposto vale per le domande aperte, che aprono all’ascoltare un ventaglio di risposte molto grande. Alcuni esempi di domande aperte sono “Cosa vorresti fare domani?” o “Cosa desideri dal tuo lavoro?”. Chi si sente porre la domanda può fornirne una dettagliata, dando molte informazioni utili al venditore nei processi di vendita. Per questo i brand raccomandano ai loro collaboratori di preferire le domande aperte nella comunicazione verbale con i clienti.
Lo stile migliore per vendere?
Quando si comunica in generale, ma ancora di più quando si vuole vendere, occorre scegliere il giusto stile. Gli stili principali di comunicazione verbale sono quattro, qui elencati.
- Solidale. Mostrarsi comprensivi e disponibili a dare assistenza è una delle strategie più semplici ma non per questo è poco efficace. Anzi, nelle trattative per fornire servizi è la più utilizzata. Portare le proprie esperienze in ambito fa sentire più vicine le persone, il cliente si sente partecipe e coinvolto.
- Stile diretto. Pochi giri di parole e aneddoti, solo informazioni chiare e coincise. Sebbene alcune persone lo apprezzino rischia di sembrare troppo distaccato quando si effettua una vendita. Se al contrario è il cliente a presentare questo stile, meglio emularlo. Difficilmente si riuscirà ad ottenere la sua fiducia.
- Stile riflessivo. Da evitare per i venditori poiché è molto dispersivo. Mentre si parla si è portati a porsi molte domande quindi è tabù per chi intenda convincere qualcuno. Quando è l’acquirente ad avere questo stile occorre prepararsi ad avere pazienza e concentrarsi sul mantenere attiva l’attenzione. Si dovrà infatti capire quando intervenire per indirizzare a dovere la conversazione.
- Stile emotivo. Tipico di chi è noto per entusiasmare i suoi interlocutori, mostrando le proprie emozioni e sentimenti in modo coinvolgente. Nella vendita può tornare utile per mostrare comunanza di interessi con il cliente, ravvivare il suo interesse. Questo tipo di comunicazione verbale incontra il terreno ideale più nella politica, in effetti.