Biotecnologie: guida completa alla facoltà
All’interno del settore delle lauree tecniche e scientifiche, biotecnologie rappresenta un esempio di corso di laurea relativamente nuovo, ma dalla grande attualità e popolarità. In Italia, il primo corso a vertere su teorie e pratiche delle biotecnologie è stato istituito nel 1993, presso l’Università di Verona; a partire dagli anni immediatamente successivi, si è assistito ad una continua crescita dell’interesse da parte dei potenziali studenti, trend che ha quindi dato vita ad un numero sempre crescente di corsi di laurea in biotecnologie e affini offerte da Atenei in tutto il paese. Con il passare degli anni, le professioni legate alle biotecnologie, in Italia, sono aumentate sia come varietà di titoli che come posti di lavoro, dando vita, tra le altre, all’Associazione nazionale biotecnologi italiani (conosciuta anche come ANBI). Basta pensare che, nel 2018, si contavano all’incirca ventimila laureati in biotecnologie nel territorio italiano, a soli quindici anni dalla prima istituzione di un corso universitario abilitante alla professione, per rendersi conto di quanto questo particolare ambito di studi sia in forte crescita ed abbia un impatto significativo su economia, industria e ricerca, in Italia ma anche all’estero.
Materie caratterizzanti e punti focali della laurea in Biotecnologie
Ma cosa si studia, per l’esattezza, durante il corso di una laurea triennale in Biotecnologie? Come suggerisce il buonsenso, il formato del corso e i dettagli dell’offerta formativa variano di ateneo in ateneo, ma è possibile identificare le principali macro aree di insegnamento come riportato di seguito.
Le materie di respiro più ampio, erogate di solito al primo anno (o comunque entro i primi due anni di corso di laurea triennale), sono quelle legate alla matematica, fisica, informatica e statistica, poi applicate all’ambito biotecnologico. Queste materie si uniscono a corsi di chimica (organica, generale ed inorganica) e biologia. Tali studi si affiancano ad altri più specifici, che costituiscono anche la porzione più consistente di Crediti Formativi Universitari (CFU), ovvero studi che sono soliti includere genetica, biologia molecolare, anatomia e fisiologia umana, bioetica, chimica e biochimica per le biotecnologie, ed altre materie relative alle applicazioni delle biotecnologie in ambito medico, industriale, agrario, farmaceutico, veterinario, e così via.
Sono previste, al terzo anno di studi, materie a scelta tra le cui lo studente deve eleggere, per sé stesso, quattro/cinque o più corsi (in base al numero di CFU che deve totalizzare per laurearsi). Sempre durante l’ultimo anno di studi, è inoltre previsto un tirocinio formativo, di lunghezza variabile, che ha come scopo quello di orientare lo studente rispetto al suo futuro di biotecnologo, fornire un ‘assaggio’ di quello che è il mondo del lavoro per un laureato nel suo ambito, e arricchire le sue competenze sia teoriche che pratiche.
Al di là delle materie che compongono il corso in senso più specifico (se si è interessati ad approfondire l’argomento, è vivamente consigliabile rivolgersi direttamente al sito dell’Università di riferimento), ciò che caratterizza il corso di laurea triennale in biotecnologie è la forte componente laboratoriale e pratica. Soprattutto se paragonato ad altri corsi affini, come ad esempio scienze biologiche, naturali, o altro, quello delle biotecnologie è un percorso che ha un’impronta molto hands-on, ovvero che pone molta attenzione alla formazione pratica e manuale dello studente. Questo aspetto si traduce in un numero abbastanza elevato di ore in laboratorio, dedicate all’analisi, osservazione e applicazione delle conoscenze teoriche che formano la base del corso.
Biotecnologie: dopo la triennale
La maggior parte dei laureati triennali in biotecnologie, come suggerito dai dati pubblicati annualmente da AlmaLaurea, prosegue gli studi portando a termine una laurea magistrale (un laureato su dieci, a distanza di un anno dalla prima laurea, ha intrapreso un percorso magistrale). Sempre AlmaLaurea riporta che i corsi di studio magistrale scelti dai neolaureati sono principalmente negli ambiti delle biotecnologie mediche, farmaceutiche o veterinarie, seguiti dalle biotecnologie industriali. Tutti questi ambiti, è importante specificare, vengono incontrati dallo studente già durante la triennale, in maniera maggiore o minore a seconda del piano formativo delle singole Università e delle scelte dello studente rispetto alle materie elettive dell’ultimo anno.
Modalità di accesso alla laurea triennale in Biotecnologie
La maggior parte dei corsi di biotecnologie offerti in Italia sono a numero chiuso, ovvero possono ospitare un numero massimo di studenti che varia a seconda delle scelte delle singole Università. Poiché la laurea in biotecnologie non rientra nella categoria di quei percorsi universitari il cui accesso è regolato a livello statale, le modalità di ammissione ed immatricolazione variano a seconda dell’ateneo prescelto. Negli ultimi anni, sempre più Università italiane hanno cominciato a servirsi dei test CISIA per l’accesso ai corsi in biotecnologie, in particolare del TOLC-I, ma è sempre buona norma rivolgersi direttamente al sito dell’Università presso la quale si ha intenzione iscriversi per informarsi riguardo le sue modalità specifiche.
Sbocchi occupazionali e mercato del lavoro
I laureati in Biotecnologie hanno numerose prospettive di impiego presso numerosi enti, tra cui:
- Università ed istituti di ricerca pubblici e privati;
- laboratori di ricerca e sviluppo, in particolare nel settore farmaceutico;
- enti che si occupano dell’elaborazione di normative brevettuali;
- imprese biotecnologiche;
- enti ospedalieri.
Tra le professioni più diffuse troviamo:
- biotecnologo alimentare;
- formulatore di mangimi;
- tecnologo delle produzioni alimentari;
- perito agrario.
Le rilevazioni Almalaurea ci dicono che i laureati triennali in Biotecnologie, ad un anno dalla laurea:
- il 5,2% lavora e non studia;
- l’11,5% lavora ed è iscritto ad un corso di laurea di secondo livello;
- il 77% non lavora ed è iscritto ad un corso di laurea di secondo livello;
- il 3,1% non lavora, non studia e non cerca;
- il 3,3% non lavora, non studia ma cerca.
La retribuzione mensile netta media ad un anno dalla laurea è di 637€.