Steve Jobs: quanto è attuale il suo discorso alla Stanford
Era il 12 giugno 2005, una giornata splendida e afosa come tante. Ma non per Steve Jobs e neanche per i neolaureati dell’Università di Stanford, California. Un ospite atipico, un pesce fuor d’acqua in ambiente accademico. Come esordì lui stesso, non si era mai laureato. Però aveva molto da condividere con i ragazzi che aveva di fronte. Ma le sue parole possono ancora motivare come allora?
Il discorso e le tappe della vita per Steve Jobs
Tre storie voglio raccontare. La prima sull’unire i puntini, la seconda sull’amore e la perdita. La terza infine sulla morte.
Un unico discorso, in cui si condensò non solo la vita del magnate ma anche quella di ciascuno. Si parte cercando di capire la propria strada, una volta individuata si tenta e si ritenta. A volte ci sono successi, e a volte si fallisce. Infine, bisogna confrontarsi con la realtà della vita. Ossia che prima o poi essa è destinata a concludersi.
Per un giovane appena laureato, ancora distante dal mondo del lavoro, forse solo la prima parte è comprensibile. Dopo aver conquistato l’attestato la strada si è appena aperta, salvo rare eccezioni. Ma è meglio prepararsi al fatto che quel foglio non è un lasciapassare universale. Aprirà qualche porta, molte o poche. Dipende da molti fattori.
Ma come dimostrò il CEO della Apple, una laurea non è tutto. Perché la motivazione e le proprie passioni possono fare anche di più. Questo non per sminuire l’impegno di chi vuole formarsi, ma per ricordare che c’è di più fuori dagli atenei.
Prima parte: unire i puntini
La prima storia condivisa da Steve Jobs prende piede da quello che in realtà sembrava l’inizio di un percorso lineare. L’iscrizione al Reed College di Portland, in Oregon. Una scelta che all’epoca mise una certa pressione al ragazzo. Quel college aveva una retta non indifferente per il reddito dei genitori.
Le cose però andarono diversamente per lui. Dopo un solo semestre di corsi, Jobs lasciò il college senza neppure avvertire la famiglia. E anni dopo, al pubblico dei giovani laureati finalmente viene svelato il motivo. Non vedeva prospettive nello studio. Solo grosse spese per i genitori adottivi.
Ma lasciare il Reed College non significò abbandonare i corsi. Non più vincolato nella scelta delle lezioni, Steve Jobs si iscrisse alla classe di calligrafia. Un corso seguito per svago ma che si rivelò molto utile anni dopo. La capacità tipografica superiore del Mac, tutto grazie a quel singolo corso.
Ottimo spunto per chi è alla ricerca di lavoro. Mai limitarsi, ogni cosa appresa può tornare utile quando non ce lo si aspetta. Suonare uno strumento, lo sport…potrebbero essere la differenza rispetto ad altri. Più che mai da considerare oggi come allora.
Seconda parte: amore e perdita
Scoprire ciò che si ama è bello, farlo in società con un amico anche meglio. La seconda storia parla del clamoroso licenziamento da parte della Apple che il magnate subì a 30 anni.
L’azienda era infatti nata dal progetto congiunto con Wozniak, ingegnere elettronico e programmatore. Nel 1976 era partito tutto come una scommessa, per poi espandersi rapidamente. Ma a metà degli anni ’80 Sculley, amministratore delegato, entrò in conflitto con Jobs. E infine il cofondatore perse il posto.
Ma una delusione nella vita può capitare, anche catastrofica. Eppure, questo non deve minare la passione che aveva fondato tutto. Infatti nonostante la vergogna Steve Jobs vide l’opportunità nella perdita subita. Ossia poter ricominciare a creare, libero dalla pressione di prima. NeXT prima e Pixar poi lo confermano anche oggi.
Tornando al momento particolare che si sta vivendo, tra chiusure e crisi, questo messaggio è fondamentale. Perdere il lavoro può capitare a tutti, persino al fondatore di un’impresa fiorente e in piena crescita. Ma si può ancora ricominciare, anche senza cambiare settore.
Soprattutto, mai mettere in dubbio le proprie capacità. Appena laureati è facile cadere vittima di sfruttamento nel lavoro. Ed è facile per tutti essere denigrati e allontanati per semplici incomprensioni, Non demordere è l’unica chiave. Ripartire, magari reinventandosi, si può fare anche se non si è più giovanissimi.
Il primo impiego del resto rararmente si trasforma nell’ultimo. Negli anni ’80 c’era meno mobilità, ma ora tutto si fonda su questo. Anche da laureati occorre continuare a formarsi e informarsi, per non restare indietro.
Terza parte, il tempo è limitato
Già il futuro fa paura ai laureati, figuriamoci la fine di tutto. Eppure la terza storia, quella sulla morte, conclude il pensiero nel modo migliore. Ossia ricordando che non c’è l’eternità per nessuno. Non conta la ricchezza né la celebrità. Steve Jobs lo scoprì nel 2004 quando un controllo rivelò un tumore al pancreas.
La sorpresa così angosciante lo accompagnò per ore. Ma poi la biopsia rivelò che si trattava di una forma curabile, molto rara. Sfiorare la morte e poi sfuggire. Capita a pochi e lascia un segno indelebile. E il bisogno di condividere le situazioni provate, soprattutto.
L’ottimista di quel giorno d’estate non poteva sapere che cosa lo aspettava e che non era finita. Ma ciò che seguì non avrebbe cambiato il senso delle sue parole. Bisogna rischiare, e non si ha nulla da perdere.
Sapere che il proprio tempo avrà un termine può portare a scelte avventate. Paura di non averne abbastanza per realizzare determinati progetti, o per fare ciò che più si ama. Invece lo spirito da adottare è esattamente l’opposto.
Se la vita è breve, meglio passarla in modo felice. Terminerà comunque quando meno ce lo si aspetta, tardi per i fortunati e presto per i meno. L’importante è averne fatto buon uso fino ad allora senza farsi influenzare. Perché a criticare le scelte degli altri tutti sono maestri.
Siate affamati, siate folli. Così si conclude il discorso di Steve Jobs. Parole prese in prestito da una pubblicazione denominata The whole Earth catalog.