L’attenzione selettiva: come selezioniamo gli stimoli
Se pensi di non aver mai sperimentato l’attenzione selettiva, a breve dovrai ricrederti. Anche se non ne hai mai sentito parlare prima d’ora, sicuramente sperimenti questo tipo di selezione degli stimoli ogni giorno.
Per esempio, ti sarai sicuramente trovato molte volte a doverti concentrare in mezzo al caos, magari in una stanza piena di persone che parlano o in un ufficio rumoroso. In queste situazioni ti sarai accorto che, in un modo o nell’altro, riesci a concentrarti sul tuo compito. Questa capacità di concentrarsi non è altro che il risultato di un processo mentale, chiamato per l’appunto attenzione selettiva.
Si tratta di una capacità molto utile, che ci permette di selezionare gli stimoli, concentrandoci su quelli che sono rilevanti e ignorando tutti gli altri.
Come ti apparirà già ben chiaro, questa facoltà può influenzare l’apprendimento, la memoria e persino la percezione del mondo che ci circonda.
Cos’è l’attenzione selettiva
Con il termine “attenzione selettiva”, chiamata anche “attenzione focalizzata” si intende, in sostanza, la capacità di concentrarsi e selezionare determinati stimoli.
Si effettua dunque una selezione: solo parte dei numerosi stimoli che giungono ai nostri sensi vengono elaborati accuratamente. Gli stimoli non selezionati, invece, subiscono una elaborazione sommaria e, se vogliamo, superficiale.
Insomma, grazie a questa particolare funzione cognitiva, siamo in grado di focalizzarci su determinati stimoli mentre ne trascuriamo altri meno rilevanti. Questo processo non è soltanto utile, ma essenziale: senza di esso, il nostro cervello sarebbe sopraffatto dalla mole di informazioni che riceve ogni secondo.
Per comprendere meglio il ruolo di questa facoltà, puoi pensare ad una delle attività più frequenti nel quotidiano, la guida.
Quando guidi la tua auto, il cervello filtra automaticamente i suoni dell’auto-radio o le conversazioni dei passeggeri.
Riesci a concentrare la tua attenzione su ciò che accade sulla strada. E questo è solo uno di moltissimi esempi: utilizziamo l’attenzione focalizzata molto spesso nel corso delle nostre giornate.
Come funziona l’attenzione selettiva?
Come anticipato, l’attenzione selettiva prevede l’attivazione di diversi processi complessi che coinvolgono varie aree del cervello.
In particolare, vengono attivati i cosiddetti processi bottom-up e top-down.
I primi vengono attivati da stimoli esterni che catturano automaticamente la nostra attenzione. I processi top-down, invece, vengono guidati “dall’interno”, ossia dalla volontà e dagli obiettivi personali.
I processi top-down e bottom-up lavorano insieme per garantire che la nostra attenzione sia orientata in modo efficiente.
Capacità di concentrarsi: l’effetto cocktail party
La capacità di concentrarsi solo su determinati stimoli e di utilizzare l’attenzione focalizzata è resa ancor più chiara dal cosiddetto effetto Cocktail Party.
Questo fenomeno, chiamato anche ascolto selettivo, fu studiato negli Anni 50 dallo psicologo cognitivista Colin Cherry.
Cherry si accorse che, quando ci troviamo in una situazione in cui stimoli e conversazioni si sovrappongono, riusciamo comunque a selezionare gli stimoli.
Se ci troviamo ad un party, infatti, riusciamo a prestare la nostra attenzione esclusivamente alla conversazione che stiamo conducendo.
Gli studi di Chery permisero di concludere che non solo gli stimoli elaborati vengono ricordati, ma che in memoria non resta traccia degli altri suoni.
Il nostro cervello è cioè capace di selezionare solo conversazioni, suoni e stimoli che gli interessano, tralasciando tutto il resto.
Capacità di concentrarsi: le teorie di base
Ovviamente, la capacità di concentrarsi deve fare i conti anche con i fattori esterni.
L’attenzione selettiva, in altre parole, subisce diverse influenze, che vanno dall’importanza che diamo ad uno stimolo, fino alla novità che esso può rappresentare. Da non trascurare la complessità del compito.
Questo perché dietro l’attenzione selettiva ci sono processi molto complessi, che coinvolgono diverse parti del nostro cervello.
Non stupisce, dunque, il fatto che, per spiegare al meglio l’attenzione focalizzata, esistono ad oggi diverse teorie.
Il filtro attenzionale di Broadbent
Tra le teorie che cercano di spiegare i meccanismi che sottendono l’attenzione selettiva, abbiamo innanzitutto la teoria del filtro di Broadbent.
Lo psicologo Donald Broadbent affermava che l’attenzione agisce come un filtro, il quale seleziona gli stimoli in base alle loro caratteristiche fisiche. Gli stimoli che non vengono selezionati sono bloccati prima di raggiungere il livello di elaborazione cosciente.
Il filtro attenuato di Treisman
Successivamente, Anne Treisman ha cercato di spiegare l’attenzione selettiva modificando il modello di Broadbent. Secondo la psicologa, gli stimoli non selezionati non vengono completamente bloccati, ma attenuati. Ciò significa che, anche se non siamo concentrati su un particolare stimolo, possiamo comunque percepirlo in modo superficiale.
Gli stimoli inutili, in sostanza, vengono scartati, ma parte di essi vengono comunque filtrati. Per questa ragione, la teoria di Treisman è anche detta “Modello dell’attenuazione”.
Il filtro, quindi, non blocca totalmente gli stimoli che non ci interessano, ma ne modifica l’intensità in ingresso.
La teoria del sistema supervisione – attenzione
Infine, il modello del sistema supervisore attenzionale di Norman e Shallice evidenzia il ruolo delle funzioni esecutive.
Stando a questa terza spiegazione dell’attenzione selettiva, le decisioni relative a cosa attenzionare sono influenzate dagli obiettivi e dalle emozioni del momento.
Gli stimoli arrivano alle strutture percettive e restano disponibili fino alla fine del compito. Dalle strutture percettive, passano ad un sistema di supervisione attenzionale, che ha il compito di valutare le informazioni importanti per il compito.
Il sistema supervisionale attenzionale, sulla base di emozioni e obiettivi, sceglie quindi quali stimoli meritano attenzione consapevole e quali no.
Il ruolo dell’attenzione selettiva nei processi di percezione, memoria e apprendimento
Oltre che per portare a termine determinati compiti e attività della vita quotidiana, l’attenzione selettiva influenza diverse funzioni cognitive.
Questo tipo di attenzione ha infatti la capacità di influenzare l’apprendimento, la memoria e la percezione.
Per quanto concerne l’apprendimento, appare ovvio che, senza la capacità di concentrarsi sugli elementi chiave di una lezione o di un’attività, apprendere nuove informazioni sarebbe estremamente difficile.
L’attenzione focalizzata ti permette di focalizzarti sull’apprendimento, anticipando le distrazioni ed eliminandole.
Questo tipo di attenzione è inoltre in grado di influire sulla memoria. Infatti, aiuta il cervello a immagazzinare solo ciò che è veramente importante.
Infine, selezionare gli stimoli rilevanti ci permette di interpretare il mondo in modo più chiaro e utile per le nostre necessità. Rende, cioè, la percezione del mondo più efficiente.