Concetti chiave sull'omeostasi del calcio
All’interno delle cellule del corpo umano l’omeostasi del calcio (Ca2+) è fondamentale per regolare le loro attività, oltre ad alcuni processi extracellulari.
Si tratta infatti di un macroelemento, ovvero un minerale presente in forma abbondante nell’organismo, così come il fosforo, il magnesio, il potassio e il cloro. La maggior parte si trova mineralizzata all’interno delle ossa e dei denti.
Tra i processi fisiologici a cui prende parte il calcio ci sono l’attività del sistema nervoso, la contrazione muscolare e la regolazione dell’adesione cellulare.
Di conseguenza mantenere stabili le sue concentrazioni a livello extracellulare e intracellulare è essenziale per l’organismo, e per farlo si serve di regolatori ormonali come il paratormone (PTH).
L’omeostasi del calcio e la calcemia
La parola omeostasi deriva dal greco e tradotta vuol dire “stessa stabilità“, perché si riferisce a una condizione di equilibrio.
Per capire cosa questo significhi, applicato a questo minerale, bisogna definire dove questo sia localizzato all’interno dell’organismo. Nel corpo di una persona adulta si trovano circa 1.200 mg di calcio, di cui il 98% si trova sotto forma mineralizzata nelle ossa.
Un altro 1% è presente in forma disciolta all’interno del plasma e il suo livello nell’omeostasi del calcio si indica con calcemia.
Il 55% risulta come ione attivo on quanto circola liberamente, mentre il resto è in forma inattiva e associata a peptidi (35%) o in forma di sale (10%). La porzione rimanente invece si trova all’interno delle cellule dei tessuti o nell’ambiente extracellulare.
Per quanto riguarda la calcemia, nelle analisi un valore accettabile oscilla nell’intervallo 8.5-10.4 mg/dL. Sotto gli 8.5 mg/dL di parla di ipocalcemia, mentre sopra gli 10.4 mg/dL si definisce ipercalcemia.
La prima condizione provoca un aumento dell’eccitabilità muscolare con conseguente tetania, mentre la seconda può portare a fibrillazione ventricolare o bradicardia.
Nei bambini i valori di calcemia a digiuno sono leggermente più elevati che nell’adulto, dato che possono arrivare a 11 mg/dL. Un valore troppo basso indica una carenza che potrebbe interferire con lo sviluppo delle ossa. Il loro fabbisogno passa dagli 800 mg al giorno a sei anni ai 1.200 mg verso gli undici anni.
Quali ormoni intervengono nella sua regolazione
L’omeostasi del calcio è regolata principalmente da tre fattori ormonali, tra cui la vitamina D3, che non a caso nella sua forma attiva si chiama calcitriolo.
I suoi effetti principali sono quattro, uno dei quali è stimolare il riassorbimento di questo macroelemento a livello intestinale, insiema al fosforo e al magnesio. Anche livello renale esercita un effetto simile.
A livello dei nefroni infatti avviene il riassorbimento del calcio prima che finisca all’interno dell’urina, per la precisione a livello del tubulo distale. Inoltre sempre il calcitriolo regola la secrezione del PTH, un altro ormone che ha un ruolo importante per mantenere stabili i livelli di questo minerali. Si tratta di un peptide di 84 amminoacidi prodotto dalle paratiroidi quando la calcemia si abbassa.
Gli organi bersaglio del PTH sono le ossa e i reni, dove stimola la biosintesi della vitamina D3 e riduce il riassorbimento dello ione fosfato (PO34–). La sua eliminazione diminuisce i livelli di fosforo nel sangue e questo stimola il rilascio di calcio dalle ossa. Infine il terzo ormone che influenza l’omeostasi del calcio è la calcitonina, sintetizzato a livello delle ghiandole parafollicolari, che contrasta l’azione del PTH.
I suoi effetti infatti sono l’incremento dell’escrezione di Ca2+ e PO34- a livello dei reni e una incremento della mineralizzazione delle ossa. Non ha però effetti a livello dell’intestino, perché non è uno dei suoi organi bersaglio. L’organismo infatti produce calcitonina quando nel sangue sono presenti alti livello di calcio.
I fattori che possono alterare l’omeostasi del calcio
L’organismo può rielaborarle sotto forma di metaboliti pericolosi per l’organismo, in grado di provocare stress ossidativo alle membrane cellulari. Questo può portare a danni alle pompe calcio-ATPasi e comprometterne il funzionamento.
Ci sono dei farmaci che possono portare a queste conseguenze se usati di frequente. Un esempio è il paracetamolo, che ha un effetto tossico sul fegato, perché attraverso il citocromo P450 produce una molecola reattiva chiamata NAPQI. Sotto una certa soglia questo si elimina con le urine, ma con un sovraddosaggio provoca un forte stress ossidativo ai tessuti.
Questo è il motivo per cui non bisogna eccedere nell’utilizzo di questo principio attivo, soprattutto con i bambini. Altre sostanze che possono turbare l’omeostasi del calcio sono il piombo e il mercurio, che possono essere assunti da cibi contaminati. Il piombo per esempio interferisce con le proteine che sfruttano lo ione Ca2+ per regolare le attività cellulari.
Un problema simile lo dà anche un composto usato da anni durante le terapie chemioterapiche contro le neoplasie, il cisplatino (Cl2H6N2Pt). La sua efficacia è dovuta al fatto che è in grado di interferire con il ciclo cellulare legandosi al DNA. Tra i suoi effetti collaterali ci sono disturbi elettrolitici tra cui ipocalcemia e ipopotassemia.