Microscopio ottico ed elettronico: differenze e utilizzi
Quando si entra in un laboratorio di Biologia, il microscopio ottico non può mancare sul banco di lavoro. Per trovare invece il microscopio elettronico di solito occorre scendere in locali appositamente predisposti dove accedono i tecnici autorizzati. Si tratta già di una grossa differenza fra i due strumenti che servono a studiare il mondo cellulare a livelli molto diversi.
Ingrandimento, meccanismo di ingrandimento, formazione necessaria per l’uso…sono tante le differenze che intercorrono fra i due microscopi. In questa breve guida vedremo di comprendere quali sono i loro utilizzi e i limiti di entrambi.
Il microscopio ottico: struttura e dettagli
Si tratta del microscopio “classico”, quello a cui siamo abituati. Si compone di un sistema di due lenti che sono poste ai due estremi di una struttura a tubo. La prima è la lente oculare, dove l’osservatore posiziona l’occhio. Più vicino al campione da esaminare invece si trova l’obiettivo, ossia la seconda lente.
Di solito ci sono almeno tre obiettivi fra cui variare, ciascuno con un ingrandimento diverso. Per cambiare fra uno e l’altro si fa girare una manopola collegata alla torretta portaobiettivi, che ruotando cambia la lente vicina al campione. Sotto l’obiettivo c’è un supporto (tavolino portaoggetto) per il campione (di solito montato su un vetrino), che può essere una sezione di tessuto o parte di una coltura cellulare.
Il microscopio ottico comprende anche un sistema di illuminazione, di solito costituito da uno specchio che riflette sotto il campione la luce di una lampadina. Può essere presente anche un diaframma (un po’ come per le macchine fotografiche) per regolare la quantità di luce diretta verso il campione. In questo modo si avrà un’immagine più chiara.
Per mettere a fuoco si può usare anche la vite macrometrica, che può avvicinare o allontanare dall’obiettivo il tavolino portaoggetto. Il potere di risoluzione di questo strumento è pari a circa 0,3 micron (milionesimi di metro). Oltre questo limite è necessario passare al microscopio elettronico che può ingrandire un’immagine oltre un milione di volte.
Il microscopio elettronico, funzionamento e struttura
Esiste sia la tipologia a scansione (SEM) che quella a trasmissione (TEM). Entrambe però sfruttano una sorgente di elettroni che vengono convogliati in un fascio diretto verso il campione da analizzare. Un aspetto che lo differenzia notevolmente dal microscopio ottico che usa una semplice lampadina.
Sia il SEM che il TEM inoltre includono un condensatore magnetico per dirigere gli elettroni e due lenti magnetiche. Una funge da obiettivo mentre l’altra ha la funzione di proiettore e arresta il fascio di particelle all’interno del campo ottico. Infine c’è uno schermo o lastra fotografica che registra le immagini raccolte dal microscopio elettronico.
Per costruire l’immagine diversamente dal microscopio ottico che sfrutta l’osservazione diretta dall’oculare ci si basa sulla diffrazione che subiscono gli elettroni. Dove questa risulta più evidente il campione è più denso e quindi all’interno della scansione risulterà più scura, e viceversa vale per le sezioni o le parti più sottili.
Un altro aspetto che distingue microscopio ottico ed elettronico sono le dimensioni. Sia il SEM che il TEM infatti sono molto più grandi (la colonna del sistema di scansione del primo è alta più di un metro) e richiedono spesso di essere mantenuti fissi una volta montati. Oltre a richiedere una manutenzione accurata.
Campioni a confronto fra microscopio ottico ed elettronico
Poiché però esaminare i campioni freschi rende difficile distinguere bene ad esempio le strutture interne delle cellule allora si ricorre a delle colorazioni. Tra i coloranti vitali si possono ricordare gli additivi usati nelle biopsie come il Blue Patent V. Altrimenti ci sono altre sostanze usate per i campioni fissati (sezioni istologiche).
Nel caso invece del microscopio elettronico a scansione in molti casi si ricorre alla metallizzazione dei campioni. Questo trattamento serve per rendere l’immagine priva di zone di riflesso o per migliorarne la risoluzione. Il rivestimento (coating) di particelle metalliche viene di solito realizzato tramite l’oro.