Il declino della leadership tra i giovani
Recentemente, soprattutto negli ultimi anni, stiamo assistendo ad un vero e proprio declino della leadership. I giovani d’oggi, infatti, hanno la propensione a scegliere carriere di tipo orizzontale, senza provare più il desiderio di progressioni verticali.
Questo significa che, al giorno d’oggi, tra i giovani vige un atteggiamento che prevede una sorta di rifiuto verso la possibilità di ottenere la leadership. Sono sempre più i ragazzi che, nel mondo del lavoro, sono più propensi a ricoprire ruoli per i quali la responsabilità prevista non è molta.
E, anche qualora si prospetti la possibilità di acquisire un ruolo che preveda un ruolo da vero e proprio leader, i giovani rifiutano. Quali sono, con esattezza, i motivi di questi “No”? E per quali ragioni stiano assistendo ad un rifiuto dei ruoli da leader?
Cerchiamo insieme di fare il punto della situazione, analizzando le profonde motivazioni che si nascondono dietro questa tendenza. Una tendenza che, tra l’altro, è ormai molto diffusa nella stragrande maggioranza dei casi.
Il declino della leadership: tutti i vantaggi del “non essere capo”
Poter essere un leader, analizzando sommariamente la situazione, significa poter influenzare l’azienda o l’organizzazione per cui si lavora. Mediante la leadership, insomma, si potrebbe potenzialmente avere un impatto sull’ambiente di lavoro.
Dunque, perché molti dicono di no quando si presenta l’opportunità di diventare un vero leader?
I nostri giovani hanno ben compreso che rinunciare ai ruoli di comando permette, di base, di ottenere diversi vantaggi. Li analizzeremo uno per uno.
Il primo vantaggio nel rifiuto della leadership ha a che fare con le maggiori opportunità di apprendimento garantite a chi non ricopre posizioni di comando.
Dietro ai “No” dei giovani si nasconde dunque la volontà di osservare l’attuale leader.
Oggigiorno c’è una maggiore consapevolezza della necessità di cumulare un maggior numero di esperienze, invece che di investire in una carriera verticale.
Dal punto di vista dei giovani, dunque, meglio concentrarsi sulla carriera orizzontale, sull’apprendimento e sull’acquisizione di competenze.
Un lavoratore che non si trova al comando ha, in quest’ottica, maggiori opportunità di formazione, alle quali i giovani non vogliono assolutamente rinunciare.
Inoltre, un lavoratore che non ricopre un ruolo di leader può anche permettersi un apprendimento per tentativi ed errori. Una possibilità che, nel caso di un soggetto al comando, non viene contemplata.
La leadership non prevede aiuti esterni
Altro aspetto collegato a quello precedentemente analizzato riguarda la possibilità di chiedere aiuto. A coloro che detengono la leadership non solo non sono permessi tentativi ed errori per imparare, ma non è neanche consentito chiedere aiuto.
Al contrario, un giovane il cui compito è quello di seguire il leader può chiedere a questo non solo consigli, ma anche aiuto in caso di difficoltà.
Questo aspetto ci permette di fare una riflessione: sfortunatamente, in molti casi si è portati a credere che chi sta al comando non può richiedere consigli.
Questo fa purtroppo parte della nostra cultura, anche se spesso si tratta di una caratteristica deleteria. Essendo umano, anche chi detiene la leadership non è un essere perfetto. Dovrebbe dunque essergli concessa una richiesta di aiuto in caso di necessità.
Nella maggior parte dei contesti, però, ciò non avviene. E questo è uno dei motivi per cui i giovani dicono “no” all’essere leader.
Specificità e competenze
Un altro aspetto che chi dice di no alla leadership di solito considera importante riguarda la specificità delle proprie competenze.
Sono moltissimi coloro che immaginano di non poter trarre utilità da un ruolo di comando. Al contrario, acquisire competenze specifiche permette al lavoratore di acquisire punteggio in termini di fiducia. Una persona competente è infatti una risorsa di cui ci si fida, quasi insostituibile, almeno al pari di un ottimo leader.
Si tratta ovviamente di una tipologia di carriera differente, ma che garantisce comunque ampi margini di libertà. Non avendo necessità di prendere decisioni, ispirare e orientare, ci si può concentrare solo ed esclusivamente sulle proprie mansioni. Mansioni che verranno svolte al meglio delle proprie possibilità, perché manca la pressione che i ruoli da leader prevedono.
Dove c’è leadership c’è meno gratificazione?
Un aspetto che spesso non viene considerato è che una carriera che non punta alla progressione verticale potrebbe precludere ruoli di prestigio. E questo andrebbe a coincidere con la mancanza di possibilità di ottenere ruoli che garantiscano una migliore remunerazione.
Ad ogni modo, dato il precario mercato del lavoro e considerando il fatto che, spesso, i giovani si trovano a dover accettare lavori sottopagati, questo atteggiamento del “No” alla leadership non sorprende affatto.
Per i nuovi lavoratori apportare il proprio contributo positivo, senza dover però fare i conti con una posizione di comando, magari anche questa sottopagata, è comunque gratificante.
Rapporti migliori coi colleghi
Ultimo aspetto, che però riveste un’importanza fondamentale e che spesso è la causa del “no” definitivo alla leadership, è il rapporto coi colleghi.
Un lavoratore ha una maggior propensione a instaurare rapporti significativi ci propri pari, utilizzando un linguaggio più aperto e diretto con loro. Un leader, al contrario, dovrebbe mantenere un approccio diverso con gli altri membri del team.
I giovani d’oggi preferiscono il rapporto reale e quasi informale con il resto del team. Preferiscono puntare sulla coesione con gli altri colleghi invece che sulla possibilità di guidarli.
Lavorare in un contesto di parità garantisce rapporti migliori coi colleghi e permette ai giovani di esprimersi al meglio.
Altre motivazioni dietro al rifiuto del ruolo da leader
Ovviamente, alle nuove motivazioni dietro al rifiuto di un ruolo che preveda la leadership si affiancano anche quelle spesso analizzate in letteratura.
Non mancano, infatti, anche i casi in cui il rifiuto dipende da scarsa autostima e da modestia.
Spesso, nonostante le competenze non manchino, dirigere un’impresa o un’organizzazione potrebbe sembrare un problema insormontabile. Inoltre, per essere un leader di successo occorre essere un visionario, e non tutti chiaramente lo sono.
Infine, gli standard di perfezione ai quali colleghiamo il leader spesso spaventano. Si tratta degli stessi standard che, come abbiamo visto, “impediscono” a chi detiene la leadership di chiedere aiuto.
Considerare il leader come un essere al quale non è permesso sbagliare è una delle motivazioni per cui, soprattutto da giovani, si tende a dir di no ai ruoli di comando.