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Definizione e funzione dei geni omeotici (o geni HOX)

Definizione e funzione dei geni omeotici (o geni HOX)

geni omeotici - definizione e funzione
  • Nausicaa Tecchio
  • 20 Dicembre 2024
  • Consigli per lo studio
  • 4 minuti

I geni omeotici (geni HOX) tra i geni master regolatori

Per regolare lo sviluppo embrionale degli organismi ci sono i geni omeotici , sequenze di DNA regolatrici scoperte nel 1983 dal biologo Steven D. Garber. Si tratta di geni molto conservati tra gli animali bilateri che codificano per dei fattori di trascrizione attivati in varie combinazioni lungo l’asse  antero-posteriore dell’embrione. A seconda di quando e quanto sono espressi danno origine alle diverse strutture corporee.

In sintesi grazie ai geni HOX, come vengono chiamati in modo più comune, il corpo si suddivide in diversi segmenti con destino diverso. La parte anteriore forma la testa, un segmento va a sviluppare gli arti anteriori e un altro quelli posteriori. Sempre in base all’attivazione dei fattori derivati dalle loro sequenze si formano delle ali, delle zampe o delle antenne. 

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La scoperta dei geni omeotici 

L’identificazione di queste sequenze avvenne nel genoma del moscerino della frutta (Drosophila melanogaster) e in particolare sul cromosoma numero 3. Una mutazione in uno o più di questi geni era in grado di portare alla ripetizione o alla delezione di alcune strutture corporee. Tra queste per esempio le antenne, le ali o le zampe.

Nonostante Garber avesse documentato tale fenomeno, era stato il genetista britannico William Bateson a coniare il termine omeosi circa novant’anni prima (1984). Pur non sapendo nulla dei geni omeotici aveva osservato alcuni fenomeni che avrebbero trovato spiegazione in seguito a questa scoperta.
Per esempio aveva notato api con ali al posto delle zampe, ed esseri umani con un numero anomalo di costole.

Si tratta di sequenze di DNA con un motivo conservato di 180 paia di basi (homeobox) che codifica per un polipeptide di 60 amminoacidi. Grazie alla struttura helix-loop-helix l’omeodominio codificato può legare il DNA a livello di siti ben definiti. Fungono da regolatori della trascrizione e attivano batterie di altri geni, come i PAX (Pax6 per esempio codifica per lo sviluppo degli organi di senso).

Il primo gene HOX dei vertebrati fu isolato durante una ricerca compiuta da Eddy De Robertis nel 1984, mentre studiava la specie Xenopus laevis. 
Questa rana africana è un organismo modello molto utilizzato in Biologia Evolutiva per studiare il phylum a cui appartiene anche la specie umana, tanto che fu una delle prime specie a essere clonata. 

L’evoluzione dell’omeobox fra invertebrati e vertebrati 

In tutte le specie appartenenti al phylum dei vertebrati la disposizione della testa, degli arti e della coda nell’embrione dipende dall’azione geni omeotici.
Nel caso dei mammiferi si tratta di sequenze numerate da 1 a 13 e raggruppate in 4 cluster (A-D): il numero che indica l’ordine in cui si attivano partendo dalla parte anteriore. I mammiferi tuttavia hanno più copie del complesso HOX presente nel moscerino della frutta. 

La teoria più accreditata vuole che questi geni siano aumentati in seguito a eventi di duplicazione cromosomica. Non esiste una corrispondenza precisa fra gli HOX di insetto e le loro sequenze paraloghe nei mammifero quindi è possibile che si siano verificate anche delle delezioni. Indubbio è invece il ruolo cruciale di questi geni per la determinazione della biodiversità.

Ogni segmento corporeo esprime più geni omeotici, ma pare che a determinare il suo destino sia soprattutto quello più concentrato nella sua zona posteriore. Per capire quale fosse il ruolo delle diverse sequenze genetiche si è fatto ricorso a esperimenti di inattivazione genica nei topi. In questo modo si è capito quali geni HOX fossero coinvolti nella formazione dei diversi tipi di vertebra. 

Ad esempio il cluster indicato con Hox10 (Hoxa10, Hoxc10 e Hoxd10) se silenziato porta alla mancanza delle vertebre lombari. Invece il cluster successivo, ossia Hox11, partecipa alla formazione delle vertebre sacrali, quindi se eliminato questa regione della colonna risulta uguale a quella lombare. 

I 4 cluster dei geni omeotici presenti nei mammiferi 

Guardando la disposizione dei geni nel genoma umano troviamo il primo dei cluster HOX sulla coppia di cromosomi numero 2.
Qui si trovano in tutto nove geni, indicati tutti con l’acronimo HOXD: HOXD1, HOXD3, HOXD4, HOXD8 e così via fino a HOXD13. I primi due hanno un ruolo importante nella formazione degli arti, e mutazioni in HOXD11 portano a malformazioni a livello dello scheletro assiale.
 
Sulla coppia di cromosomi numero 7 si trovano undici geni omeotici, indicati con HOXA e i numeri da 1 a 13 (non ci sono né HOXA8 né HOXA12). Tra questi si sa che gene HOXA2 controlla lo sviluppo dell’orecchio medio e della parte centrale della faccia. Il successivo, HOXA3, è invece importante per la corretta formazione della tiroide e del timo.

Il cluster indicato con HOXC si trova sui cromosomi della coppia 12 e comprende nove geni (HOXC4, HOXC5, HOXC6, HOXC8, HOXC9, HOXC10, HOXC11, HOXC12 e HOXC13). La proteina più studiata di questo cluster è quella codificata dal gene HOXC6, poiché risulta abbondante nelle cellule di diversi tipi di cancro, come quello al seno. 

 Infine l’ultimo gruppo di geni, ossia HOXB, si trova sulla coppia di cromosomi numero 17. Questo cluster comprende in tutto 10 geni: HOXB1, HOXB2, HOXB3, HOXB4, HOXB5, HOXB6, HOXB7, HOXB8, HOXB9 e HOXB13.
 

Gli eventi di duplicazione dell’omeobox 

Esaminando l’evoluzione degli organismi pluricellulari si possono riconoscere due punti momenti cruciali in cui è avvenuta una duplicazione dei geni omeotici. Studiando il genoma degli cnidari si nota che uno dei loro geni corrisponde a tutti geni HOX espressi a livello anteriore nei vertebrati. Dunque quando comparvero gli organismi bilateri si può fissare il primo evento di duplicazione. 
 
Il momento in cui i geni HOX si duplicarono una seconda volta invece si può identificare durante l’evoluzione dei pesci. Più nel dettaglio quando si sviluppò la sottoclasse dei teleostei (i pesci ossei), a partire da un gruppo ancestrale a cui appartiene anche zebrafish. Alcune delle specie di teleostei infatti presentano più di quattro cluster, anzi arrivano fino a sei o sette.
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