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Essere disprassico: cos’è e sintomi

Essere disprassico: cos’è e sintomi

disprassico
  • Nausicaa Tecchio
  • 31 Dicembre 2023
  • Guide
  • 5 minuti
  • 8 Ottobre 2024

La disprassia e i problemi nello svolgere azioni quotidiane

Avere a che fare con un bambino disprassico è capitato a molti genitori, ma riconoscere la condizione non è semplice dato che non è nota come altre. Di iperattività e dislessia si parla spesso mentre la disprassia è una condizione trattata meno ma non per questo più rara. Dai dati a disposizione si stima anzi che riguardi il 6% della popolazione al di sotto dei quindici anni. 

I bambini che vengono classificati come disprassici non mostrano segni di disturbo ma dopo un po’ che li si osserva appaiono molto impacciati. Riuscire a non sbrodolarsi sembra impossibile anche dopo i cinque anni e fare il nodo ai lacci delle scarpe è come scalare l’Everest. Ma non è l’impegno a mancare, bensì la coordinazione. 

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Che cosa significa essere disprassico

Volendola definire in maniera scientifica la disprassia è una condizione neurologica congenita che porta ad avere molta difficoltà a coordinare i movimenti. Si manifesta durante lo sviluppo ma in età adulta permane, portando anche ad avere problemi nello svolgere azioni quotidiane. Degli esempi possono essere vestirsi, guidare o cucinare.

Non si tratta di un disturbo limitato a un arto o alla parte inferiore/superiore del corpo, ma riguarda le capacità di movimento in generale. Chi è disprassico di solito (ma non sempre) presenta anche altre condizioni come per esempio la disgrafia. Questo deriva dal fatto che non coordina bene la mano nei movimenti che richiede la scrittura. 

La disprassia inevitabilmente finisce con il ripercuotersi sulla produttività che i bambini hanno a livello scolastico, specialmente nelle materie artistiche. Ma le difficoltà si evidenziano anche durante le attività sportive o i momenti di gioco in cui si notano maggiori difficoltà a svolgere sequenze di movimenti. Basti pensare al salto della corda, alla pallavolo o al calcio.

I sintomi si manifestano di solito dopo il primo anno di vita del bambino, quando questo inizia ad interagire in modo maggiore con l’ambiente e gli oggetti. Man mano che il piccolo cresce i problemi che il disturbo porta si fanno via via più evidenti soprattutto se messo a confronto con i coetanei. 

I sintomi della condizione nella fascia d’età 1 – 4 anni

Una volta che un bambino disprassico inizia a gattonare, quindi intorno all’anno di vita, compaiono già le prime difficoltà. Cambiare posizione mentre gioca per terra gli risulta difficile e spostarsi per lui è faticoso, tanto che si muove lento e in modo scoordinato. Mentre di solito i bimbi piccoli hanno sempre qualcosa in mano chi presenta disprassia appare disinteressato ai giochi. 

Dopo i due anni camminare è ancora complesso e il bambino cade spesso se prova ad andare veloce, oltre a faticare a imitare gli altri nel compiere azioni. In alcuni casi mangiare e masticare è difficile, specialmente se si tratta di cibo con una certa consistenza e non molle o liquido. A tre anni, quando inizia la scuola dell’infanzia, le difficoltà si palesano in modo più marcato.

Salire le scale, vestirsi e mangiare da soli con le posate non sono attività facili per un bambino disprassico. Per di più non essendo del tutto consapevole della mancanza di coordinazione il suo senso del pericolo si mostra latente. Può provare ad arrampicarsi o saltare rischiando storte o fratture vedendo gli altri che riescono senza problemi.

A questi aspetti si accompagna uno scarso sviluppo delle capacità percettive, in particolare per rispondere agli stimoli sensoriali. I riflessi appaiono lenti così come le reazioni che ci si aspetta a sensazioni tattili o acustiche. Man mano che cresce il bambino inizia a rendersi conto dei propri deficit e cerca di sottrarsi a certe attività che percepisce come troppo complesse. 

Diagnosticare un bambino disprassico

Per avere un diagnosi accertata di disprassia di solito occorre che il piccolo abbia più di 5 anni. Già a due o tre anni si possono fare delle visite dal neuropsichiatra infantile per fare le prime valutazioni. Questo medico esamina il paziente su due livelli, uno qualitativo e uno quantitativo. 

Dal punto di vista quantitativo il neuropsichiatra sottopone al bambino che ha di fronte degli appositi test per dare un valore alle sue capacità. Riuscendo a quantificare il grado di sviluppo raggiunto si può confrontare il numero che risulta con la soglia prevista per un bambino disprassico. Si tratta di prove che riguardano le competenze motorie come la scrittura o ripetere dei movimenti.

L’aspetto qualitativo che valuta il medico invece si basa sull’osservazione pura e semplice del comportamento del bambino. Da questo si può capire come si approccia, quali capacità sono acquisite nel modo corretto e quali sono i deficit più evidenti. Una volta valutati i due aspetti ci si confronta anche con altre figure, tra cui logopedisti e terapisti della psicomotricità.
 
La disprassia è una condizione permanente e quindi i sintomi non possono sparire con lo sviluppo, ma si possono prevedere dei percorsi riabilitativi. Questi possono orientarsi da un lato verso il miglioramento dell’esperienza scolastica e dall’altro sul trovare strategie per sfruttare i punti di forza del bambino per le attività pratiche e manuali.
 

Aiutare chi soffre di disprassia

Far sentire compreso un bambino disprassico è il primo aspetto da considerare per intraprendere una terapia. Con l’età i ragazzini comprendono di avere più difficoltà degli altri e rischiano di chiudersi o isolarsi per non far notare i propri deficit. Di solito gli specialisti elaborano insieme ai genitori delle strategie da adottare nella quotidianità per facilitare i vari compiti.
 
Per esempio si possono evitare scarpe con i lacci in favore delle chiusure in velcro (strap) ed evitare i vestiti da abbottonare o con le cerniere. Quando ci sono attività complesse si può provare a suddividerle in azioni singole perché il bambino non vada in confusione. Per la scrittura invece di solito si danno matite e penne più grosse e facili da impugnare in modo saldo.
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