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L’epigenetica e l’influenza sulla regolazione dell’espressione genica

L’epigenetica e l’influenza sulla regolazione dell’espressione genica

epigenetica
  • Nausicaa Tecchio
  • 7 Gennaio 2025
  • Consigli per lo studio
  • 5 minuti

L'influenza dell'epigenetica

Quando si parla di caratteristiche ereditabili tutti pensano al DNA, ma alcune sono di competenza dell’Epigenetica. Questa branca della Genetica è peculiare perché non studia le mutazioni che possono avvenire nelle sequenze nucleotidiche o nei cromosomi, ma si dedica a ciò che è esterno. Ci sono infatti dei fattori che possono portare a variazioni del fenotipo di un organismo senza toccare il suo DNA. 

Non è un concetto sorprendente che la complessità di un organismo e le sue caratteristiche non siano solo frutto della traduzione del suo patrimonio genetico. La dieta che si segue nelle diverse fasi della vita, l’ambiente in cui si vive e l’esposizione ad alcune sostanze possono avere delle conseguenze tangibili e visibili sul nostro corpo. 

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La nascita dell’Epigenetica

L’invenzione di questo termine si attribuisce a Conrad Hal Waddington, un biologo britannico che si dedicò sia allo studio della Genetica che dell’Embriologia. Pare che la prima volta che mise per iscritto questa denominazione fu nel 1956 in uno studio pubblicato sulla rivista “Evolution“, aggiungendo una metafora emblematica per spiegarne il funzionamento. 

Waddington decise infatti di comparare l’epigenetica a un paesaggio in miniatura dove ci sono delle biglie che rotolano seguendo le cavità e le alture. Non tutte si fermeranno nello stesso punto anche se partono insieme, perché il percorso che faranno potrebbe farle deviare in direzioni opposte. Allo stesso modo ci sono delle variazioni provocate da fattori esterni che hanno il loro peso sul nostro organismo.

Prima di arrivare a definire questo concetto Waddington aveva osservato il fenotipo di alcuni esemplari di Drosophila melanogaster. In base alla temperatura dell’ambiente in cui crescevano o delle sostanze a cui erano esposti infatti sviluppavano il torace o le ali potevano avere dimensioni diverse. L’esperimento era proseguito osservando le generazioni successive di questi moscerini. 

Esponendo la prima generazione filiale agli stessi stimoli dei loro genitori i caratteri che si evidenziano si mostrano in modo ancora più evidente e in percentuale maggiore. Di conseguenza le variazioni ottenute grazie a fattori di natura non genetica si possono trasmettere ai figli.

I meccanismi di azione principali 

Le vie che l’epigenetica trova per regolare o variare l’espressione di alcuni geni sono varie, ma quelle più ricorrenti sono tre. Vediamole di seguito:

  • La metilazione del DNA.
    Consiste nell’aggiunta di gruppi metilici (-CH3) a delle  basi azotate localizzate in punti specifici della sequenza nucleotidica. L’aggiunta avviene a livello di uno dei carboni dell’anello azotato (pirimidine) o di uno degli anelli (purine) e la rezione è catalizzata dall’enzima DNA metiltransferasi. Una volta che un nucleotide riceve questa modifica nelle divisioni cellulari successive si conserva così.
  • Modificazione degli istoni.
    Gli istoni sono proteine basiche che si associano al DNA interagendo con i gruppi fosfato dei suoi nucleotidi. Hanno un ruolo fondamentale sia nella condensazione della cromatina che nella regolazione dell’espressione genica. Le loro code N-terminali si prestano a diverse modifiche, tra cui l’acetilazione (aggiunta di un gruppo >C=O) , la fosforilazione (aggiunta di un gruppo fosfato) e la metilazione. 
  •  Utilizzare gli RNA non codificanti.
    Come suggerisce il loro nome non si tratta di sequenze di nucleotidi da tradurre a livello dei ribosomi, in quanto non codificano per alcun peptide. Il loro ruolo è quello di appaiarsi a sequenze di RNA codificante in modo da impedire la loro traduzione e silenziare l’espressione dei geni che hanno trascritto. 

I fattori coinvolti 

Se i meccanismi a livello molecolare più diffusi sono i tre descritti sopra, il quadro si fa molto più complesso quando si ricercano le cause che portano a tali variazioni. Esistono per esempio alcuni fattori di natura emotiva in grado di portare a variazioni fenotipiche in un organismo. Un esempio è quando si vivono periodi di forte stress a livello mentale. Esiste addirittura una branca apposita della Psicologia che studia questo fenomeno. 

Ci sono modifiche di natura epigenetica che portano a sviluppare disturbi di natura neurologica come la schizofrenia o la depressione. Dato che si tratta di variazioni trasmissibili alla prole chi presenta questi disturbi spesso ha figli più predisposti a svilupparli a propria volta. 

Oltre all’emotività, anche il consumo di determinati alimenti, droghe o farmaci va considerato in questo scenario. I bambini nati da genitori che hanno sviluppato una dipendenza da determinate sostanze infatti risultato più predisposti ad abusare di stupefacenti e altre droghe. Un ottimo esempio è costituito dalla cocaina. Per quanto riguarda l’alimentazione, basta pensare a cosa può fare al feto una carenza alimentare della madre.

Anche l’esposizione a sostanze presenti nell’ambiente in cui si cresce può portare a modificazioni permanenti nell’espressione di alcuni geni. Vivere in casa con uno o entrambi i genitori che fumano per esempio, così come stare in campagna in una zona dove si utilizzano molto i pesticidi. Sono molto pericolosi anche i rifiuti speciali che finiscono dispersi nell’ambiente, poiché spesso contengono tracce di metalli pesanti.

L’epigenetica e il cancro 

La prima volta che si notò la possibile correlazione tra variazioni dovute a questo fenomeno e lo sviluppo dei tumori fu negli anni Ottanta. All’epoca infatti si analizzò il DNA del tessuto prelevato con la biopsia da pazienti affetti da cancro al colon. I risultati mostrarono che appariva metilato in percentuale minore rispetto a quello di cellule provenienti da campioni sani. 
 
La metilazione è una modifica che porta al silenziamento delle sequenze genetiche, quindi se è assente queste regioni risultano attive dal punto di vista trascrizionale. Ciò suggerisce che il cancro al colon si sviluppi in seguito all’attivazione di geni che codificano per proteine o enzimi che normalmente non esprimiamo.
 
Di conseguenza indurre una maggiore metilazione del DNA può rivelarsi un ottimo sistema per contrastare la diffusione del cancro. Potrebbe infatti aiutare a silenziare i geni che promuovono la proliferazione cellulare. Non sempre è così però, perché anche l’ipermetilazione può provocare l’insorgenza del cancro al colon, almeno quando avviene a livello del gene MLH1.
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