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Corea di Huntington: fisiopatologia della malattia di Huntington

Corea di Huntington: fisiopatologia della malattia di Huntington

Corea di Huntington - fisiopatologia della malattia
  • Nausicaa Tecchio
  • 26 Marzo 2025
  • Consigli per lo studio
  • 5 minuti

La patologia genetica rara Corea di Huntington

Tra le patologie genetiche rare una delle più note è la Corea di Huntington, che colpisce all’incirca 5-10 persone ogni 100.000. Il suo tasso di incidenza risulta mediamente più alto nei paesi occidentali e ha la particolarità di non manifestare grossi sintomi prima dei quarant’anni. La si definisce corea dal termine core (danza) perché porta a compiere movimenti incontrollati. 

A definire con una certa accuratezza per primo questa malattia neurodegenerativa fu il medico  George Huntington nel 1872. Stese una descrizione del disturbo dopo aver riscontrato la presenza di sintomi simili in più generazioni della stessa famiglia. Capì quindi che doveva esserci una componente ereditaria, trasmessa però solo da chi manifestava i segni della malattia. 

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La trasmissione della Corea di Huntington

Dato che si tratta di una patologia genetica partiamo dalla mutazione che la provoca. Questa avviene a carico di un solo gene (IT15) e la sindica con l’acronimo Htt, dato che si tratta della sequenza genetica che codifica per la proteina huntingtina. Quando IT15 il gene è normale la proteina sana si indica con HTT, e non ha una funzione ben definita ma è fondamentale per la salute del sistema nervoso. 

Il gene compromesso si trova sul cromosoma 4, dunque la Corea di Huntington si eredita per via autosomica e può colpire sia individui maschi che femmine. Inoltre si tratta di una mutazione dominante, quindi è sufficiente che uno solo dei genitori risulti affetto dalla malattia perché i figli possano ereditarla. La probabilità di averla con un genitore sano e uno malato eterozigote è del 50% per un figlio.

Nella sua forma alterata Htt il polipeptide presenta una coda di residui poliglutaminici. Questa porzione anomale risulta dalla ripetizione nella sua sequenza di DNA della tripletta CAG, che codifica appunto per questo amminoacido. Accumulandosi all’interno dei neuroni però questi residui portano alla loro morte attraverso meccanismi non del tutto chiari.

La degenerazione del tessuto cerebrale prodotta dalla malattia parte di solito dalle cellule che compongono i gangli della base. Progredendo si sposta pian piano verso la zona della corteccia, che è prossima alle meningi, rendendo di fatto il tessuto nervoso atrofico. Pare anche che da una generazione all’altra la lunghezza delle code poliglutaminiche aumenti, e ad oggi non esiste una cura.

L’insorgenza dei sintomi

Non c’è un’età fissa perché la Corea di Huntington inizi a manifestarsi in modo evidente. La maggior parte dei casi non mostra sintomi fino ai 40 o 50 anni, ma ci sono eccezioni in cui l’esordio avviene già poco dopo i vent’anni. La gravità dei sintomi può a sua volta essere molto diversa da caso a caso, il che rende più difficile avere una diagnosi sicura. 

Di base nei pazienti si evidenzia una disorganizzazione del linguaggio e una sempre maggiore difficoltà a parlare, o disartria.
Può essere di tipo spastico, atassico o misto e accompagnarsi a difficoltà di deglutizione o di gestione del respiro mentre si parla. Chi ascolta qualcuno che soffre di disartria percepisce le parole come biascicate e nel tempo la situazione continua a peggiorare.

Sempre nella fase iniziale della Corea di Huntington, che può progredire anche per 20-25 anni prima di portare al decesso, si nota una perdita della memoria a breve termine. Un aspetto che può farla confondere con una forma precoce di Alzheimer se isolato, ma considerato insieme agli altri sintomi aiuta a propendere verso questa diagnosi, 

A poco a poco si presentano difficoltà a controllare il proprio corpo e non è raro che chi soffre di questa malattia si muova in modo inconsulto. In particolare la coordinazione degli arti e del volto viene a mancare presto, tanto che si iniziano a compiere movimenti bruschi senza volerlo. Anche la postura in piedi o da seduti a poco a poco risulta compromessa. 

La Corea di Huntington nelle fasi più avanzate 

Dal momento in cui si presentano sintomi visti al paragrafo precedente il malato non ha possibilità di migliorare.
Nel tempo questi si aggravano sempre di più e da una scarsa coordinazione del corpo si arriva a una certa rigidità muscolare, soprattutto a carico dei muscoli del collo. In più di presentano di frequente contratture muscolari che rendono doloroso e difficile muoversi. 

Il senso dell’equilibrio diminuisce a poco a poco, e ci si riesce a spostare o a compiere gesti solo eseguendo il movimento in modo molto lento. Questo insieme di disturbi porta a una perdita graduale ma definitiva della capacità di autogestirsi. Non è raro che chi è affetto dalla Corea di Huntington arrivi a isolarsi volontariamente da chi gli è vicino a causa del disagio che la situazione gli procura. 

Non è raro che il decorso della patologia porti anche a grossi cambiamenti nella persona a livello caratteriale. Il malato può diventare all’improvviso violento verso gli altri o perdere via via contatto con la realtà e diventare apatico rispetto a ciò che ha intorno. Bisogna anche tenere presente che questa condizione accentua il rischio di depressione nei pazienti. 

La causa più comune di morte tra chi presenta questa patologia è l’arresto cardiaco o la polmonite ab ingestis. Si tratta di una forma di infezione a carico dei polmoni dovuta a un accumulo di materiale inalato al loro interno. Può trattarsi di particelle di cibo, polveri sottili o succhi gastrici. 

Le terapie di supporto per i malati 

Nel trattamento della Corea di Huntington si ricorre in prevalenza a due tipologie di farmaci palliativi che aiutino a convivere con i sintomi attenuandoli. Danno sollievo per esempio gli inibitori della dopamina come la tetrabenazina e la deutetrabenazina. Bloccando l’impulso portato da questa molecola aiutano a ridurre i movimenti inconsulti.
 
Si tratta di medicinali che però sono sconsigliati nel caso in cui il paziente risulti affetto da depressione e presentano alcuni effetti collaterali. Tra questi tremori simili a quelli provocati dal Parkinson e un effetto sedativo importante. Per sopprimere l’agitazione e gli spasmi si può ricorrere anche ad alcune tipologie di farmaci antipsicotici, come la clozapina e il risperidone.
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