I principi della valenza di un atomo
Comprendere il concetto di valenza di un atomo in Chimica serve prima di tutto per capire se possa o meno legarsi ad altri atomi, e a quanti. Inizialmente si usava questa espressione per indicare il numero di atomi di idrogeno che un elemento fosse in grado di legare. Un’altra definizione lo vuole come il numero di legami covalenti che un atomo può formare.
Da questo concetto deriva anche quello degli elettroni di valenza, ovvero quelli che si trovano nell’ultimo livello energetico dell’atomo, il più esterno. Questo varia a seconda della configurazione elettronica di ogni elemento, ma gli elettroni che si trovano qui sono quelli coinvolti nei legami che forma l’atomo.
La valenza di un atomo e i suoi principi
La definizione più corretta vuole questo valore come il numero di elettroni che un atomo mette a disposizione per dare luogo a legami chimici. Non a caso abbiamo parlato di legami covalenti, quelli che si formano attraverso la condivisione di elettroni fra atomi. Gli elettroni di valenza per ogni elemento possono essere al massimo otto, come avviene per i gas nobili (gli elementi del gruppo 18).
Quando nel livello energetico di un atomo ci sono 8 elettroni si dice che questo è completo, e perciò questo non si legherà con altri atomi. Se invece la valenza di un atomo non è completa allora può ricevere elettroni da altri atomi. Possiamo dire che atomo è monovalente quando ha un solo elettrone nel livello più esterno, come l’idrogeno (H), bivalente quando ne ha due (es. Ca) e così via.
Non dobbiamo però pensare che ogni elemento abbia una sola valenza, anche se per alcuni è così. Per i metalli alcalini e alcalino terrosi, ovvero gli elementi del primo e del secondo gruppo, questa ha un solo valore. Tuttavia per i metalli questo discorso non vale, perché possono averne più di uno. Il ferro per esempio può essere sia bivalente che trivalente, a seconda che formi un composto ferroso o ferrico.
Guardando la tavola periodica è facile capire quanti siano gli elettroni presenti nel guscio esterno degli atomi. Infatti basta guardare i numeri romani sopra i gruppi. Il gruppo degli alogeni per esempio, il numero 17, è indicato anche come VIIA perché conta 7 elettroni esterni, mentre quello dell’azoto e del fosforo presenta il simbolo V, quindi ne ha cinque.
I numeri di ossidazione nella tavola periodica
Parlando della valenza degli atomi viene inevitabile sovrapporla a un altro dato. La tavola periodica riporta per ogni elemento al suo interno i numeri di ossidazione che può avere all’interno dei composti. Guardando il ferro (Fe), che come abbiamo detto può essere bivalente o trivalente, notiamo che ha per l’appunto due numeri di ossidazione, che sono +2 e +3.
Questi numeri cambiano a seconda del composto che l’elemento va a formare. Dobbiamo però precisare che il numero di ossidazione è una carica formale assegnata a un atomo, supponendo che formi legami ionici e non covalenti. In questo modo infatti si assegnano gli elettroni all’atomo più elettronegativo, e ne risulta un valore che può essere positivo, negativo o anche uguale a zero.
Proprio questo dettaglio è la differenza fondamentale fra la valenza degli atomi e il numero di ossidazione. Nei composti ionici però la valenza coincide a sua volta con l’elettrovalenza, ovvero la carica elettrica positiva o negativa portata dallo ione. Dunque il numero di ossidazione spiega come sono distribuiti gli elettroni in una molecola e il comportamento elettronico dei suoi elementi. La valenza invece indica solo la capacità di un atomo di legarsi ad altri.
Per indicare il numero di ossidazione di un atomo si ricorre di solito alla notazione di Stock. Questa prevede l’uso dei numeri romani tra parentesi a seguito al simbolo dell’elemento. Ad esempio scrivendo Fe (II) si indica che ha numero di ossidazione +2.
La valenza degli atomi e i simboli di Lewis
Per rappresentare gli elettroni utili per i legami si ricorre di solito alle strutture di Lewis. Il sistema prende il nome dal chimico statunitense Gilbert Lewis, che sviluppò anche la teoria acido-base integrativa rispetto al modello di Brønsted-Lowry. Per rendere visibile la valenza degli atomi riportò il simbolo dell’elemento chimico e poi iniziò a disporci intorno gli elettroni, rappresentati con dei puntini.
Intorno al simbolo bisogna immaginare un quadrato, dove ogni lato rappresenta un orbitale in grado di ospitare due elettroni. Il massimo dunque è otto, due per ognuno dei quattro lati. Per regola si inserisce prima un solo elettrone per orbitale, quindi se ce ne sono 4 ce ne sarà uno su ogni lato. Solo dopo si dispongono gli altri se il loro numero è maggiore di 4.
A questa regola c’è una sola eccezione, rappresentata dall’elio (He). Poiché la sua configurazione stabile è 1s2, con un doppietto, la sua struttura di Lewis si rappresenta con due puntini sul lato destro. Di base gli elettroni si inseriscono infatti in senso antiorario partendo dal lato destro.