Università a Roma
Molte università a Roma sono famose per la validità della propria offerta formativa a livello mondiale. Scopriamo insieme quali sono le migliori analizzando sia le pubbliche che le private!
Università a Roma: le università pubbliche più popolari
- La Sapienza: l’antico ateneo romano è uno degli istituti maggiormente riconosciuti a livello mondiale. Ne fanno parte ben 11 facoltà, lauree triennali, magistrali, master e dottorati di ricerca;
- Tor Vergata: uno tra gli atenei in maggiore crescita, con il numero di immatricolati in costante aumento. I neolaureati, spesso dopo un solo anno, ottengono forme contrattuali stabili e una retribuzione elevata. L’ateneo romano riporta infatti che il tasso di occupazione dei giovani, a un anno dal conseguimento della laurea, è di ben l’82%;
- Roma Tre: l’ateneo che ospita più facoltà di tutti: 12 in totale tra cui Architettura, Scienze politiche, Economia e Giurisprudenza;
- Foro Italico: esclusivamente dedicato alla formazione in ambito sportivo è costituito da tre facoltà dotate di percorsi accademici completi.
Università di Roma: gli atenei privati
- LUISS Guido Carli: suddivisa in quattro dipartimenti e quattro scuole di ricerca, vanta numerose collaborazioni con aziende esterne. In termini occupazionali risulta la migliore in quanto viene favorito l’inserimento nel mercato del lavoro;
- LUMSA: suddivisa in tre dipartimenti: Formazione, Comunicazione e Psicologia;
- UniCamillus: di area medico-sanitaria, è focalizzata principalmente sulla formazione in ambito medico;
- Cattolica Del sacro Cuore: ha a Roma uno dei suoi cinque campus italiani;
- Università Europea di Roma, la scelta ideale per le aspiranti matricole in ambito umanistico. Sono presenti le facoltà di Giurisprudenza, Storia e Filosofia, Psicologia, Scienze della Formazione Primaria ed Economica. Il tutto è inoltre arricchito dalla presenza di numerose attività in campo culturale, sportivo, artistico e sociale.
Situazione delle università in Italia
Le Università a Roma sono un’eccezione se confrontate al resto degli atenei su suolo italiano.
In Italia il record di abbandoni universitari è infatti alle stelle.
I dati, provenienti dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, fotografano una fase di crisi per gli studenti. L’anno accademico appena concluso si è attestato come quello che, nell’ultimo decennio, ha registrato il maggior numero di abbandoni. Ben il 7,3% degli iscritti, 23.600 studenti, ha lasciato gli studi al primo anno.
Gli effetti negativi del calo di iscrizioni ed abbandoni pesano sul livello di istruzione del nostro Paese. E nel corso del tempo creano un gap rispetto agli altri atenei internazionali.
Ad oggi gli ultimi dati della Commissione europea, in merito all’istruzione, collocano il nostro Paese al penultimo posto. La percentuale è di soli 31,2% di laureati al di sotto della media europea che si attesta al 41,1%.
Gli abbandoni universitari sono inoltre un peso economico tanto per le famiglie degli studenti quanto per la pubblica amministrazione. Il costo complessivo dovuto agli abbandoni si aggirerebbe intorno ai 35 milioni di euro per le tasche familiari. Per quanto riguarda la collettività causa invece una perdita di circa 170 milioni di euro annui.
Divario tra Nord e Sud
Nel 2023 la scuola in Italia è regionalizzata. Ciò significa che funziona in maniera differente nelle varie aree del Paese.
Molte regioni del Nord sono sede di istituti scolastici, soprattutto universitari, estremamente avanzati. Tanto da primeggiare nella rivalità con i principali atenei europei. Nel Sud invece la situazione è completamente opposta in base alle competenze rilevate dai test standardizzati internazionali.Ad oggi quindi, se il Nord è in netto vantaggio, il Sud arranca. Mediamente, i risultati in Italia non sono tra i migliori. I dati riportano che si evidenziano forti differenze tra Nord, Centro, Sud e isole.
Nord e del Centro raggiungono entrambi percentuali superiori al dato generale. Il Nord soprattutto si attesta sopra la media, in particolare Veneto, Lombardia e Valle d’Aosta emergono sulle altre. Al contrario nel Sud e nelle Isole:
- terza media: risultati bassi in italiano al 50% e in matematica al 55%-60%. In inglese la situazione è ancora peggio;
- quinta superiore: gli studenti che non raggiungono il livello base in Italiano superano il 60% del totale. Problema ancora peggio in matematica, dove la percentuale sale a 70%. Solo il 20% conosce l’inglese a livello medio-buoni.
Quattro, in particolare, le regioni che destano le maggiori preoccupazioni: Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna.