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Tessuto muscolare: struttura, funzioni e classificazione

Tessuto muscolare: struttura, funzioni e classificazione

tessuto muscolare
  • Nausicaa Tecchio
  • 18 Aprile 2025
  • Consigli per lo studio
  • 5 minuti
  • 22 Aprile 2025

Funzioni e classificazione del tessuto muscolare

Nel corpo umano troviamo diversi tessuti specializzati, ma la particolarità del tessuto muscolare è la sua capacità contrattile. Grazie a questa proprietà permette i movimenti del corpo, la circolazione del sangue e il passaggio del cibo lungo il canale digerente. Nonostante le fibre muscolari derivino tutte dallo stesso tessuto embrionale però distinguiamo tre tipologie di muscolo.

Per la precisione troviamo i muscoli lisci, quelli striati scheletrici e per finire quello più peculiare di tutti, ossia il muscolo cardiaco. Sono tutti in grado di contrarsi e produrre movimento, ma ciò che cambia è la tipologia di stimolo a cui reagiscono (volontario o involontario) oltre alla velocità di contrazione. Questa è alta nella muscolatura striata e lenta in quella liscia. 

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Le cellule del tessuto muscolare

Quando inizia formarsi l’embrione le cellule in divisione si organizzano in tre diversi strati o foglietti germinativi: ectoderma, mesoderma ed endoderma. Il primo è quello più esterno, il secondo è compreso fra quelli agli estremi e infine l’endoderma è il foglietto più interno. Quello che dà origine alla muscolatura è il mesoderma, da cui deriva anche il sistema circolatorio.

Esaminiamo ora le cellule che compongono il tessuto muscolare una volta che risulta ben differenziato. Partiamo da quelle che compongono la muscolatura liscia, che al microscopio si presentano allungate (tra i 30 e i 200 µm)e dalla forma affusolata (il diametro non supera i 10 µm). Ciascuna di queste ha un solo nucleo, e non ci sono striature ma alla colorazione risultano tutte uniformi.

Passando a guardare l’istologia dei muscoli scheletrici, possiamo notare che le sue cellule invece risultano molto più grandi di quelle del muscolo liscio. La loro lunghezza può estendersi fino a 30 cm, e le si chiama infatti fibre muscolari. A differenza di quelle descritte prima inoltre sono polinucleate, ovvero hanno almeno due nuclei, e appaiono striate per la presenza di filamenti sottili e spessi al loro interno.

Rimangono i cardiomiociti, ossia le cellule che formano il cuore. Anche queste al microscopio mostrano delle striature, ma a differenza di quelle dei muscoli scheletrici sono molto più piccole di dimensioni. La loro lunghezza si aggira intorno ai 500-100 µm e un diametro che può variare fra i 10 e i 20 µm, con una caratteristica forma a Y. Hanno un solo nucleo situato in posizione centrale.

La muscolatura liscia e le sue forme

La muscolatura liscia, di cui abbiamo già descritto le cellule al paragrafo precedente, ha come funzione principale quella di rivestire gli organi interni. A seconda della tipologia di organo può organizzarsi in forme spaziali diverse, dato che dalla sua organizzazione dipende la funzionalità di alcune strutture del corpo. 

Nel caso del tubo digerente il tessuto muscolare si organizza in due strati, uno interno con andamento circolare e uno esterno dove le fibre sono longitudinali. Grazie a questa disposizione i muscoli lisci riescono a produrre i movimenti peristaltici che spingono il cibo dall’esofago fino all’intestino. Questi dipendono dal sommarsi di una contrazione ritmica a una tonica proprie di questa muscolatura.

I muscoli lisci che rivestono la vescica e l’utero invece si dispongono secondo quella che si definisce un’organizzazione plessiforme. Somiglia a un fitto intreccio, perché questi organi hanno la necessità di estendersi nello spazio aumentando il proprio volume. La disposizione plessiforme è l’unica che consente al tessuto muscolare liscio anche questa capacità.

Infine possiamo esaminare l’organizzazione della muscolatura liscia all’interno della tonaca media dei vasi sanguigni. Prima di tutto questa risulta più sviluppata nella arterie rispetto alle vene, dato che ricevono il sangue a pressione maggiore. Qui le sue fibre hanno un andamento circolare, adatto a variare il lume dei vasi in seguito a contrazione e rilassamento. 

Il tessuto muscolare scheletrico 

Le fibre di questi muscoli sono formate da unità funzionali dette sarcomeri, dove troviamo filamenti sottili (actina) e filamenti spessi (miosina). In ogni fibre muscolare o miofibrilla troviamo circa 10.000 sarcomeri, che si accorciano durante la contrazione e si allungano in fase di rilassamento. La bandeggiatura di un sarcomero mostra due bande chiare esterne e una scura all’interno, divisa da una linea spessa centrale.
 
La funzione dei muscoli scheletrici, uniti allo scheletro da fasci di tessuto connettivo chiamati tendini e grazie a questo consentono i movimenti del corpo. Inoltre contribuiscono a mantenere le articolazioni (spalla, bacino, gomito…) in posizione oltre a dare il giusto sostegno per la postura eretta. Anche quando siamo fermi in piedi infatti alcuni dei nostri muscoli sono in contrazione.

Grazie al consumo di ATP da parte delle cellule all’interno del tessuto muscolare si produce molto calore. Di conseguenza i muscoli hanno un ruolo attivo nella termoregolazione corporea, contribuendo a tenere l’ambiente interno intorno ai 37°C. Per la precisione la muscolastura scheletrica crea il 25% del calore corporeo, seguita dal fegato che ne produce il 20%.

Ogni fibra muscolare scheletrica è avvolta da un velo di tessuto connettivo detto endomisio. I fasci in cui si organizzano le varie fibre sono a loro volta ricoperti dal perimisio, e infine più fasci compongono il muscolo, protetto dall’epimisio. Questa struttura consente una contrazione eun rilassamento rapido. 

La struttura del miocardio 

Tra le cellule del tessuto muscolare cardiaco troviamo degli elementi chiamate dischi intercalari che costituiscono i punti di giunzione fra cellula e cellula. Creano le cosiddette gap junctions, dove la distanza fra le cellule adiacenti è molto ridotta e si formano dei canali detti connessoni. Ognuno di essi è composta da sei subunità proteiche (connessine) disposte a esagono. 
 
La necessità di avere le cellule interconnesse in modo da scambiarsi piccole molecole serve per sincronizzare la contrazione del muscolo cardiaco. L’impulso però non deriva dal sistema nervoso ma dal nodo senoatriale, una struttura presente sull’atrio destro definito come il pacemaker naturale del cuore. Tuttavia l’1% delle cellule del miocardio non si contrae, ma funziona come sistema di conduzione.
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