Storia numero chiuso: di cosa si tratta? E qual è stata la sua evoluzione?
Come tutti sapranno, esistono, ad oggi, alcune facoltà che prevedono un test di ammissione. Si tratta delle cosiddette facoltà ad accesso programmato che, a livello nazionale, riguardano le facoltà di Medicina, Veterinaria, Professioni Sanitarie, Architettura e Formazione primaria. La storia del numero chiuso ha origini antichissime, infatti risale ai primi del ‘900. Fino al 1923, ad esempio, la Facoltà di Medicina poteva essere frequentata soltanto da diplomati in materie classiche.
A partire da quell’anno, l’accesso venne consentito anche a chi aveva frequentato il liceo scientifico. Il vero cambiamento radicale arrivò nel 1969, quando fu data possibilità a tutti i diplomati di poter accedere senza alcun tipo di limite. Questo portò ovviamente ad un numero maggiore di medici rispetto alla reale richiesta di personale, creando un danno ingente e portando ad un aumento considerevole della disoccupazione. Fu solo nel 1987 che con Decreto Ministeriale, venne introdotto il test di ingresso per quasi tutte le materie scientifiche, proprio per limitare il numero di laureati e soprattutto per effettuare una selezione in base alla qualità delle conoscenze di ogni candidato.
Il numero programmato nazionale a livello nazionale è stato introdotto per la prima volta con la Legge 264/99, attualmente in vigore, del Ministro Zecchino, a seguito della sentenza numero 383/98 della Corte Costituzionale che richiedeva la valutazione delle modalità di accesso al mondo universitario.
La nuova legge e il numero chiuso erano giustificati da due direttive della comunità europea, nello specifico la direttiva 78/687/CEE e 93/16/CEE, che riguardavano rispettivamente le figure professionali degli odontoiatri e dei medici, le quali richiedevano un sistema di formazione che garantisse alti standard.
La legge 264/99 sanciva il numero chiuso per le facoltà di Medicina, Odontoiatria, Veterinaria e Formazione primaria. I posti disponibili dovevano essere definiti in base:
- ai posti nelle aule, attrezzature e laboratori scientifici; personale docente, personale tecnico; servizi di assistenza e tutorato;
- al numero di tirocini attuabili e dei posti disponibili nei laboratori e nelle aule attrezzate per le attività pratiche;
- alle modalità di partecipazione degli studenti alle attività formative obbligatorie.
Cos’è il numero chiuso?
Abbiamo parlato della sua storia, ma non abbiamo ancora approfondito il concetto di “numero chiuso“. Quando facciamo riferimento a questo concetto intendiamo portare la nostra attenzione verso quelle Facoltà Universitarie che prevedono un numero limitato di ammessi ai corsi che viene stabilito in una precisa data, grazie al superamento o meno di un test di ingresso relativo a tutti gli insegnamenti che verranno poi trattati negli anni, una volta entrati. Le facoltà a numero chiuso possono essere divise in due categorie:
- facoltà a numero chiuso locale;
- facoltà con accesso programmato nazionale.
Nel primo caso, il giorno e le modalità relative al test di ingresso vengono definite, con bando di concorso, in maniera autonoma dall’ateneo, mentre nel secondo caso il numero di ammessi, il giorno e la data della selezione vengono stabiliti dal Ministero dell’Istruzione. Data e orario sono uguali per tutta Italia e le prove vengono regolamentate con apposito Decreto ministeriale.
Pro e contro del numero chiuso
Quello del numero chiuso è un argomento che in ambito universitario ha sempre fatto parlare, in quanto sono due le fazioni di pensiero: quelli che lo sostengono e secondo il quale si tratta di un mezzo per poter effettuare una scrematura importante sin dai primi passi e coloro che lo ritengono una soluzione inutile e che anzi, lottano per poter dare accesso a tutti, senza alcun test iniziale. Di sicuro come per ogni cosa, i pro e i contro del numero chiuso sono diversi.
Pro
- le domande a risposta multipla richieste in fase di test permettono di avere un quadro oggettivo della preparazione dello studente;
- il numero di laureati sarà più coerente con il numero di posti di lavoro disponibili;
- l’accesso viene consentito soltanto a chi ha delle reali capacità inerenti la materia di studio.
Contro
- valutare una persona da un test può essere limitante;
- avere un numero maggiore di laureati potrebbe essere ottimale in epoche come la nostra.
Facoltà a numero chiuso nel 2020
Il 2020 è stato un anno complicato, difficile e senza dubbio molto particolare sotto ogni punto di vista, anche in ambito scolastico e quindi universitario. Se in un primo momento, riguardo alla questione “facoltà a numero chiuso” sembrava esserci stata una svolta e alcune voci parlavano di eliminarlo per le professioni sanitarie e mediche, in quanto il numero di professionisti sembrava troppo basso per far fronte alla pandemia, tutt’ora in corso, le notizie sono state smentite e chiarite.
Infatti, l’unica modifica reale che c’è stata riguarda il numero di posti disponibili che è stato aumentato e che a quanto pare verrà ancor più incrementato nei prossimi anni, proprio per permettere ad un numero maggiore di persone di intraprendere questo tipo di carriera e per poter fronteggiare altre nuove ed eventuali emergenze sanitarie. Infatti, dati alla mano, risulta evidente come il numero dei laureati fosse nettamente inferiore alla domanda di professionisti. Ad oggi, nel 2020, le facoltà a numero chiuso in Italia sono le seguenti:
- Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi dentaria
- Medicina Veterinaria
- Professioni sanitarie
- Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi dentaria in lingua inglese
- Scienze della formazione primaria
- Professioni sanitarie (laurea magistrale)
- Architettura
Scienze della formazione primaria: un approfondimento
Come detto in precedenza, il corso di laurea in Scienze della formazione primaria richiede un test di ingresso selettivo, in quanto la facoltà fa parte di quelle a numero chiuso. Ma c’è una particolarità rispetto ad altre facoltà gestite dal Ministero dell’Istruzione. In questo caso, compito del Ministero è soltanto quello di stabilire una data comune per tutti gli atenei italiani che, a differenza di altri corsi, potranno scegliere le domande da inserire all’interno del test. Quindi per città diverse, ci saranno domande diverse, scelte appunto da responsabili della facoltà.
Professioni sanitarie: un approfondimento
Anche per quanto riguarda le Professioni sanitarie, il Ministero si trova nella posizione di dover decidere soltanto le modalità e i contenuti della prova, che sono comuni per tutti gli atenei italiani. Ma sono poi questi ultimi che, seguendo le linee guida stabilite dal Ministero, scelgono nello specifico le domande da sottoporre ai candidati e che quindi andranno a formare il test, così come a redigere le graduatorie finali che risultano essere locali.
Test di medicina
Il Test di medicina, unificato da alcuni anni con quello di Odontoiatria, è regolato dal Miur con Decreto e si svolge in data unica nazionale.
Ogni anno vengono pubblicate notizie circa una possibile “Medicina senza numero chiuso” oppure del “sistema francese”, ma queste ipotesi non hanno ancora avuto riscontro e rimane in vigore la legge 264/99. Per approfondimenti sull’abolizione del numero chiuso puoi vedere questo video.
Ogni anno questa selezione comporta innumerevoli ricorsi per il numero chiuso, sia per via delle irregolarità riscontrate in fase di selezione che per richiedere che venga garantito il diritto allo studio.
Posti disponibili
I posti disponibili vengono definiti dal MIUR, per le facoltà a numero programmato, e dagli atenei, per quelle a numero chiuso locale, con gli appositi documenti ufficiali: i Decreti ministeriali e i bandi di concorso.
Questi documenti sono facilmente consultabili nella nostra pagina dedicata.
Facoltà a numero aperto o accesso libero
Esistono ancora le facoltà ad accesso libero? Certamente, ad esclusione dei corsi di laurea a numero programmato nazionale e delle facoltà a numero chiuso locale, per decisione dei singoli atenei, gli altri corsi di laurea sono ad accesso libero.
In questo caso le future matricole possono procedere direttamente con l’immatricolazione alla facoltà di interesse senza dover sostenere alcuna prova. In altri casi alcune università prevedono un test orientativo che, in caso di esito negativo, determina un “debito formativo” da colmare entro un determinato lasso temporale.