Spesa per l'istruzione in Italia: Al 4% del PIL, inferiore alla media Ue
Una recente indagine ad opera dell’ISTAT ha messo in luce un dato negativo: nel nostro Paese, si investe troppo poco dell’educazione della prima infanzia. In particolare, l’istruzione in Italia appare insufficiente se paragonata al PIL.
Nel dettaglio, la spesa italiana che riguarda le scuole infantili dedicate a bambini da zero a due anni si colloca sotto la media europea. Oltre a non coincidere poi con quanto si attende se si considera il Prodotto Interno Lordo nostrano.
Siamo ancora ben lontani, tra l’altro, non solo dal raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza, ma anche dal target dell’Europa. Un target che l’Italia avrebbe dovuto raggiungere entro il 2010.
Analizziamo insieme i dati ISTAT in merito.
Istruzione in Italia: i dati dell’indagine ISTAT
All’interno del Rapporto annuale 2023 dell’ISTAT sono contenute rilevazioni che hanno a che fare con il mondo dell’istruzione nostrano. Si tratta di una delle più recenti rilevazioni ISTAT, che si è occupata di analizzare i dati relativi alla spesa legata all’Istruzione in Italia.
In particolare, l’istituto ha analizzato le spese legate al sostegno dell’istruzione nella scuola della prima infanzia, rapportando questo dato al PIL.
I risultati emersi, purtroppo, non sono particolarmente incoraggianti. L’ISTAT ha infatti reso noto che la spesa pubblica in questo specifico settore è pari al 4% del PIL italiano.
Una percentuale molto bassa, soprattutto se consideriamo che la fascia di scolari interessata è quella più giovane, ossia quello che va da zero a due anni.
E la situazione appare ancor più critica se consideriamo che questo è proprio uno degli ambiti di intervento che il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza ha previsto.
Istruzione in Italia al di sotto della media: quali sono le percentuali in Europa
Se analizziamo i dati emersi dal Rapporto ISTAT 2023 e li rapportiamo a quelli del resto d’Europa, possiamo notare come la situazione dell’Istruzione in Italia non sia affatto rosea.
Dire la spesa per l’istruzione dei piccoli da zero a tre anni è insufficiente se rapportata al PIL non ci dona infatti indicazioni precise. Tuttavia, se consideriamo che la media europea di tale spesa è del 4,8% rispetto al 4% italiano possiamo avere contezza della gravità della situazione.
Solo in Francia, ad esempio, tale percentuale equivale al 5,2%. In Spagna e Germania, invece, è rispettivamente pari al 4,6% ed al 4,5%.
In più, si aggiunge un ulteriore dato negativo: rispetto al 2021, quando la percentuale in Italia era del 4,1%, abbiamo purtroppo registrato un calo.
PIL e istruzione: gli obiettivi (mancati) del PNRR
Com’è noto, il PNRR ha auspicato dei cambiamenti al sistema educativo e all’istruzione in Italia. Gli obiettivi maggiori sono quelli che riguardano la promozione del digitale e del diritto allo studio ed il contrasto alla dispersione scolastica. In merito alla scuola dell’infanzia, e indipendentemente dalla spesa rapportata al PIL, si auspicava una copertura del 33% entro il 2010.
Qualcosa, invece, non ha funzionato. Secondo i dati ISTAT, al momento, la copertura per i frequentanti la scuola dell’infanzia è pari solo al 28%. Una percentuale dunque ancora lontana dalla media europea del 33% che, tra l’altro, coincide con quella che avrebbe dovuto raggiungersi entro il 2010.
Se consideriamo che è stata fissata una nuova soglia, che è pari al 50%, capiamo bene quanto siamo lontani dal raggiungere gli obiettivi del PNRR.
La situazione nelle diverse Regioni italiane secondo i dati ISTAT
Ovviamente, quella del 28% individuata dall’ISTAT è una percentuale che si riferisce all’intero suolo italiano. È ovvio però che l’indagine sull’istruzione in Italia differisce a seconda delle Regioni analizzate.
Così come ci sono differenze di PIL, anche la differenza che riguarda l’istruzione e la sua attuale copertura territoriale variano a seconda delle località.
Ottime notizie per il Nord-Est italiano e per il Centro: in queste zone, la percentuale del 33% non solo è stata raggiunta, ma in alcune zone la copertura dei posti supera addirittura il 36%. Addirittura, nel Nord-Est del Paese si è vicini al raggiungimento del 37%.
E non si tratta di una situazione relativa all’anno corrente, perché il target europeo al Nord-Est ed al Centro Italia è stato raggiunto già da qualche anno.
Risultati intermedi per il Nord-Ovest d’Italia. Le Regioni italiane localizzate in questa area stanno lavorando per adeguarsi all’Europa ed hanno riportato, durante le ultime rilevazioni ISTAT, una percentuale di copertura pari al 31,5%. Siamo dunque abbastanza vicini alla media europea.
Male, invece, per il Sud e per le Isole. In queste Regioni, nonostante i recenti miglioramenti, siamo ben lontani dalla media europea.
I dati parlano infatti di un 16% registrato dal Sud ed un 16,6% riportato invece dalle isole.
Carenza di asili nido e conseguenze per le famiglie le Sud Italia
I dati relativi all’Istruzione in Italia ed al suo rapporto col PIL, oltre che quelli che riguardano la copertura per popolazione residente hanno diverse conseguenze.
Secondo i risultati messi in evidenza dall’ISTAT, al Sud e nelle isole solo il 16% dei minori tra zero e due anni trova posto al nido. Questo significa non solo che le strutture sono carenti, ma anche che le famiglie non hanno la possibilità di accedere alle relative agevolazioni statali.
Tra queste, il ben noto bonus asilo nido gestito dall’INPS: dato che mancano le strutture, manca anche la possibilità di richiedere la misura al Sud.
Al Nord, invece, i titolari di questa agevolazione sono numericamente superiori, dato che i posti in asilo nido sono numericamente superiori.
Questa situazione va a creare un altro fattore che sicuramente non favorisce, da parte dei Comuni italiani, la possibilità di offrire servizi quali asili nido ai residenti.
I fondi statali vengono ripartiti infatti in maniera differente ai Comuni, in base al numero di minori frequentanti il nido.
Mentre i Comuni principali del Nord e del Centro possono contare su una cifra che supera i 2.600 euro annui per bambino, tale importo si riduce a 840 euro circa per i Comuni minori del Nord e del Centro.
Importi che al Sud si riducono ulteriormente: i grandi comuni ottengono circa 730 euro a bambino, mentre i piccoli Comuni del Meridione possono contare su soli 255 euro a bambino.