Preparazione universitaria: quanto conta nel mondo del lavoro
Azienda e Università: come si approcciano l’una all’altra
Da molto tempo le aziende fanno sentire la loro voce basandosi su statistiche e studi di Confindustria, affermando che la preparazione universitaria non è adeguata al mondo del lavoro, perché gli atenei d’Italia non preparano nel modo adeguato i giovani.
Con questo, le università italiane si ritrovano addossate molte colpe in quanto vengono definite, dalle aziende stesse, le uniche responsabili della crisi economica e produttiva del Paese. Inoltre, la preparazione universitaria viene accusata dal mondo aziendale di non generare ricchezza, venendo continuamente discriminata. Secondo le aziende, la soluzione al problema è generare produttività seguendo tutte le istruzioni di chi è in grado di produrre reddito, secondo una visione vincente.
La domanda, però, sorge spontanea: davvero le università italiane hanno tutta questa responsabilità inerente il mondo del lavoro?
In realtà, non è propriamente così: le università hanno il compito di generare nei giovani conoscenze e competenze. Le aziende, per giustificare momenti di difficoltà, preferiscono dare la colpa alla scuola e alla preparazione universitaria dei giovani, “lavorando” strategicamente sull’opinione pubblica.
Che tipo di preparazione devono proporre le università?
Cosa fondamentale che l’università deve garantire ai giovani lavoratori del futuro è una preparazione universitaria finalizzata all’ambito prescelto, oltre a servizi di orientamento all’avanguardia, con la capacità di introdurre nozioni aggiornate finalizzate al mondo del lavoro.
L’obiettivo è creare persone duttili, efficienti, dinamiche e pronte al ragionamento per superare qualsiasi ostacolo, con una solida preparazione culturale. Con questa premessa, ci si rende conto che talvolta nel “mondo business” non è sempre facile gestire le situazioni, soprattutto perché vige una dinamica lavorativa di tipo settoriale, che prevede competenze specifiche del singolo ambito o della posizione lavorativa.
Tutti coloro che escono dalle università dovrebbero avere insite delle tecniche di approfondimento, andando sempre alla ricerca di nuove conoscenze. Non deve importare in “cosa ci si laurea”, ma il come si porta l’esperienza universitaria al di fuori dell’istituzione scolastica, perché solo chi sa gestire i problemi con le proprie conoscenza sa arrivare a grandi livelli ed elevarsi a compiti difficili.
Il caso italiano: perché i ragazzi lasciano il Paese per lavorare
In Italia le università si sono comportate sino ad ora in modo esemplare, in vista dei continui tagli dei finanziamenti da parte del Governo; esse sono sempre riuscite a portare le giuste conoscenze e a svolgere i propri compiti con delle risorse che sono un terzo rispetto agli altri Paesi europei (dalle statistiche del 2010, ECPS Journal).
Siccome in Italia pare che il mondo del lavoro non riconosca abbastanza la validità delle facoltà nazionali e la preparazione universitaria di livello che ne scaturisce, i ragazzi sono più incentivati a lasciare il Belpaese dirigendosi verso altre mete. In quei luoghi i giovani trovano lavoro e hanno modo di mettere in pratica ciò che hanno approfonditamente studiato nell’ambito universitario italiano.
Le aziende estere, dotate di serenità economica e maggiore stabilità lavorativa, garantiscono posti di lavoro ben retribuiti a molti italianI, i quali non fanno altro che valorizzare tutto quello che hanno imparato in patria, portando grandi soddisfazioni al Paese d’origine, oltre che a loro stessi.
Con ciò, bisogna riflettere sulla situazione italiana e domandarsi come risolvere eventuali problemi e dinamiche dal punto di vista azienda-università, per portare di nuovo stabilità nel mondo del lavoro e giusta competizione, valorizzando la preparazione universitaria.
Inoltre, i giovani lavoratori devono sapere che è l’esperienza che salva e il voto di laurea conta fino ad un certo punto. A vincere sono sempre l’efficienza e professionalità, non un semplice numero su un pezzo di carta.
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