Politecnico di Milano: il caso dei corsi in inglese
Corsi all english? No, grazie!
L’inizio della vicenda e lo stop del Consiglio di Stato al Politecnico di Milano
Il Senato accademico del Politecnico di Milano, ormai quattro anni fa, nel 2014, ha dato il via a corsi di laurea e dottorandi completamente in lingua inglese. Subito si sono sollevate le prime perplessità, anche nel corpo docenti: il primo ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale) non si è fatto attendere poi molto. Come tra l’altro non si è fatta attendere la sentenza del Tribunale, che si è schierata a favore di coloro che avevano proposto il ricorso, decidendo di bloccare l’iniziativa del Politecnico di Milano. L’ateneo milanese non si è però arreso e, insieme al Ministero, ha proposto un nuovo ricorso, stavolta all’organo amministrativo più alto in grado: il Consiglio di Stato. Pur tenendo presente la volontà di internazionalizzazione del Politecnico, il Consiglio di Stato ha comunque deciso di arrestare definitivamente i corsi proposti solamente in lingua inglese.
Le motivazione del Consiglio di Stato
Un freno al progresso?
Molti si sono indignati per la sentenza definitiva del Consiglio di Stato: perché porre un freno al progresso? Perché l’Italia deve sempre restare indietro e non innovarsi come le altre università del mondo?
In realtà la motivazione è piuttosto semplice: il Consiglio non ha bocciato in toto l’utilizzo della lingua inglese, ma ha rimarcato come l’intento di internazionalizzazione non può e non deve contrastare il primato della lingua italiana. “È una bellissima vittoria per l’italiano” afferma Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca. Una decisione che peraltro affonda le sue radici direttamente nella Costituzione, che garantisce la libertà d’insegnamento e soprattutto la parità nell’accesso all’istruzione, anche di quella universitaria. È quindi concesso al Politecnico di Milano – e ad ogni ateneo italiano – di tenere corsi anche esclusivamente in inglese, sempre perseguendo i principi di ragionevolezza e proporzionalità, purché vengano garantite anche lezioni in italiano. Ferruccio Resta, rettore del polo universitario milanese dal 2016, non si dà però per vinto: ha già promesso che si rivolgerà direttamente al Ministero dell’Istruzione, che ogni anno approva l’offerta formativa del Politecnico di Milano.