Milton Model: sfruttare il linguaggio vago per persuadere
Hai mai sentito discorsi che sembrano parlare direttamente a te, come se chi li pronuncia conoscesse esattamente i tuoi pensieri e bisogni? Questo effetto non è casuale, ma il risultato di precise strategie linguistiche. Una di queste è il Milton Model, un potente strumento della Programmazione Neurolinguistica (PNL) sviluppato da Richard Bandler e John Grinder.
Ispirato al lavoro di Milton Erickson, padre dell’ipnosi conversazionale, il Milton Model utilizza un linguaggio volutamente vago e ambiguo per aggirare le resistenze della mente conscia e influenzare il subconscio. Grazie a questa tecnica, è possibile generare suggestioni persuasive, migliorare la comunicazione e guidare l’interlocutore verso determinate conclusioni senza che se ne renda pienamente conto.
Analizziamo insieme le basi del Milton Model, approccio estremamente utile ed affascinante, applicato in diversi ambiti, dal marketing alla negoziazione, fino alla crescita personale.
Milton Model: di cosa si tratta?
Il Milton model è un insieme di frasi utilizzate da Milton Erickson, massimo esponente nel campo dell’ipnosi e padre dell’ ipnosi conversazionale, nelle sue sessioni di ipnoterapia. Negli anni ‘70, in California, Richard Bandler e John Grinder assistono infatti alle sue sedute terapeutiche, individuando, estraendo, trascrivendo e codificando in pattern il linguaggio utilizzato coi pazienti.
Per definire in modo accurato il Milton Model è possibile dire che si tratta di un modello linguistico “abilmente ed intenzionalmente vago”, che consente di accedere alle risorse interne e di entrare in uno stato di speciale focalizzazione.
Questa modalità di linguaggio, infatti, viene utilizzato per:
- trasferire all’interlocutore l’impressione di familiarità;
- sfruttare generalizzazioni, distorsioni e cancellazioni;
- persuadere e ipnotizzare.
Il soggetto, durante l’ipnosi conversazionale, entra in trance anche se continua ad interagire e conversare con il professionista.
Si tratta di uno stato alterato dell’attenzione, in cui la mente conscia è distratta, mentre quella inconscia è maggiormente concentrata sulle parole dell’interlocutore.
In questo modo vengono impartire istruzioni che permettono di accedere a nuove risorse e creare nuovi comportamenti. Tali istruzioni sono volutamente vaghe, in modo che la persona possa scavare in profondità fra le proprie risorse inconsce, favorendo immaginazione e creatività.
Funzionamento del Milton Model
Come abbiamo precedentemente accennato, il Milton Model ha come peculiarità quello di esprimere volutamente ed abilmente concetti vaghi, privi di un significato specifico. Significato che viene dato dalla mente stessa di ogni singolo ascoltatore.
Esso consente in questo modo, a chi lo utilizza, di comunicare cose generiche tali da costituire un adeguato ricalco dell’esperienza di chi ascolta, qualunque essa sia.
A livello pratico, ciò si traduce in una persona che parla ed altre che ascoltano e si sintonizzano con il contenuto comunicato percependolo affine alla propria esperienza e rendendolo specifico tramite l’aggiunta di dettagli della propria esperienza.
Parlare con un linguaggio permette infatti di spostare l’attenzione dall’esterno degli impulsi sensoriali, all’interno dei pensieri, siano essi ricordi reali o esperienze create con l’immaginazione. Questo processo prende il nome di trans derivazionale e si verifica perché l’inconscio di una persona interviene per supplire al significato da attribuire alle parole vaghe che ha ascoltato.
In quest’ottica strutture linguistiche, e quindi il modo di raccontare sè stessi e ciò che ci circonda, che hanno causato il problema nel paziente vengono utilizzate come tecniche di influenza per ricalcare le stesse modalità comunicative del paziente e guidarlo verso la soluzione dei suoi problemi.
Pattern e schemi linguistici
- truismi: utili a ricalcare l’esperienza presente, permettono di entrare in empatia con l’interlocutore. Si tratta di affermazioni vere e inconfutabili che evidenziano qualcosa che sta accadendo e sono riconoscibili senza dubbi. Ad esempio: “Oggi sei nel mio studio e, dopo alcuni convenevoli, ti sei seduto sulla poltrona con le mani sulle cosce e i piedi sul pavimento”;
- presupposizioni: schema dagli effetti molto intensi che si ottiene affermando qualcosa di non espresso ma scontato e necessario, affinché un’affermazione sia comprensibile. Ad esempio: “La sedia su cui stai per sederti è molto comoda” (dando per scontato che la persona si sieda);
- citazioni: l’ideale per conferire autorevolezza e deresponsabilizzare la propria comunicazione, facendo “dire” ad altri quello che in realtà comunichiamo noi. Ad esempio, inventare la storia di qualcuno che ha adottato alcune soluzioni vincenti per risolvere lo stesso problema del paziente;
- lettura della mente: affermare di conoscere qualcosa che l’altra persona pensa o sente, senza specificare come si sa. Si tratta di una distorsione, dal momento che non è possibile sapere in anticipo come una persona possa reagire. Ad esempio: “So che pensi che forse non dovresti essere qui“.
Obiettivi ed applicazioni principali
Il Milton model trova la sua applicazione principale nell’induzione ipnotica che diminuisce la frequenza delle onde cerebrali e favorisce uno stato di coscienza più profondo.
- stimolare l’inconscio a generare un cambiamento utile: apprendere cose nuove è più semplice perché la mente cosciente è sospesa e non può influire con i suoi filtri di convinzioni e stereotipi. In questo modo è possibile attenuare o eliminare fobie, convinzioni erronee e cattive abitudini, come ad esempio smettere di fumare;
- favorire l’accesso a stati d’animo: generare o evocare nella mente delle persone un’esperienza connessa ad una specifica sensazione o emozione, di benessere, se uso parole che richiamano alla mente situazione piacevoli, o viceversa di preoccupazione;
- persuadere: l’uso sapiente delle parole, spesso in maniera discutibile, è molto utile in ambito commerciale, di vendita, pubblicitario o politico. Ad esempio, lo slogan dell’ex Presidente USA Barrack Obama “Yes we can” era così vago da permettere a ciascuno di attribuire a quelle parole il proprio significato.