Gruppo Eme: struttura e funzione del complesso chimico
Il gruppo eme è l’effettivo nucleo del funzionamento di emoglobina e mioglobina. La prima ne contiene quattro copie, la seconda uno solo. La struttura del gruppo contiene lo ione ferroso (Fe2+) al centro e grazie alla sua presenza il complesso può legare e trasportare l’ossigeno ai tessuti.
Nella biochimica degli organismi animali si tratta di un argomento essenziale. E naturalmente meglio ripassarlo in vista del solito test di medicina.
Gruppo eme, struttura e composizione
SI tratta di un complesso costituito da un atomo di ferro al centro di una protoporfirina. SI tratta di una tipologia di porfirine, molecole biologiche note per la loro capacità di formare chelati con gli ioni metallici. La protoporfirina che dà la struttura al gruppo eme si chiama protoporfirina IX. Questa forma è molto diffusa in natura sia nei pigmenti respiratori sia in enzimi quali ossigenasi e ossidasi.
La protoporfirina IX è formata a sua volta da quattro anelli pirrolici che sono legati fra loro da gruppi metilenici. SI tratta del legame di tipo -CH=, doppio. Nella sua struttura sono compresi anche due gruppi vinilici (CH2=CH-), quattro gruppi metilici singoli (-CH3) e due propionici, per esteso -CH2-CH2-COO-.
Ione ferroso e protoporfirina uniti formano il gruppo eme, con un legame di coordinazione. Si utilizza questo termine qualora uno ione o un atomo forma un numero di legami maggiore rispetto al proprio numero di ossidazione. La formula molecolare del complesso è C34H32FeN4O4 e la sua massa molare risulta perciò pari a 616,5 grammi.
I legami formati in questo complesso sono deboli e reversibili e qualora l’eme venga ossidato la molecola si definisce emina. All’interno dell’emoglobina il gruppo costituisce la parte prostetica della molecola, ovverossia non proteica. Ci sono più forme possibili per l’eme, ma la più diffusa è indicata con la lettera b.
Sintesi del gruppo
Nell’organismo umano come già accennato l’eme è fondamentale per la sintesi dell’emoglobina che verrà poi immagazzinata nei globuli rossi. I centri del corpo in cui si produce sono due: il midollo osseo e il fegato. Nelle ossa l’85% delle molecole sintetizzate viene impiegato per l’emoglobina e la parte restante per la mioglobina. Il fegato produce il 5% del totale del composto e lo utilizza nei citocromi.
I siti cellulari dove avviene la sintesi del gruppo sono il citosol e i mitocondri. La prima reazione della catena di montaggio del gruppo eme comprende l’enzima ALA sintasi che dà origine all’omonimo composto. Dai mitocondri ALA passa al citoplasma e diventa porfobilinogeno grazie all’intervento dell’ALA deidratasi. Dalla condensazione di quattro molecole di questo composto si genera poi il preuroporfirinogeno.
Attraverso altre reazioni si arriva alla stabilizzazione dei quattro gruppi metilici e al coproporfirinogeno 3. La coproporfinirogeno ossidasi porta alla forma protoporfirinogeno 9. Con un’ulteriore ossidazione si arriva in dirittura d’arrivo con la protoporfirina 9. A questo punto basta poco: si creano i doppi legami grazie alla protoporfirinogeno ossidasi e si inserisce lo ione con la ferro chelasi.
Il gruppo eme si genera grazie al catabolismo dell’emoglobina di cui si riciclano delle componenti, prima di tutto il ferro.
Emoglobina in azione
Emoglobina e mioglobina contengono rispettivamente quattro gruppi eme e un complesso singolo. Entrambe hanno un ruolo cruciale nell’organismo dei mammiferi per trasportare ossigeno ai tessuti e consentire la respirazione cellulare. Mentre l’emoglobina è un tetramero, e quindi conta quattro subunità proteiche, la mioglobina invece è una proteina globulare a sé stante.
Le quattro subunità dell’emoglobina non sono tutte uguali, ma sono a due a due. Due monomeri sono detti alfa e due monomeri sono detti beta. Fra loro differiscono a livello della capacità di legare l’ossigeno.
Il legame del ferro all’ossigeno avviene a livello degli alveoli polmonari. L’emoglobina trasporta il gas fino ai tessuti periferici dove invece inseguito al rilascio dell’O2 si lega al complesso l’anidride carbonica. Qui infatti è prevalente la pressione parziale del gas ‘di scarto’.
Normalmente la quantità di ossigeno disciolto nel sangue è molto bassa proprio per influenzare l’affinità del gruppo eme per l’ossigeno. La sua cessione avviene grazie all’effetto Bohr, ossia dell’influenza della presenza più elevata di CO2. A sua volta anche il pH sanguigno può avere effetti sul legame con l’ossigeno.
Più sono concentrati gli ioni H+ minore sarà la forza del legame tra ione ferroso e ossigeno. Negi alveoli si riscontra un pH alcalino e l’ossigeno si lega all’emoglobina con buona affinità, l’inverso avviene nei tessuti dove l’ambiente è più acido. Un ultimo fattore anche se meno determinante è la temperatura corporea. Più è freddo più l’affinità è alta, più è caldo minore questa risulterà in proporzione.