Gestione personale: come motivare generazioni differenti di lavoratori
La gestione del personale ha subito un netto cambiamento di metodologia post pandemia di COVID-19. È proprio dall’avvento dello smartworking infatti che le aziende hanno capito l’urgenza di rivisitare valori, modelli e cultura del lavoro.
Scopriamo insieme cos’è successo!
Indice
Situazione attuale sulla gestione del personale
La pandemia di COVID-19 ha permesso alle persone di avere più tempo per pensare al proprio benessere fisico e psicologico. I lavoratori si sono infatti resi conto di aver bisogno di impieghi che offrano maggior flessibilità e motivazione.
Quanto è importante il coinvolgimento su un piano aziendale?
I dati ci riportano che in Italia solo il 4% è coinvolto nel proprio lavoro, contro il 21% a livello mondiale.
A questo scenario catastrofico si aggiunge anche l’evidente calo demografico degli ultimi anni. La popolazione in età da lavoro è infatti ad oggi diminuita di 756 mila persone.
La scarsità delle offerte lavorative sta diventando sempre di più reale. Come, allo stesso tempo, il netto squilibrio tra occupati e pensionati.
Le cause sono da ricercare soprattutto in:
- quiet quitting: il cosiddetto abbandono silenzioso;
- burnout causato da stress da lavoro;
- disillusioni di crescita professionale;
- mancanza di una leadership il cui ruolo dovrebbe essere coniugare i bisogni aziendali con quelli individuali;
- fallimenti dei manager nel bilanciare benessere e obiettivi aziendali con la concreta crescita personale.
La gestione del personale non sembra dunque dare buoni risultati. E la situazione è ancora più preoccupante se si considera che i lavoratori:
- considerano di cambiare lavoro il 54%. Con nette differenze tra fasce d’età: al l 69% nel gruppo 18-24 anni, 46% tra 45-54 anni, e al 27% per chi è over 55;
- necessitano un guadagno più alto, soprattutto la maggior parte dei Millennial (61%)
- ricercano un migliore equilibrio tra vita privata e professionale, soprattutto la GenZ (29%);
- ricercano la sicurezza nelle proprie capacità al 20%;
- sono annoiati dal proprio ruolo nel 29% dei casi.
Gestione personale: ridefinire l’engagement
Nello scenario appena analizzato risulta evidente l’importanza dell’engagement per:
- una gestione del personale ottimale;
- frenare la mancanza e perdita di competenze;
- evitare un continuo ricambio;
- mantenere i livelli di performance adeguati ai mercati sempre più competitivi e rapidi;
- superare le difficoltà di integrazione delle nuove generazioni in azienda.
Le generazioni attuali sono impegnate ad equilibrare le loro aspettative di vita. Le stesse risultano differenti da quelle del passato anche, soprattutto a causa degli effetti pandemici e le conseguenti trasformazioni.
La percezione del futuro inoltre varia in base all’età e ciò incide sulle prospettive di fidelizzazione con un azienda.
Per mantenere un ambiente di lavoro motivante e coinvolgente è dunque necessario tener conto delle diverse generazioni compresenti. Per ciascuna di esse i paradigmi che descrivono importanti aspetti della vita sono differenti.
Ad oggi i giovani, per avere soddisfazione sul lavoro ricercano:
- equilibrio tra vita lavorativa e privata;
- valore allora gestione del tempo
- condivisione dei valori personali con quelli dell’organizzazione
- attenzione all’impatto ambientale da parte dell’azienda;
- integrità ed analisi degli effetti a lungo termine delle loro azioni;
- ottimo aspetto retributivo.
In passato, la motivazione al lavoro era basata unicamente sull’ accettazione da parte dei dipendenti. Ad oggi di certo non è più così. La motivazione richiede strategie di engagement sempre più profonde. È infatti necessario che l’attività stessa diventi in parte una ricompensa e la padronanza di un compito ne alimenti la motivazione.
Coach aziendale: la figura di supporto nella transizione
Una figura estremamente importante in questo momento di transizione per il supporto dei lavoratori è il coach aziendale.
Le principali funzioni di questa figura sono:
- incremento della produttività: le risorse umana vengono continuamente stimolate e, proprio grazie a questo, le prestazioni all’interno del contesto aziendale aumentano di livello. Altro incremento è quello legato alla motivazione e alla collaborazione tra colleghi dello stesso reparto;
- innovazione: il coach riesce a stimolare la fantasia e la creatività del team portando innovazione e riammodernamento all’azienda;
- ottimizzazione dei rapporti lavorativi interpersonali: i dipendenti aziendali si sentono più valorizzati e più uniti nel raggiungimento di obiettivi comuni. Spesso i rapporti astiosi rallentano l’attività e causano perdite. Il coaching invece permette di riassestare le interazioni necessari per ottimizzare la produttività e riappacificare il clima lavorativo;
- comunicazione: il coach assume il ruolo di figura intermedia che permette una comunicazione efficace ed efficienti tra le diverse parti produttivi. Aumentando la comprensione e la cooperazione, aumentano anche produttività e fatturato;
- miglioramento della qualità di vita all’interno dell’azienda: la maggior parte di dipendenti ricevono stimoli legati allo stress sia nel contesto lavorativo che privato. Il ruolo del coaching aziendale è anche quello di pianificare strategia che nel medio-lungo termine migliorino le condizioni psico-fisiche.
Come abbiamo visto insieme per una buona gestione del personale è fondamentale:
- considerare gli aspetti di autonomia, padronanza e scopo come elementi chiave delle esperienze professionali;
- svilupparle attraverso l’ intergenerazionalità, coinvolgendo quindi senior e junior in una direzione univoca;
- incoraggiare sempre di più l’inclusività e la diversità;
- rispettare le opinioni e le esigenze dei dipendenti più giovani;
- creare un luogo di lavoro positivo e fluido.
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