Furano: struttura chimica, reazioni e impieghi
La molecola del furano è conosciuta anche come furfurano dato che fu isolata per la prima volta partendo dalla crusca, in latino fur. Questo sottoprodotto della lavorazione dei cereali, formato dall’involucro esterno dei grani, ne è infatti molto ricco. Lo preparò in laboratorio per la prima volta fu il chimico tedesco Heinrich Limpricht nella seconda metà del 1870.
Da questo composto organico è possibile ricavare olii utili a livello industriale tra cui il furfurale. Non bisogna però scordare che si tratta di una sostanza tossica e potenzialmente cancerogena per l’uomo, almeno secondo quanto risulta da alcuni studi condotti sugli animali.
Di seguito vedremo come ricavarlo e le sue proprietà principali.
La struttura chimica del furano
Partiamo ad analizzare la molecola dalla sua formula bruta, ossia C4H4O. Ha una geometria planare e si tratta di un composto eterociclico aromatico poiché presenta sei elettroni delocalizzati, due dei quali sono forniti dall’atomo di ossigeno. All’interno dell’anello all’ossigeno, che è l’eteroatomo, è assegnato il numero 1 per facilitare il sistema di nomenclatura dei suoi derivati.
Essendoci cinque atomi si nota una disposizione a pentagono, con due carboni adiacenti all’ossigeno e due più distanti. I primi due si indicano con la lettera greca α, gli altri due con la lettera β. la massa molare del furano si può calcolare dalla somma di quelle dei suoi atomi ((12 x 4) + 4 + 16) e risulta pari a circa 68 u.m.a.
Anche se si tratta di un anello aromatico ha un’energia di coniugazione più bassa di quella del benzene. Questo perché la delocalizzazione del sestetto di elettroni è solo parziale e non ha di conseguenze proprietà troppo simili a questo composto. Si presenta piuttosto come un ibrido a metà strada fra le molecole aromatiche e i dieni ciclici, come il ciclopentadiene.
Ciò significa che nel suo caso sono più favorite le reazioni di sostituzione elettrofila aromatica. Essendo però sensibile agli acidi forti altre non sono possibili, come la clorazione o la nitrazione.
Le proprietà del composto aromatico
A temperatura ambiente il furano si presenta come un liquido incolore e con una densità inferiore a quella dell’acqua anche se superiore all’etanolo (0,936). Bolle già a una temperatura di poco più di 31° C e fonde a -85,6 °C, e per questo va conservato in ambienti chiusi dove la temperatura si mantenga stabile. Il punto in cui può prendere fuoco è di soli 35°C.
Questo liquido oleoso non si scioglie facilmente in acqua ma è facilmente solubile in acetone o in etanolo. Ha natura volatile e dall’odore olto forte, come sottolinea la sua natura aromatica. Se mescolato a degli acidi forti polimerizza in una rapida reazione esotermica, mentre se mischiato a delle basi o mantenuto in ambiente neutro risulta stabile.
Non è facile procurarsi una scheda di sicurezza (SDS) del furano perché normalmente lo si conserva nella sua forma più idrogenata. Vale a dire il tetraidrofurano (C4H8O) che ha quattro idrogeni in più. I simboli di rischio chimico associati alla forma base peròsono quello di tossicità sia acuta che a lungo termine, oltre all’indicazione di sostanza estremamente infiammabile.
Quali sono le reazioni del furano
A questo punto una molecola del solvente nucleofilo si lega all’altro carbonio α. Infine questo intermedio di reazioni torna ad essere un composto aromatico aumentando la temperatura, che favorisce il rilascio della molecola nucleofila dall’anello. Al termine si ottiene un 2-bromofurano. Utilizzando un processo particolare è possibile idrogenare l’anello del furano con effetto catalitico.
Per riuscire a ottenere questa reazione c’è bisogno dell’uso del palladio come catalizzatore di reazione. Proprio tramite questo processo si ottiene il composto tetraidruro nominato prima, più stabile della molecola di partenza. Bolle infatti a una temperatura di 65°C e risulta meno tossico per l’organismo anche se rimane un composto facilmente infiammabile.
La molecola C4H4O può svolgere anche la reazione di Fiedel-Crafts. Si tratta di una sostituzione elettrofila dove si sostituisce un carbocatione a un idrogeno dell’anello aromatico. Anche il benzene è in grado di compiere questa reazione, sia nella forma alchilica che in quella acilica. La prima di queste però è svantaggiosa perché il composto finale è più reattivo di quello di partenza.