First Input Delay: ottimizza la velocità di interazione del tuo sito
L’espressione First Input Delay (FID) si potrebbe tradurre letteralmente come “ritardo della prima interazione”. Si tratta infatti di un indicatore che misura la velocità con cui un sito web riesce a caricare la pagina cercata dall’utente a partire dal momento in cui questo clicca sul link. Questo infatti è l’interazione considerata nella definizione del FID.
Per misurare il First Input Delay si utilizzano i millisecond (ms). In genere un valore buono si posiziona al di sotto dei 100 ms ma si considera ancora accettabile un risultato superiore a 100 ms ma inferiore a 300. Sopra questo valore il tempo di risposta è considerato eccessivo e occorre intervenire con dei miglioramenti.
L’importanze del First Input Delay
Minore sarà il FID migliore sarà l’esperienza utente di chi cerca di accedere al sito, più tempo dovrà attendere meno vorrà rivisitarlo. Si tratta di un dogma che le aziende devono tenere presente per il proprio portale online. Davanti a innumerevoli opzioni di siti web è la prima impressione quella che conta e che può fare la differenza.
Naturalmente anche i contenuti della pagina avranno il loro impatto, ma tutto dipende dal tempo di attesa. Se il First Input Delay è troppo alto l’utente frettoloso potrebbe passare a un altro sito senza neanche aspettare che finisca di caricarsi il primo. Il ritardo della pagina rischia di far fuggire un potenziale cliente a monte di tutto il lavoro di grafica.
Riuscire ad abbassare questo tempo di latenza quindi è la chiave della fidelizzazione degli utenti. Bisogna far sì che il First Contentful Paint (FCP) compaia sullo schermo il prima possibile per avere il primo contatto costruttivo con il visitatore del sito. Google stessa considera il FID uno dei Core Web Vitals (segnali web essenziali).
Cosa può influenzare il ritardo nel caricamento?
Una delle circostanze che aumenta il First Input Delay è legata all’elaborazione di un file JavaScript di grandi dimensioni che tiene impegnato il browser. Se questo avviene finché non si sarà completato questo processo non sarà possibile visualizzare nulla sulla pagina che si sta caricando. L’unica è agire a livello di programmazione e fare alcune modifiche.
Ad esempio si può comprimere il codice JavaScript in modo da ridurne i tempi di lavoro. In caso si può anche valutare l’inserimento di un layer che curi l’ottimizzazione tecnica dei tempi di risposta.
In caso ci fosse un’unica task principale la si può suddividere in altri minori che operino fra loro in modo asincrono. L’ideale è prevedere delle task minori che non richiedano più di 50 ms ciascuna, In questo modo il thread principale sarà in grado di rispondere all’utente senza rimanere bloccato allungando il tempo di attesa.
La presenza di codice di terze parti può a sua volta avere un effetto pesante sul First Input Delay. Conviene ridurlo dove possibile anche se lo si è installato per rendere il sito più interattivo con maggiori funzioni. Per capire se è il caso di rimuoverlo si può comunque testare prima l’impatto di questo codice con uno strumento come PageSpeed Insights.
First Input Delay e Total Blocking Time (TBT) a confronto
Il FID si può confondere facilmente con il TBT, in quanto sono molto simili. Si tratta del tempo di blocco totale ossia i millisecondi prima che la pagina possa risultare interattiva rispetto all’utente. Vale a dire i click sulla schermata per aprire tendine o collegamenti. Si tratta di una metrica rilevante che però non fa parte dei Core Web Vitals ed esiste dal 2020.
Un valore ottimale di First Input Delay di solito si accompagna a un basso Total Blocking Time e viceversa. Intervenire per ottimizzare uno dei due quindi ha un effetto positivo anche sull’altro e conviene controllare il tempo richiesto da entrambi. Si considera buono un TBT che non superi i 300 ms ma si considera ancora accettabile se rimane sotto i 600 ms.
Per ridurlo si può ricorrere a file di dimensioni o peso inferiori (es. immagini) all’interno della pagina del sito, oppure riducendone il numero per non intaccarne la qualità. Altrimenti si può intervenire sul numero di richieste effettuate e abbassarlo o ricorrere a una Content Delivery Network (CDN). Usarne una aiuta infatti a trasmettere contenuti in modo più rapido.
Anche per misurare il TBT si può utilizzare PageSpeed Insights, ma sono in grado di fornirne una stima anche Search Console o Chrome User Experience Report.