Esterificazione di Fischer: meccanismo, esempi e prodotti della reazione
Tra le reazioni di chimica organica più studiate abbiamo l’esterificazione di Fischer, che porta appunto alla formazione degli esteri. Si definiscono così le molecole organiche che hanno come struttura generale RCOOR’. Risulta simile a quella degli acidi carbossilici (RCOOH), ma al posto del gruppo idrossilico -OH si trova -OR’.
Anche la nomenclatura risulta molto simile fra queste due categorie di composti organici. Nel caso degli acidi carbossilici si utilizza la desinenza -ico, mentre per gli esteri si usa -ato. La loro sintesi consente a livello industriale di produrre i poliesteri, usati come materie plastiche. Quelli con peso molecolare più basso invece hanno proprietà aromatiche e si usano come essenze.
Come funziona l’esterificazione di Fischer
In questo processo reagiscono fra di loro un acido carbossilico (-COOH) e un alcol (R’OH) in un ambiente con pH acido. Proprio per questo si dice che si tratta di una reazione acido-catalizzata: più è forte l’acido, più veloce procederà la formazione dell’estere. Di solito si ricorre infatti a un acido forte, come l’acido solforico (H2SO4). Nella reazione oltre a un estere si forma una molecola d’acqua (H2O).
Possiamo scrivere la formula di questo processo prendendo come esempio l’acido acetico e l’etanolo. Otteniamo perciò CH3COOH + EtOH <=> CH3COOEt + H2O. La doppia freccia indica che l’esterificazione di Fischer è una reazione reversibile, ma per favorirla occorre spostare l’equilibrio a destra usando in eccesso uno dei reagenti. In caso di ingombro sterico il processo può subire dei limiti.
L’acqua della reazione si forma dalla condensazione fra il gruppo OH dell’acido e l’idrogeno presente nel gruppo idrossilico dell’alcol. Rimuovere l’acqua man mano che il processo continua aiuta a favorire la formazione dell’estere, così come aumentare la quantità di alcol presente. Per togliere l’acqua si utilizza uno strumento chiamato trappola di Dean-Stark.
Qual è classificazione degli esteri
Dopo aver parlato di come sintetizzare queste molecole con l’esterificazione di Fischer, vediamo le loro caratteristiche. Non sono né acidi né alcoli e dunque in soluzione non si comportano né come acidi né come basi. Non ha temperature di fusione o di ebollizione troppo elevate, ma simili a quelli dei chetoni e delle aldeidi. Naturalmente questa varia in base al peso molecolare del composto.
Possiamo distinguere tre classi principali di esteri. La prima comprende quelli con la catena più piccola e con peso molecolare più basso (sotto i 10 atomi di carbonio). Li chiamiamo esteri di frutta e hanno una fragranza gradevole, profumata. Un esempio è l’acetato di metile, che si trova nella polpa delle pere e delle mele, oltre che di alcuni frutti di bosco.
Dopo questi, facili da sintetizzare con l’esterificazione di Fischer anche in modo artificiale, abbiamo la classi delle cere. Qui la lunghezza della catena di atomi di carbono supera i 10 atomi e può arrivare anche fino a 30. Ne esistono sia di origine artificiale che naturale, e fra queste ultime possiamo ricordare il palmitato di miricile, presente nella cera d’api.
Alla classe degli esteri appartengono anche i trigliceridi e i fosfolipidi. I primi sono esteri di acidi grassi a catena lunga, ottenuti dalla condensazione fra il glicerolo e degli acidi grassi. La struttura dei fosfolipidi è molto simile a quella dei trigliceridi, ma presentano in più un gruppo fosfato.
Esempi di esterificazione di Fischer
Oltre all’H2SO4 come catalizzatore per l’esterificazione di Fischer si usa spesso anche l’acido paratoluensolforico, abbreviato con la dicitura p – TosOH. Per la reazione che unisce in un estere l’acido ippurico e il cicloesanolo porta a una resa del 95%. Questo è possibile anche grazie all’utilizzo anche della trappola di Dean-Stark, che permette di rimuovere l’acqua che si forma. Per togliere il solvente invece si usa un evaporatore rotante (detto Rotavapor).
Sempre il p – TosOH si usa nella procedura che fa reagire l’acido d-tartarico e il benzilalcol, dove al termine occorre far precipitare il prodotto usando isoottano. Infine un altro catalizzatore che torna utile per questo tipo di reazione è il trifluoruro di boro (BF3), un gas incolore, dall’odore pungente e che è tossico se inalato. Ma è anche un acido di Lewis, molto usato nell’industria.
Un esempio di procedura che sfrutta il BF3 è l’esterificazione che sfrutta un acido carbossilico derivato dalla prolina e il metanolo anidro. Il trifluoruro si aggiunge alla miscela mentre questa è sottoposta ad agitazione, dopodiché la si riscalda per favorire la reazione.