L'effetto Zeigarnik, dalla psicologia al marketing
L’effetto Zeigarnik è la tendenza a ricordare compiti e azioni incompiute o interrotte con maggior facilità di quelle completate.
Scoperto a Berlino nel 1927 grazie agli studi della psicologa Bluma Zeigarnik e del suo maestro Kurt Lewin. Un giorno i due psicologi si soffermarono sulla capacità dei camerieri di ricordare tutte le ordinazioni senza prendere appunti.
L’ipotesi di Zeigarnik e Lewin, oggetto di studi e ricerche sperimentali, si basava sullo svuotamento della memoria per lasciare spazio a nuove informazioni appena concluso il compito precedente.
Analizziamo insieme il fenomeno al meglio e le sue applicazioni nel marketing contemporaneo!
Indice
Effetto Zeigarnik: che cos’è
L’effetto Zeigarnik è uno stato mentale di tensione causato da un compito iniziato ma non portato a termine, interrotto a metà o lasciato incompiuto.
Questo fenomeno dimostra che la mente umana mostra maggior facilità nel continuare un’azione già cominciata e portarla a termine, piuttosto che affrontare un nuovo compito.
Nell’effettivo, quando si incomincia qualcosa nasce in contemporanea la motivazione per portare a termine il progetto. Se l’attività viene interrotta, questa sensazione resta insoddisfatta. Di conseguenza, l’effetto della motivazione fissa il compito interrotto nella memoria meglio e più profondamente di un’attività completata.
Se ciò non avviene la mente manifesta una strana sensazione di mancanza, cercando di avvertirci che una precedente attività è stata lasciata incompleta.
L’effetto Zeigarnik prende il nome da uno studio condotto negli anni 20 da Bluma Zeigarnik. La psicologa decise di analizzare il talento dei camerieri, in grado di ricordare tutte le ordinazioni senza prendere appunti. Osservandone il comportamento notò che, dopo aver portato ogni ordine al tavolo, lo cancellavano immediatamente dalla memoria.
Zeigarnik introdusse come ipotesi che:
- la memoria venga svuotata per fare spazio a nuove informazioni appena il compito precedente viene portato a termine;
- il compito non portato a termine crea una tensione psichica che induce a completare l’attività impedendo alla mente di concentrarsi in altri processi cognitivi;
- il bisogno di chiusura cognitiva è così forte da indirizzare verso il completamento del compito iniziato e non portato a termine.
L’applicazione dell’Effetto Zeigarnik al marketing
Per fare marketing in maniera ottimale è necessario trovare un equilibrio tra obiettivi, dati, psicologia e persone.
Infatti, comprendere come pensieri, sensazioni e comportamenti influiscono sulle scelte, può:
- migliorare la competitività delle imprese;
- ottimizzare le azioni e strategie di marketing;
- stimolare gli acquisti;
- conoscere meglio clienti e potenziali clienti;
- migliorare le interazioni.
Come abbiamo analizzato finora, l’effetto Zeigarnik dimostra che le azioni iniziate e non terminate, vengono ricordate con maggior facilità.
Il cervello umano è programmato per compiere azioni e, quando esse restano incompiute, non rilascia la sensazione di appagamento.
Applicare questo fenomeno al marketing significa incentivare la sensazione di mancanza ed incompletezza associata a:
- prodotto/servizio;
- uno specifico evento;
- il brand di riferimento.
Di conseguenza, il disegno strategico delle campagne di storytelling, deve spezzare il racconto per coinvolgere di più le persone.
L’effetto può essere utilizzato per influenzare il comportamento dei consumatori e aumentare la memorabilità del messaggio di marketing. Attraverso esso si possono sviluppare strategie più efficaci per attirare l’attenzione dei consumatori e creare una connessione emotiva con il nostro brand.
Se il racconto aziendale è ben strutturato strategicamente, lo strumento permette di:
- aumentare il legame tra cliente e azienda;
- far nascere nel consumatore sensazione di empatia verso il brand;
- aumentare la consapevolezza che ogni azienda è composta di persone che interagiscono con altre persone.
Per influenzare il comportamento delle persone è necessario:
- usare criterio;
- applicare le migliori pratiche della scienza comportamentale;
- misurare l’impatto delle azioni.
Il rapporto tra psicologia e marketing
Come abbiamo accennato precedentemente, il legame tra psicologia e marketing può essere decisivo per il funzionamento di un brand.
Senza metodo, infatti, i rischi di insuccesso di una campagna di marketing sono molto alti e possono provocare:
- effetto boomerang: comunicazione persuasiva che si ritorce contro chi l’aveva ideata in quanto l’effetto risulta diverso o opposto a quello desiderato. Questo fenomeno mina il marketing e il successo dei messaggi progettati per influenzare le persone;
- paradosso della scelta: avere più scelte permette alle persone la possibilità di sentirsi più liberi, autonomi e con maggior controllo. D’altro lato, però, quando il numero di scelte è troppo alto, il cervello si satura rendendo le aspettative sulla scelta molto alte. Di conseguenza, l’atto della scelta determina un impatto negativo e sensazioni di disagio e infelicità. Questa teoria, elaborata dallo psicologo Barry Schwartz, permette di individuare e risolvere alcuni problemi nel marketing aziendale. Esse, infatti, spesso saturano i potenziali clienti con una quantità di informazioni troppo alta che li porta ad abbandonare il compimento delle azioni;
- avversione alla perdita: il dolore che si sente quando si perde è due volte più potente del piacere sentito quando si guadagna. Il bias cognitivo comprovato dallo lo psicologo Daniel Kahneman, è molto importante ove incrociato con i pain points dei potenziali clienti. Questo fenomeno comporta un miglioramento di azioni e campagne di marketing grazie all’enfatizzazione di questa sensazione.
Il fenomeno in altri contesti
L’effetto Zeigarnik non è applicabile solo al marketing ma anche ad altri contesti. Tra questi:
- organizzazione delle lezioni universitarie: il metodo consiste nell’iniziare ogni lezione ponendo agli studenti una problematica e pochi dettagli d’indizio alla risoluzione. Gli studenti sono portati a riflettere e ad unire tutte le informazioni in possesso fino ad arrivare ad una soluzione del caso. Tramite questo meccanismo gli allievi si ricordano meglio il contenuto della lezione e comprendono il messaggio nella sua totalità;
- TV e Netflix: la necessità di concludere un episodio di una serie TV per sapere come prosegue il racconto, genera il bingewatching. Questo effetto è provocato da un espediente narrativo chiamato cliffhanger, applicato nel finale di episodi o di stagione, per fidelizzare gli spettatori. Consiste nell’interrompere il racconto nel momento emotivamente più carico, lasciando con un punto interrogativo. La conclusione è una rivelazione sconvolgente o una brusca interruzione che scatena il bisogno di conoscere il continuo;
- Instagram: per raccontare qualcosa alla propria audience, la strategia ottimale è spezzare il contenuto in diversi stories. In questo modo si crea suspense e ciò spinge i follower a visionare la storia successiva.
In definitiva lo storytelling parte da un punto focale ad alto impatto emotivo e disorienta l’utente omettendo parti fondamentali del percorso. La mancanza di dettagli attiva l’effetto Zeigarnik che mantiene mentalmente attivi e desiderosi di arrivare alla soluzione.
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