Il governo sta già lavorando per garantire un rientro a scuola in sicurezza per il prossimo anno, a partire da settembre . Si tratta di una sfida impegnativa che presenta diversi ostacoli, tra cui il problema delle classi pollaio, ovvero quelle con più di 26 alunni.
Stop alle classi pollaio
In vista di un periodo di convivenza con il Coronavirus, non è più possibile avere un numero elevato di alunni in aula, anzi bisognerà dimezzarlo e orientarsi intorno ai 12 – 14 alunni per classe.
Solo in questo modo sarebbe possibile mantenere un distanziamento fisico tra i banchi di un metro e mezzo ed evitare gli assembramenti in entrata e uscita, in tutti gli spazi didattici.
La soluzione prevista dal governo è garantire una didattica mista su rotazione, con gruppi più piccoli di alunni nelle classi e nelle aule universitarie, da integrare con didattica a distanza per gli altri.
Classi pollaio: le criticità
Le problematiche delle classi pollaio sono già stata esaminate in precedenza. La soluzione migliore è l’abolizione di questa soluzione, ma è possibile farlo solo attraverso un provvedimento del Parlamento.
La stessa Lucia Azzolina, attuale ministro dell’istruzione, aveva presentato una proposta di legge per superare le classi pollaio ed eliminare le deroghe sul numero massimo di alunni. Il provvedimento si riallacciai al decreto del Presidente della Repubblica del 2009 che prevedeva un tetto massimo di 22 iscritti nelle prime classi di ogni ordine e grado, 20 se sono presenti studenti con disabilità.
La panoramica italiana
La realtà finora è stata molto diversa con circa 20 mila classi con più di 30 alunni, secondo i dati raccolti dall’Associazione nazionale insegnanti e formatori (Anief). In media ogni istituto autonomo presenta tre classi con un numero di iscritti maggiore.
Eliminare le classi pollaio sarebbe la misura migliore per migliorare la didattica. Avere troppi alunni rende molto più complesso da gestire il lavoro degli insegnanti e spesso si riducono gli studenti a meri numeri.