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Citoscheletro: struttura e funzioni essenziali per lo studio della biologia cellulare

Citoscheletro: struttura e funzioni essenziali per lo studio della biologia cellulare

citoscheletro
  • Nausicaa Tecchio
  • 20 Aprile 2025
  • Consigli per lo studio
  • 4 minuti
  • 22 Aprile 2025

Struttura e funzioni essenziali del citoscheletro

All’interno di tutte le cellule eucarioti troviamo il citoscheletro, termine che tradotto letteralmente significa “scheletro della cellula”. Negli anni ’90 questo elemento è stata identificata anche nelle cellule procarioti, nonostante prima si credesse che ne fossero prive. La sua funzione prevalente è quella di dare sostegno e forma alla cellula, ma non è l’unica.

Pur se microscopica non si tratta di una struttura semplice. Grazie alla tecniche di immunofluorescenza e l’ausilio di anticorpi marcati si è riusciti a scoprire che lo scheletro cellulare è composto da tre tipologie di strutture filamentose, diverse sia per diametro che per organizzazione. Di seguito ne vedremo la composizione e le funzioni principali. 

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Le tre strutture del citoscheletro 

Lo scheletro cellulare appare come una rete tridimensionale che si dirama per tutta la cellula. Per comporla troviamo tre strutture diverse che si intrecciano, molto diverse tra loro sia a livello di composizione molecolare che per forma. Oltre che fra di loro prendono contatto con la membrana che protegge il nucleo e con la membrana plasmatica. 

La prima di queste strutture dall’aspetto filamentoso è composta da una proteina che conosciamo perché presente all’interno dei sarcomeri dei muscoli. Stiamo parlando dell’actina, un peptide che ha forma sferica e diametro di 7 nm. Nella forma monomerica è la G-actina, ma quando più unità si legano fra di loro formando i microfilamenti si parla di F-actina. 

Molto più spessi in termini di diametro nonché parte della più grande delle tre strutture sono i microtubuli. Sono formati da due proteine diverse, ovvero la α-tubulina e la β-tubulina, sempre di aspetto sferico che però si uniscono fra loro formando un eterodimero. Dopodiché l’ α/β tubulina che risulta si assembla creando una struttura cilindrica cava all’interno. 

Rimangono da definire i filamenti intermedi, di diametro simile ai microfilamenti perché varia fra gli 8 e i 12 nm. Hanno un aspetto fibroso e non presentano proteine globulari come le due strutture viste in precedenza. Sono invece costituite da proteine con dominio a bastoncello, molto variegate fra di loro.

I microfilamenti, struttura flessibile e contrattile 

Al microscopio ottico per colorare questa parte del citoscheletro si utilizzano anticorpi anti-actina che li fanno apparire di un rosso intenso. Ogni microfilamento appare come una doppia elica che si assembla a partire da centri di nucleazione dove ci sono actina, ATP e ioni magnesio (Mg2+). L’elica forma un avvitamento ogni 70 nm, quindi ogni 10 molecole di G-actina. 

La stabilità dei microfilamenti è regolata dalle ABP (Actine Binding Protein), la cui attività è a sua volta modulata dalla concentrazione di calcio presente nella cellula. Le ABP hanno un doppio ruolo: possono sia permettere la polimerizzazione dell’actina che tagliare o smontare un microfilamento in base alle necessità cellulari. 

Questa componente del citoscheletro è la più elastica oltre a essere dotata di attività contrattile. Grazie a questa capacità consentono alle cellule di compiere degli spostamenti, ossia i movimenti ameboidi. Si generano facendo fluire il citoplasma in un punto della cellula e creando un prolungamento nella direzione verso cui spostarsi. 

Sempre i microfilamenti però hanno un ruolo rilevante anche nel processo della divisione cellulare della mitosi. Contribuiscono a formare  la struttura ad anello che precede la comparsa del solco di scissione, dove la cellula madre si separa per dare vita alle cellule figlie. 

Il citoscheletro rigido dei microtubuli 

Si tratta di filamenti formati da eterodimeri disposti sempre con lo stesso orientamento. Oltre alle due forme di tubulina nominate in precedenza però nella cellula possiamo trovarne anche un terzo tipo, la γ-tubulina, che aiuta nella polimerizzazione dei microtubuli. Questa comincia dalla nucleazione, ossia dall’unione degli eterodimeri formando catene lineari dette protofilamenti.  
 

Il cilindro finale che sarà il microtubulo vero e proprio è il risultato dell’unione di 13 protofilamenti che formano una cavità circolare. Possono essere singoli, o unirsi formando  doppiette e triplette, dove però un solo microtubulo ha 13 protofilamenti e gli altri 10 o 11. Il loro assemblamento è mediato dalle MAP (Microtuble Associated Proteins).

Non si tratta di strutture stabili e fisse, ma vengono continuamente assemblate e disassemblate a partire dal Centro Organizzatore dei Microtubuli (MTOC). Qui troviamo i centrioli e i corpi centriolari, dove c’è la γ-tubulina nominata prima. La polimerizzazione è inibita dalla presenza di ioni calcio mentre è promossa dagli ioni magnesio e dal GTP. 

Una volta assemblata questa componente del citoscheletro risulta rigida e resistente alla compressione. In questo modo può dirigere i movimenti dei cromosomi durante la meiosi e la mitosi, quando si posizionano prima al centro e poi ai poli opposti della cellula in divisione. 

Il ruolo dei filamenti intermedi

L’ultima componente del citoscheletro da analizzare è costituita dai filamenti intermedi. A differenza dei due precedenti sono composti da proteine non globulari ma filamentose α-elicoidali, che possono variare fra le cellule a seconda del tipo di tessuto di cui fanno parte. Inoltre mancano in alcuni eucarioti, perché per esempio le cellule fungine ne sono sprovviste. 
 
Le proteine dei filamenti intermedi hanno nella loro struttura un dominio a bastoncello coiled-coil parallelo alle due α-eliche dove troviamo sette amminoacidi ripetuti. Alcuni di questi danno luogo a interazioni idrofobiche fra le eliche dando stabilità al filamento. Finora basandosi sulle sequenze amminoacidiche i biologi hanno identificato 65 diverse proteine. 
 
L’assemblaggio dei filamenti intermedi prevede prima la formazione di omo o eterodimeri, dopodiché con l’unione sfalsata e antiparallela di due dimeri si forma un tetramero. La successiva aggregazione dei tetrameri compone dei protofilamenti che si uniscono in protofibrille, le unità funzionali del filamento intermedio.ù
 
Il ruolo fondamentale di questa componente del citoscheletro è dare resistenza meccanica alle cellule. Non a caso le proteine dei filamenti intermedi rappresentano un terzo della componente proteica delle cellule epiteliali (cheratine, desmine). Oltre ad essere resistenti alle sollecitazione meccaniche queste proteine risultano insolubili in diversi ambienti, e si denaturano solo se esposte ad urea.
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