Buzz Marketing: cos'è e perché è importante per innestare il passaparola
Una delle sfumature meno note che può assumere la promozione di un brand è il Buzz marketing. La parola “buzz” viene usata in inglese per indicare un rumore di sottofondo o più comunemente le chiacchiere. Vale a dire le voci che si diffondono tramite passaparola spontaneo fra le persone, come avviene per il gossip.
Nonostante la denominazione come sempre ci sono anche qui delle strategie per poter indirizzare questa forma di marketing.
Il Buzz marketing: una base virale
Si tratta essenzialmente di una sfumatura di quello che normalmente viene citato come viral marketing. Non si tratta esattamente di una forma convenzionale di promozione visto che gli agenti sono i clienti stessi e non l’azienda. Tuttavia si è più volte dimostrato efficace come sistema di affiancamento alle campagne vere e proprie.
Il Buzz marketing parte da delle idee e da annunci in grado di “infettare” un determinato target di persone che diventino promotori inconsapevoli. Questi concetti per diventare virali devono riuscire ad attecchire in breve tempo ed essere immediati per la comprensione. Esistono dei criteri specifici per creare tali contenuti che è bene conoscere.
A dare le basi al buzz marketing è il fatto se il pubblico può fidarsi o meno di un brand ha sempre una cerchia di fiducia. Con le chiacchiere, il buzz appunto, l’azienda riesce a invadere anche questa sfera privata della sua clientela. Gli amici o i parenti stretti come fratelli e cugini sono i consiglieri preferiti anche per i prodotti da acquistare.
Un esempio del potere che può avere questa sfumatura di marketing la si può osservare, anche se in negativo, con le società di MLM. Questo acronimo sta per multi-level marketing e un esempio è la ben nota Herbalife. Questo tipo di compagnie fattura proprio grazie alle voci che girano fra i contatti personali dei collaboratori
Caratteristiche adatte al buzz
Per costruire dei contenuti e delle idee adatte al Buzz marketing a volte serve davvero un accurato studio a livello di promozione del brand. Prima di tutto occorre che si tratti di idee “fresche“, innovative e diverse dalle proposte della concorrenza. Un concetto troppo simile a un altro brand metterebbe anzi questo primo piano a discapito del proprio.
Non basta questo naturalmente. Un altro aspetto essenziale per innescare il passaparola è l’attualità. C’è una leggera sfumatura infatti tra idea fresca e attuale. Una novità per quanto interessante può apparire inutile nel contesto errato. Inserire invece quella che pare una soluzione a un tema caldo è perfetto per una rapida diffusione.
Il Buzz marketing però basandosi sulle chiacchiere deve scegliere contenuti facili da capire e da condividere. Si parla solitamente di shareability , della capacitò di innescare un dibattito in parole povere. Per ottimizzare questo aspetto è meglio affidarsi alle immagini, ben costruite per veicolare un messaggio o una sensazione positiva.
Infine dietro alle chiacchiere deve sempre esserci un aneddoto rilevante, una storia ben costruita. Un fatto vero particolarmente rilevante o quantomeno un evento verosimile che sia legato al brand. Senza una bella storia da raccontare è difficile innestare una chiacchiera virale che serva allo scopo.
L’aspetto controverso del Buzz marketing
Le aziende possono influenzare il Buzz marketing ma a sua volta può ritrovarsi coinvolta in un fenomeno simile senza averlo desiderato. Si tratta perciò anche di avere il giusto tempismo di azione quando si finisce nelle chiacchiere diffuse, sui social o sui giornali. Quindi coinvolgere dei personaggi scelti ad hoc può essere davvero di aiuto.
Di chi si tratta? Chiaramente degli influencer, dato che sono molti che possono raggiungere anche milioni di persone con un solo post accorciando i tempi del passaparola. Se si sta diffondendo una voce indesiderata insomma è possibile intercettarla in corsa affidandosi a queste figure.
Come appena detto però il viral marketing (e non buzz marketing in questo caso) presenta sempre anche l’altra faccia della medaglia. Vale a dire che se un brand si dovesse affidare ad un influencer che poi risulti a sua volta coinvolto in uno scandalo ci andrebbe facilmente di mezzo a sua volta. Lo stesso vale per quando ci si affida a degli opinion leader.