Le proprietà e gli usi della bachelite
Tra le resine fenoliche una delle più conosciute è la bachelite, che si annovera fra le prime plastiche sintetiche mai sviluppate. A svilupparla fu il chimico Leo Baekeland nel 1906, da cui la sostanza prese il nome. Per realizzarla combinò fenolo e formaldeide, e dopo averla brevettata ne avviò la produzione di massa nel 1910.
Proprio per questo brevetto Leo Baekeland, di origine belga, è considerato oggi uno dei personaggi più influenti del XX secolo. La sua resina iniziò presto a essere utilizzata su larga scala per elementi elettrotecnici, come parti di apparecchiature o gli interruttori. L’utilizzo di questo materiale iniziò a scemare solo verso gli anni ’60.
Come si realizza la bachelite
La reazione che produce questa resina è la policondensazione di monomeri di fenolo e formaldeide. Il primo è un derivato del benzene, e consiste in un’anello aromatico a cui si trova legato un gruppo ossidrile (-OH). La sua formula bruta è C6H5OH e si può preparare in più modi. Uno dei più comuni è facendo reagire acido benzensolforico con idrossido di sodio (NaOH).
In alternativa il fenolo si può preparare anche attraverso l’idrolisi dei sali di diazonio, ovvero un anello benzenico con legati due atomi di azoto. Dopo averli fatti reagire con una molecola d’acqua si può passare il prodotto in acido solforico per ottenere il fenolo. Ma per ottenere la bachelite serve anche la formaldeide, un composto facile da preparare anche in un semplice laboratorio.
Il primo metodo per produrla, che poi fu anche quello usato da Baekeland, fu quello di far passare metanolo vaporizzato su un filo di platino incandescente. A livello industriale invece si utilizza il processo Formox, che fa reagire metanolo e ossigeno a una temperatura compresa fra i 250° e i 400° C, in presenza di ossido di ferro,
Durante la policondensazione un fenolo si attacca al gruppo carbonilico della formaldeide (-C=O) e da questo contatto si libera una molecola d’acqua. Più reazioni di questo tipo creano la struttura reticolare tipica di questa resina, che le conferisce resistenza ed elasticità.
Le proprietà di questo materiale
La bachelite si definisce come una resina termoindurente, che se riscaldata si ammorbidisce diventando malleabile. Questo consente di inserirla all’interno di appositi stampi per plasmarla secondo la forma desiderata. Per effetto del raffreddamento il polimero si indurisce una volta estratto dallo stampo. In più la struttura reticolare che si forma gli permette di resistere a un nuovo riscaldamento senza fondere.
Il materiale risulta anche molto duro in superficie, difficile da penetrare con una punta metallica e anche da deformare. Oltre a resistere bene al riscaldamento questa resina ha anche una bassa infiammabilità, risultando sicura in caso di incendio perché non avrebbe propagato le fiamme. Risulta anche un pessimo conduttore di corrente e quindi perfetta per interruttori e rivestimenti di parti sottoposte a tensione.
All’aspetto la bachelite si presenta come una specie di plastica di colore molto scuro, lucida e leggera. Una volta che si iniziò a produrla a livello industriale i chimici riuscirono a produrla anche in versione trasparente. Questo consentì altri utilizzi possibili, tra cui la realizzazione di penne stilografiche da parte di due aziende, la Dunn e la Pelikan.
La flessibilità di questa resina è bassissima, quindi una volta raffreddata rimane rigida. Durante la seconda guerra mondiale proprio per questa resistenza alle sollecitazioni la si impiegò per esempio per le lenti degli occhiali dei piloti. Ci realizzarono anche i gusci dei telefoni da campo e alcune parti delle divise.
Gli utilizzi più peculiari della bachelite
In particolare tra i pionieri ci fu Coco Chanel, che decise di introdurla in alcuni gioielli, o meglio bijoux come preferiva chiamarli. Fece realizzare un bracciale (manchette) in bachelite, imprimendoci sopra il classico logo.
Dopo di lei anche Céline Vipiana, fondatrice della casa di moda francese che porta il suo nome, decise di sperimentare questa resina per una spilla. Si tratta di un ovale allungato di colore scuro decorato con delle stelle in strass. Alla fine degli anni ’90 questo materiale fu usato anche dal brand Mark Davis per ottenere dei vistosi orecchini.
A presagire il vasto utilizzo che avrebbe trovato la plastica per i giochi a partire dal 1933 la bachelite iniziò ad essere impiegata per un set da costruzioni. Si chiamava “Bayko” e si trattava di un modellino di una casa da realizzare a incastro, prodotta dalla Plimpton Engineering. Nello stesso periodo la resina spopolò sui tavoli da gioco, perché venne usata per le fiches da poker.
Prima realizzate in terracotta, grazie a questo materiale divennero più sottili e leggere, oltre che molto più resistenti ed economici. Ogni casinò realizzava le proprie, in modo da evitare che qualcuno ne portasse da fuori sperando di incassarle.