Autolesionismo: cos'è, come si manifesta e come uscirne
L’autolesionismo è un disturbo psicologico che porta chi ne soffre a praticarsi ferite o lesioni. Una bruciatura con la sigaretta, un taglio con lamette o punture con altri oggetti…è frequente negli adolescenti. Alcuni lo associano al movimento giovanile conosciuto come emo, ma si tratta in realtà di un segnale evidente di profondo stress o peggio.
Come comportarsi di fronte ad una persona che si fa del male? I consigli sono tanti e non per forza bisogna ricorrere ai farmaci.
Quali comportamenti sono considerati autolesionismo?
Un disturbo psicologico, ma con segnali fisici evidenti. Non per forza sfocia nel suicidio, ma i danni che la persona si procura possono anche portare alla necessità di ricovero. Non si tratta sempre della lametta che nell’immaginario comune è il mezzo preferito per infliggersi dolore. Vero però che tagli e graffi sulla pelle sono uno dei metodi più comuni per procurarsi dolore. Con schegge o aghi, persino con le stesse unghie conficcate nel palmo della mano.
Rientrano nell’autolesionismo anche l‘assunzione di farmaci con il preciso intento di procurarsi sofferenza. Lo stesso vale per l’alcool, quando si beve apposta per arrivare alla soglia del vomito. Correlati a questo disturbo possono insorgere comportamenti alimentari dannosi quali anoressia (mancata ingestione di cibo) o bulimia (ingozzarsi per poi rigettare il cibo). Esistono anche soggetti che assumono prodotti chimici dannosi, come quelli per la pulizia.
Possibili cause
L’autolesionismo è considerato come un segnale evidente di profondo stress emotivo, senso di colpa anche immotivato o situazioni di vita di pressione e disagio. Una causa preponderante è il trauma emotivo, che può derivare da una moltitudine di circostanze. La morte di una persona cara, di cui la persona anche senza motivo finisce per prendersi la responsabilità. Anche un aborto spontaneo insorto per complicanze può lasciare un profondo segno sui genitori, soprattutto sulla madre.
Non da meno sono però i traumi fisici. Si può pensare ad abusi sessuali vissuti in tenera età, o incidenti gravi (caduta, scontro fra auto). Si pensa spesso agli stupri perché in seguito l’individuo si sente umiliato o colpevole e finisce con l’arrivare all’autolesionismo per “ripulirsi” dalla colpa.
Anche un senso di inadeguatezza può spingere a ferirsi. Problemi nei rapporti con la famiglia o la socializzazione in ambiente scolastico e lavorativo. Sentendosi trascurata e ignorata la persona sente di sbagliare qualcosa e si punisce per questo. Il dolore diventa un sollievo, un sentirsi meglio perché meno colpevoli.
Che sintomi cercare?
La risposta appare scontata: cercare i segni visibili dell’autolesionismo sulla pelle della persona. Le zone dove chi ha questo disturbo tende ad infierire di più sono i polsi e gli arti, raramente il viso proprio per non farlo notare troppo. Anzi, spesso la persona tende a coprire tali zone a dispetto del caldo per celare il problema, rifiutandosi di scoprirsi.
Quando il disturbo si allarga alla sfera alimentare diventa evidente un dimagrimento, che si cerca di nascondere con indumenti larghi. Chi è autolesionista tende anche a non apprezzarsi e a parlare con tono fortemente critico di sé stesso. Spesso può tirarsi indietro davanti a compiti semplici, sicuro di fallire, e isolarsi progressivamente dalla propria cerchia.
L’isolamento nell’autolesionismo è sempre legato alla vergogna per ciò che si fa a sé stessi e la paura del giudizio altrui. L’intenzione di praticarsi ferite o danni non è continua, ma culmina in situazioni “picco”.
Anche se come specificato non è detto e anzi è raro che chi si autoinfligge dolore voglia compiere un gesto estremo, non si può escludere la probabilità di conseguenze letali. Specialmente nei casi in cui l’individuo ricorre a sostanze tossiche o farmaci è facile assumere accidentalmente una dose letale.
Trattamento con la psicoterapia
Se la cura familiare non è possibile per conflitto di interessi o altri motivi, c’è la carta della terapia di gruppo. Aprirsi con chi presenta gli stessi disagi e pensieri può aiutare ad essere sinceri con sé stessi e far sentire meno soli.
Terapia farmacologica e alternative
Non esistono medicine prodotte specificamente per l’autolesionismo, la loro somministrazione avviene soprattutto quando il disturbo è correlato alla depressione. Lo specialista prescrive dunque in alcuni casi antidepressivi o farmaci per l’ansia. Si può arrivare alla somministrazione di tranquillanti, che però di solito sono forniti sono dopo il ricovero in strutture specializzate.