Le caratteristiche degli archaea
La classificazione sistematica dei viventi non comprendeva gli Archaea fino al 1977, ma soltanto i Procarioti e gli Eucarioti. A identificare questi microorganismi per la prima volta fu il biologo statunitense Carl Woese mentre insegnava all’Università dell’Illinois – Urbana-Champaign. Le sue scoperte furono una vera e propria rivoluzione nella rappresentazione dello schema noto come albero della vita.
Dopo il 1977 inizialmente i raggruppamenti tassonomici diventarono sei (chiamati regni) e successivamente tre a partire dal 1990 (definiti domini). Vale a dire i Bacteri, gli Eucarioti e gli Archeobatteri, suddivisi sulla base delle analisi filogenetiche, ovvero della somiglianza a livello di materiale genetico.
Cosa sono gli Archaea
Data la loro somiglianza con le cellule procarioti inizialmente queste forme di vita inizialmente erano comprese all’interno di questo dominio. Hanno dimensioni molto simili e come i batteri non presentano un nucleo distinto e separato dal citoplasma. Al loro interno non distinguiamo neanche organuli citoplasmatici simili a quelli degli eucarioti, ma hanno una peculiarità a livello della membrana cellulare.
Analizzando la parete cellulare di questi microorganismi si può infatti notare l’assenza di peptidoglicano, un polimero costituito da zuccheri e amminoacidi. Gli Archaea presentano invece lo pseudopeptidoglicano (detto anche pseudomureina) che presenta delle differenze strutturali ben precise. Per esempio al posto dell’acido meso-diamminopimelico la pseudomureina presenta la lisina.
Tutte le forme D degli amminoacidi del peptidoglicano sono sostituite dalla forma L nello pseudopeptidoglicano, e i legami beta sono del tipo 1-4 anziché 1-3. Alcuni dei microorganismi che appartengono a questo dominio possono avere composizione della parete diversa a seconda delle condizioni in cui vivono. Quelli che si trovano in ambienti ipersalini, per esempio.
Anche a livello della membrana cellulare gli archeobatteri presentano delle caratteristiche che li distinguono dal gruppo dei Procarioti. Inoltre al posto del D-glicerolo presentano la forma L di questa molecola organica. Nei batteri gli acidi grassi della membrana sono unite al glicerolo con legami esterici, negli archeobatteri ci sono legami di tipo etere.
La classificazione del nuovo dominio
All’interno del gruppo degli Archaea si distinguono tre phyla principali, che vediamo di seguito:
- Gli Euryarchaeota, ovvero il phylum che comprende il maggior numero di specie. Al loro interno troviamo le specie metanogene (anerobi che producono metano), alcuni organismi marini e estremofili come gli alofili e gli ipertermofili. Quindi archeobatteri che sorpavvivono in condizioni di alta salinità e di temperature elevate.
- I Korarchaeota detti anche Xenarchaeota. La prima specie individuata di questo phylum fu Korarchaeum crypotfilum, individuato all’interno delle sorgenti calde del parco di Yellowstone. Si crede che questo ramo degli Archaea si sia distanziato fagli altri due phyla in tempi antichi e quindi sia più simile all’antenato comune di questo dominio.
- I Crenarchaeota, un phylum che comprende soprattutto microorganismi che vivono negli oceani e nel dettaglio vicino ai vulcani sottomarini. Il primo archeonatterio isolato di questo gruppo fu Sulfolobus solfataricus, un termoacidofilo che prospera vicino a sorgenti acide e calde. Necessita infatti di un pH che oscilla nel range di valori 2 e 3.
Gli Archaea, organismi estremofili
Abbiamo nominato in precedenza una specie appartenente al gruppo degli Archaea che sopravvive a pH molto acido, ma non mancano gli organismi alcalofili. Si tratta di archeobatteri che possono vivere in ambienti dove il pH varia in un range di valore che va da 8,5 a 11. Sono condizioni che possiamo trovare all’interno dei laghi sodici o nei suoli fortemente alcalini.