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Amico immaginario: cos’è, le sue funzioni e diffusione in età adulta

Amico immaginario: cos’è, le sue funzioni e diffusione in età adulta

amico immaginario fenomeno diffuso non solo tra bambini
  • Nausicaa Tecchio
  • 8 Aprile 2022
  • Guide
  • 4 minuti
  • 12 Luglio 2022

Amico immaginario: cos'è, le sue funzioni e diffusione in età adulta

Solo chi lo desidera può vederlo: è l’amico immaginario. Un personaggio dei cartoni, un disegno fatto scarabocchiando sul quaderno… i bambini ne inventano tanti. Si tratta di un fenomeno comune, soprattutto tra i bambini che desiderano un compagno di giochi. Prima di iniziare la scuola, o perché sono spesso soli molti per periodi più o meno lunghi, si rapportano con un essere frutto della loro fantasia.

Curiosamente esistono anche diversi adulti con compagnie invisibili. Le ragioni possono essere varie. 

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Cos’è esattamente un amico immaginario?

I nomi che può avere sono i più disparati, così come l’aspetto. Per alcuni bambini è un loro coetaneo, per altri un animale parlante e per alcuni persino un adulto. Dal punto di vista è socio-psicologico non si tratta di un disturbo e neppure di un motivo di preoccupazione per i genitori. Anzi, sarebbe indice di una buona capacità di assestamento, soprattutto in certe situazioni.

I bambini tendono a creare l’amico immaginario soprattutto quando arrivano imprevisti o situazioni nuove. La famiglia che si trasferisce in una nuova città lontano dagli amici di scuola, la nascita di un fratello o i genitori che si separano. La lista sarebbe lunga, ma sostiene la teoria secondo cui si tratti solo di una reazione per trovare un nuovo equilibrio. 

Secondo studi e indagini svolte in America dall’Università di Washington, attorno ai sette anni quasi due terzi dei bambini hanno amici invisibili. Da notare che i bambini stessi sanno che il loro compagno sempre presente non è reale. Una comparazione con le allucinazioni quindi sarebbe del tutto fuori contesto. 

L’amico immaginario nasce come “doppio” dell’identità dei bambini, un modo per guardarsi dentro per chi ancora sta sviluppando il proprio carattere. A volte il bambino dice di averci litigato: probabilmente sta riconoscendo i propri difetti in questo modo. In alcuni casi l’aspetto del misterioso amichetto rispecchia quello che il ragazzino vorrebbe avere. 

Evoluzione del fenomeno nella crescita 

L’età “classica” per la comparsa di un amico immaginario è negli anni della scuola materna, attorno ai quattro anni. Il “picco” di queste presenze frutto della fantasia si tocca attorno ai sette anni, e poi generalmente “scompaiono”. Può succedere che anche ragazzini o ragazzine più grandi ne abbiano uno, ma non si tratta per forza di un segno di immaturità. 

La preoccupazione può insorgere qualora il bambino o il preadolescente tende a preferire la compagnia dell’amico immaginario a quella delle persone reali. In quel caso potrebbe trattarsi di un modo per far fronte alla sensazione di non essere adeguato o di venire respinto dagli altri. In molti casi però il ragazzino si limita ad affiancare relazioni immaginarie e reali, senza motivi gravi alla base.

Durante la crescita del bambino il suo amico si sviluppa con lui e diventa man mano più complesso. Fa da specchio ed è indice che la mente del piccolo sta trovando la propria forma. Il compagno invisibile inoltre può essere un supporto per affrontare le paure infantili: il buio, andare a scuola da soli e tante altre. Un simbolo di coraggio che si rivela dunque positivo.

E da grandi?

In età adulta l’influenza dell’amico immaginario avuto da piccoli può persistere con effetti generalmente buoni a livello sociale. Essere abituati a parlare delle proprie emozioni e dei propri stati d’animo consente di stabilire rapporti anche reali più sani. Da bambini il compagno di fantasia serviva ad avere un modo per sfogarsi, ma essere allenati a non tenere tutto dentro può dimostrarsi utile. 

Secondo molti ricercatori già da adolescenti si evidenziano gli aspetti positivi dell’aver avuto un amico immaginario. I ragazzi con questo tratto tendono ad affrontare meglio situazioni tese (es. prepotenze a scuola) perché allenati a stare per conto proprio e non dipendere dagli altri.

La capacità di stare da soli da adulti si rivela anche una qualità essenziale per vivere con serenità. Anziché ritrovarsi in rapporti tossici per l’ansia da abbandono si tende spesso all’introspezione, necessaria per realizzare i propri desideri e la propria condizione mentale. Uno scudo contro il circolo vizioso della dipendenza affettiva. 

A volte ritornano…o restano 

Rari, forse poco accennati, ma esistono casi di adulti che ancora “frequentano” i compagni immaginari. Il fenomeno in tali circostanze è ridimensionato rispetto a quello dell’infanzia. Si tratta più di un “sogno ad occhi aperti” in cui si apre un dialogo con un interlocutore che ci si immagina. Uno strumento che in effetti si rivela utile a sceneggiatori o scrittori.

Chi crea un amico immaginario da adulto in genere lo fa come gioco intellettuale, immaginare un’altra persona. Quando il discorso interiore della persona rispecchia quello sociale con battute e risposte è più facile che il fenomeno si presenti. La creatività assume diverse forme del resto.

Solo qualora la persona non appaia consapevole dell’irrealtà di questo compagno invisibile si può ipotizzare una patologia mentale. Allucinazioni di questo tipo sono riconducibili alla schizofrenia. 

Funzioni riconosciute dell’amico immaginario

Secondo uno psicologo del XX secolo,  Jean Piaget, sono quattro le funzioni principali che i compagni invisibili possono rivestire per il bambino:

  • Consolatoria. La possibilità di farsi ascoltare nei momenti più difficili, senza dover aspettare o dover cercare qualcuno. Non impoera cosa sia successo, rappresenta un porto sicuro.
  • Compensatoria. Un genitore lontano o assente, ma anche assenza di amicizie o bisogni particolari. Un modo per trovare la gratificazione che si fa fatica a reperire nella realtà quotidiana del bambino.
  • Morale. L’amico immaginario può anche essere una sorta di “grillo parlante” per i bambini, il loro Super Io come direbbe Freud. Qualcuno che li sappia guidare nelle scelte e faccia anche un po’ da genitore ausiliario.
  •  Stimolo. Per le paure come già accennato, ma anche per le funzioni sociali, il compagno immaginario fa da allenatore. Una automotivazione camuffata da elemento esterno.
 
 
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