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Acido solforico: formula, composizione e utilizzo

Acido solforico: formula, composizione e utilizzo

acido solforico
  • Nausicaa Tecchio
  • 10 Febbraio 2022
  • Consigli per lo studio
  • 4 minuti

Acido solforico: formula, composizione e utilizzo

L’acido solforico è un composto ternario contenente zolfo, sfruttato a livello industriale ma esistente anche in natura. Ha forti proprietà corrosive e può sciogliere la pelle di una persona già a concentrazioni medie. Proprio per questo è stato spesso usato in casi di aggressione e vendette personali. 

Il suo utilizzo è richiesto in diversi settori, dall’agricolo al sanitario. A livello industriale la sua produzione è imponente e può dare un’idea del grado di sviluppo del paese. 

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Acido solforico: formula e proprietà

Si tratta di un composto ternario, ossia formato da tre differenti elementi e appartenente alla classe degli ossiacidi. Per la precisione ossigeno (O), idrogeno (H) e zolfo (S) secondo la formula H2SO4. Può essere ricavato dall’anidride solforica (SO₃) facendola reagire con l’acqua.

A temperatura ambiente l’acido solforico si presenta come un liquido oleoso. Non presenta una colorazione caratteristica e non ha un odore forte come invece l’acido solfidrico. il suo scopritore, l’alchimista  Jabir ibn Hayyan, lo chiamò originariamente vetriolo. In seguito a questa denominazione anche il solfato di rame viene indicato talvolta come vetriolo blu.

La sostanza è corrosiva per la maggior parte dei tessuti e dei metalli. Se messa a contatto con l’acqua si comporta come un agente disidratante, producendo molto calore. Di norma viene diluito in soluzione acquosa, considerata la sua solubilità. Ha un punto di ebollizione alto, a 338°C. 

Non è infiammabile ma diventa molto pericoloso se viene a contatto con para-nitrotoluene (C₇H₇NO₂) o permanganato di potassio (KMnO4). La reazione può infatti generare un’esplosione.

Altri componenti che possono legarsi all’acido sono i metalli in polvere, i clorati e i carburi bromurati. Può essere fatto reagire con l’acido clorosolforico per ottenere l’acido cloridrico (HCl).

Sintesi della sostanza

L’industria ha utilizzato due metodi principali per la produzione dell’acido solforico dall’inizio del suo utilizzo di massa. Per la precisione essi sono:

  •  Processo delle camere a piombo. Si tratta del metodo più antiquato e ormai caduto in disuso. Il metodo all’epoca della sua messa a punto (metà del 1700) costituiva un perfezionamento del processo precedente che sfruttava contenitori in vetro. Le nuove camere con il rivestimento di fogli di piombo risultarono più resistenti e meno costose. 
  • Metodo catalitico o di contatto. Utilizzato anche attualmente, produce acido solforico nettamente più concentrato di quello sintetizzato con le camere a piombo. 

Con le camere a piombo la reazione avveniva sotto pressione partendo da anidride solforosa e biossido di azoto. Il primo passaggio prevede l’ossidazione della SO2 a SO₃, che richiede un catalizzatore. In passato venivano utilizzati catalizzatori a base di platino, per poi passare a meno costosi composti del vanadio. Il secondo passaggio prevede l’idratazione della SO₃  che diventa così H2SO4, acido solforico. 

 L’ossidazione oggi avviene nella torre di catalisi, che funziona in sinergia con la torre di essiccamento creando un sistema ciclico. L’anidride solforosa viene irrorata da acido solforico al 90% (non puro) che le cede l’acqua necessaria alla reazione finale. 
 

Scheda di sicurezza dell’H2SO4

L’acido solforico è una sostanza molto pericolosa sia per contatto che per inalazione. Le soluzioni stock presenti nei laboratori e nelle industrie di solito presentano concentrazioni pari anche al 95-97% per alcune lavorazioni (trattamento del ferro, fertilizzanti). Anche se diluito, già una soluzione al 10% di H2SO4 non è da prendere alla leggera.

Le indicazioni di pericolo presenti sono H290 (corrosiva per metalli) e H314 (lesioni e ustioni cutanee/oculari). I consigli di prudenza sono quelli comuni a tutti gli acidi (P280): uso indumenti protettivi specifici e protezioni per gli occhi e il viso.

In caso di esposizione all’acido solforico le indicazioni sono semplici e coincise. Per l’ingestione evitare di provocare il vomito per non ledere ulteriormente l’esofago, ma far bere acqua (sostanza anfipatica). Nell’esposizione da contatto di cute o occhi sciacquare con acqua e rivolgersi al medico. Se si sono inalati i vapori, uscire all’aria aperta e chiamare i soccorsi. 

Un’esposizione può avere effetti severi per irritazioni, anche a livello dei polmoni quando il composto viene respirato. A livello di bocca e gola può corroderei denti e la faringe. 

Lo stoccaggio dell’acido solforico da norma non deve avvenire in contenitori metallici, che potrebbe danneggiare. Le bottiglie di vetro sono più che adatte.

Utilizzi industriali

Nell’industria chimica questo composto è uno dei più essenziale e maggiormente prodotti. La maggior parte viene sfruttata per sintetizzare acido fosforico da cui derivano i fertilizzanti fosfatici. Il terreno per essere fertile necessita di azoto, fosforo e potassio altrimenti la coltura non si sviluppa come dovrebbe.
 
 Per questo impiego si spende circa il 50% dell’acido prodotto. Sempre nel campo agricolo l’acido solforico può essere impiegato anche per produrre solfato di ammonio((NH4)2SO4). In caso di terreno con forte carenza di zolfo risulta essenziale. 

Passando al settore siderurgico, ne viene fatto grande uso per la produzione di rame e di zinco. Un altro utilizzo correlato è il decapaggio, ossia la pulizia delle lamiere d’acciaio. Si tratta di un passaggio propedeutico al successivo rivestimento in zinco. Le lamiere così trattate trovano largo impiego nella produzione di lattine per prodotti alimentari. 

 Sempre l’acido solforico trova applicazione anche per la sintesi delle resine fenoliche e poliammidi come il nylon (fibre sintetiche). Un quantitativo minore è destinato alla produzione di solventi e vernici.

 Produzione mondiale e maggiori produttori
 

 Ogni anno a livello mondiale si producono in media 231 milioni di tonnellate di acido solforico. Il produttore maggiore è la Cina che conta una media annua di 74 milioni di tonnellate. Seguono sul podio gli Stati Uniti con circa la metà (37 milioni di tonnellate) e l’India, che arriva a soli 16 milioni di tonnellate.

Dopo l’India l’unico produttore degno di nota è la Russia, che ha una media di poco inferiore. In Italia la produzione annua non supera il milione e mezzo di tonnellate. 
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