Cosa conoscere del West Nile Virus
Ormai è tutta l’estate che si sente parlare del West Nile Virus e del pericolo che rappresenta in particolare per i soggetti fragili, come gli anziani. Anche se alla nostra attenzione è arrivato solo di recente però in ambito medico è noto sin dal 1937. Si riuscì a isolarlo dal sangue di una donna che viveva in Uganda nel distrattoWest Nile e presentava come sintomi febbre e dolori muscolari.
Pur se la maggiore area di diffusione è tra l’Africa e il Medio Oriente, già dal 1958 abbiamo assistito a casi rilevati sul continente europeo. Ormai risulta diffuso in tutto il mondo, comprese le Americhe e l’Asia Occidentale. Di recente in Italia ci sono stati dei ricoveri ospedalieri dovuti a questo virus che hanno richiesto l’attenzione dell’ISS.
Come si trasmette il West Nile Virus
Per dargli una classificazione possiamo dire che si tratta di un virus che appartiene alla famiglia Flaviviridae, che comprende circa 90 specie in tutto. Si tratta di particelle virali che contengono come materiale genetico un singolo filamento positivo di RNA, di lunghezza compresa fra le 9.000 e le 13.000 basi azotate. La struttura del nucleocapside è icosaedrica, ed è avvolto da una membrana di lipidi e proteine.
La trasmissione di questo virus ai mammiferi avviene tramite un vettore, che solitamente è rappresentato dalle zanzare comuni. Parliamo della specie Culex pipiens, da non confondere con la zanzara tigre. La si riconosce perché presenta una colorazione brunastra del corpo, anche se le dimensioni sono simili all’altra specie (varia fra i 4 e 10 mm di lunghezza).
Il West Nile Virus non è contagioso e il semplice contatto con i pazienti non risulta pericoloso. Tuttavia può essere trasmesso in caso di trasfusioni di sangue infetto o trapianto d’organo, oltre che tra madre gravida e figlio. In questi casi come in quello della puntura di zanzara il virus infatti riesce a entrare nel circolo sanguigno.
Oltre agli umani possono contrarre la malattia anche gli animali domestici come cani e gatti, così come alcune specie allevate. L’incubazione della malattia di solito varia fra i 2 e i 14 giorni, anche se in soggetti con patologie pregresse può estendersi fino a tre settimane. In molti casi inoltre l’infezione risulta asintomatica.
Quali sono i sintomi dell’infezione
Circa il 20% delle persone che contraggono il West Nile Virus dopo il periodo di incubazione inizia a presentare febbre.
Spesso questa si accompagna anche a dolori alla testa, sensazione di nausea associata a vomito e gonfiore a livello dei linfonodi. Questi possono durare alcuni giorni o persistere per settimane intere, a volte accompagnandosi anche a sfoghi cutanei.
Anche fra gli animali infetti la maggior parte è asintomatica, ma soprattutto nel caso degli equini la malattia può progredire fino a causare la morte dell’animale. Nell’organismo umano quando il sistema immunitario risulta compromesso il virus può provocare encefalite o meningite, in una percentuale inferiore all’1% dei casi. La statistica stima un quadro clinico di questo genere ogni 150 malati.
Il West Nile Virus risulta letale in circa un caso su 1.000.
I segnali che devono mettere in allarme e far sospettare un’encefalite sono tremori diffusi, convulsioni, disturbi alla vista e senso di confusione generale. Se non diagnosticata preventivamente si può arrivare al coma, e presentare lesioni neurologiche di carattere permanente.
La diagnosi per questo virus prevede un esame sierologico e l’analisi di immunofluorescenza. Nei casi in cui si sospettano meningite o encefalite è richiesto anche il prelievo di fluido cerebrospinale. Tuttavia questi test possono dare esito negativo nei primi giorni dopo la comparsa dei sintomi, quindi conviene effettuarne più di uno.
Come prevenire l’infezione da West Nile Virus
Dato che questi insetti entrano facilmente in casa quando si cambia l’aria conviene anche provvedere a installare le zanzariere su porte e finestre. Inoltre bisogna ricordare che la specie Culex pipiens come molte altre depone le proprie uova in acqua stagnante, lasciandole galleggiare sulla superficie. Per questo sottovasi e secchi all’aperto vanno sempre svuotati, almeno durante l’estate.
Anche le piscine gonfiabili per i bambini possono diventare ottimi habitat per le larve di zanzara, e vanno lasciate vuote una volta terminato l’utilizzo. Diversi comuni hanno promosso attività di bonifica e disinfestazione in modo da ridurre la presenza degli insetti, soprattutto nelle zone dove abbondano stagni o paludi. Usare il cloro nelle fontane e nelle piscine rialzate è più che sufficiente per arginare il rischio.
Per evitare la trasmissione attraverso le trasfusioni i donatori di sangue che hanno soggiornato almeno un giorno in zone a rischio risultano sospesi dagli elenchi. Nelle aree dove sono comparsi dei casi inoltre si cerca di effettuare attività di screening per monitorare la circolazione del virus.