Velocità della luce: qual è e come calcolarla
“Arrivo alla velocità della luce!” è un’iperbole entrata nell’uso comune della lingua. L’espressione indica che si sta andando alla maggior velocità considerata possibile. Considerando la distanza del Sole e la luce che vediamo ogni giorno è intuibile che essa sia rapidissima. Ma a quanto ammonta esattamente?
Vediamo come è stata calcolata e come mai è così rilevante conoscerla.
Simbolo e definizione di velocità della luce
Per velocità della luce si intende la velocità di propagazione di un’onda elettromagnetica e di una particella libera senza massa. Il suo valore nel vuoto cosmico è pari a 299 792 458 metri al secondo (m/s). In Fisica per convenzione viene indicata con la lettera “c”. Il motivo è che si tratta dell’iniziale della parola latina che indica la velocità, ossia celeritas.
Rifacendosi alla teoria della relatività ristretta il valore indicato è assunto a costante universale. Il primo postulato della suddetta teoria afferma infatti che che le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Quindi la velocità della radiazione luminosa nel vuoto rimane tale indipendentemente dal sistema di riferimento.
La velocità della luce è la massima raggiungibile in natura. In contesti più tecnici si dice che è la velocità massima attraverso cui un’informazione è in grado di muoversi nell’Universo. Nessun corpo è in grado di superarla anche se ci si può avvicinare.
Per convenzione la si approssima a 300.000.000 m/s in modo da facilitare i calcoli associati.
Storia della luce e del suo viaggio
In tempi più antichi (prima di Galileo Galilei) si era ipotizzato che la luce viaggiasse ad una velocità infinita. Il famoso scienziato considerato padre del metodo scientifico ne parla nella sua opera Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze.
Nel suo trattato immaginò un esperimento per determinare la velocità della luce utilizzando due lanterne. Due persone si sarebbero poste su due colline una di fronte all’altra. Uno dei due avrebbe acceso la sua lanterna e avrebbe misurato il lasso di tempo intercorso prima della risposta. Dal dialogo immaginato da Galileo fra i due partecipanti alla prova emergerebbe che questa velocità sarebbe “se non istantanea, velocissima”.
A prescindere dal fatto che l’esperimento ha un enorme punto debole (il tempo di reazione) il suo concepimento è la svolta vera e propria. La luce smise di essere considerata uno stato, qualcosa di innato, diventando un ente dinamico, che arriva fino agli occhi di chi la osserva. Secondo Galileo tuttavia tale velocità dipendeva dal sistema di riferimento adottato.
La prima misurazione effettiva della velocità della luce si deve a Ole Rømer, nel 1676. Lo scienziato si trovava all’osservatorio reale di Parigi quando gli venne l’illuminazione a riguardo.
Fu Einstein a fissare il suo valore come costante universale. Alcuni fisici misero in dubbio questo assunto ipotizzando delle condizioni diverse. La teoria alternativa da loro formulata si chiama violazione dell’invarianza di Lorentz. Ipotizza che a scale molto piccole la propagazione della luce nel vuoto seguirebbe un percorso diverso.
A scale piccole infatti lo spaziotempo si configurerebbe come un reticolato e non come una superficie continua. Nel 2019 però pare che grazie a delle osservazioni con i telescopi a raggi gamma gli scienziati abbiano smentito la violazione all’invarianza di Lorentz.
La stima di Rømer
Una notte del 1676 l’astronomo era focalizzato su Giove e in particolare sulla luna del pianeta conosciuta come Io, con atmosfera sulfurea e moltissimi vulcani attivi. Ma non era questo l’interesse di Rømer bensì il tempo che la luna impiegava nel compiere un’orbita intorno al pianeta.
Esso ammonta a 1,76 giorni terrestri. Tuttavia all’astronomo non risultava che fosse costante per tutto l’anno: il tempo impiegato da Io aumentava nel periodo in cui la Terra era più lontana da Giove e diminuiva quando i pianeti erano più vicini. Ipotizzò allora che la differenza che notava fosse dovuto alla velocità della luce. A patto che essa non fosse più infinita ma determinabile e dunque misurabile.
Una teoria così rivoluzionaria richiedeva una verifica. Rømer per fornirla disse al direttore dell’osservatorio che stando alle sue previsioni l’eclissi di Io si sarebbe svolta di 10 minuti in anticipo rispetto all’ora stimata il 9 novembre di quell’anno. L’evento si verificò e l’astronomo fu in grado di dare una prima stima.
In base a quanto osservato stabilì che la velocità della luce era tale da impiegare 22 minuti per percorrere il diametro dell’orbita terrestre. I suoi calcoli fornirono un valore di 220.000 km/s. Errato, ma comunque il primo valore mai misurato. Una stima migliore la raggiunse Huygens nel 1790 e si avvicinò molto di più alla misura attuale.
La luce nello spazio e la distanza fra i pianeti
Contando che la circonferenza terrestre è pari a 40.000 km, quindi alla velocità della luce in un solo secondo sarebbe possibile fare il giro del nostro pianeta per sette volte. In astronomia del resto questa costante è alla base di quella che è l’unità di misura della distanza, ossia l’anno luce.
Un anno luce corrisponde allo spazio che la luce può percorrere in un anno nello spazio cosmico. O meglio, alla distanza che un oggetto percorrerebbe in un anno se viaggiasse ad una velocità pari a quella della radiazione luminosa. L’anno qui indicato è un anno tropico, corrispondente a 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi in tutto.
Parlando di numeri, un anno luce equivale in termini di lunghezza a circa 9.460 miliardi di km. Si scrive 1 a. l. e bisogna tenere a mente che non va confuso con l’anno terrestre, che è invece una misura del tempo. Stabilendo la velocità di un oggetto si può invece determinare in quanti anni terrestri potrebbe percorrere un anno luce a velocità costante.