SERP di Google: cos'è, come funziona e quali elementi contiene
L’acronimo SERP sta per Search Engine Results Page, tradotto la pagina dei risultati di un motore di ricerca. Di particolare interesse risulta quella di Google per l’importanza che riveste per il Digital Marketing. Negli anni si è evoluta, passando a riportare dei semplici link (non più di 10) a una schermata più complessa ed elaborata.
Comprendere il suo funzionamento non è utile solo ai semplici utenti ma anche a coloro che gestiscono i siti web per riuscire a portarsi in rilievo. Non esistono mai due Search Engine Result Page uguali fra loro, soprattutto se vengono eseguite con motori di ricerca diversi che sfruttano algoritmi differenti. Anche con le stesse keyword avvengono delle variazioni.
Le SERP in generale
Normalmente gli utenti si fermano alla prima SERP che ottengono, che poi è quella che più probabilmente riporta ciò che si voleva cercare. Il motore di ricerca però ne restituisce diverse. Ciascuna pagina di risultati offre due forme di contenuti: quelli organici e quelli che invece sono a pagamento (paid results), ossia comportano un costo per la visualizzazione.
Il posizionamento che si ottiene all’interno della Search Engine Result Page è oggetto di contesa fra i brand che vogliono sbaragliare la concorrenza. Non ci sono solo collegamenti a siti web o testi nelle pagine restituite dai motori di ricerca, ma anche altre tipologie di risultati come media vari (foto, video…).
Come funziona nel caso di Google
La SERP e il SEO (Search Engine Optimization) non sono affatto aspetti distinti ma si compenetrano. Dopotutto i risultati mostrati sulla prima pagina fornita da Google riescono a guadagnare tale posizione proprio grazie all’ottimizzazione in ottica SEO. Un lavoro molto lungo riguarda la selezione delle keyword per il target di riferimento.
I fattori usati dall’algoritmo di Big G per posizionare i siti sono vari, tra cui in rilievo c’è la densità delle parole chiave. Influenzano però l’elaborazione del motore di ricerca anche la velocità di caricamento di un sito (First Input Delay), la qualità delle immagini e dei contenuti che presenta e altri aspetti. In tutto dovrebbero essere circa 200.
Per soddisfare i suoi utenti inoltre Google per strutturare la propria SERP presta attenzione anche agli intenti di ricerca degli utenti. In inglese si chiamano search intent e si possono classificare in tre categorie. Per la precisione si parla di intento navigazionale, informazionale e transazionale. L’analisi della query è fondamentale per capire di quale si tratti.
I risultati organici che compaiono in primo piano sono quelli considerati di maggior valore per l’utente. Si mostrano sulla pagina sotto forma di snippet, ossia i classici box formati dall’URL del risultato, da un titolo e dalla meta description (breve descrizione dei contenuti dell’articolo/media collegato).
Quali tipologie di snippet restituisce la SERP?
Si parla di Rich Snippet per riferirsi ai box della SERP che includono diverse tipologie di contenuti, come ad esempio immagini e statistiche. Un esempio sono quelli che si trovano quando si è in cerca di un ristorante dove compaiono snippet che includono foto del locale, orari e recensioni. Si tratta quindi di risultati esaustivi e accattivanti per gli utenti.
I classici box con gli elementi descritti al paragrafo solo invece si guadagnano la definizione di snippet comuni, per i quali è essenziale una buona impostazione SEO. A generarlo contribuiscono in modo automatico i contenuti che i copywriter inseriscono all’interno della pagina di WordPress nelle specifiche sezioni
Data la loro collocazione è il caso di menzionare anche i Featured Snippet, che spuntano prima di tutti gli altri risultati. Si trovano in posizione zero, in cima alla pagina e forniscono una sorta di riepilogo completo. Poiché non occupano uno spazio reale (da qui il nome della posizione) non influenzano in alcun modo il ranking degli altri snippet.