Il ruolo dell'acido ribonucleico RNA messaggero
Tra le tipologie di acido ribonucleico, l’RNA messaggero (mRNA) è forse quello su cui i libri di scuola e i professori di Biologia insistono più a lungo. Mentre quello ribosomiale ha una funzione di struttura e il tRNA svolge un ruolo di trasporto per gli amminoacidi, l’mRNA è l’elemento attorno a cui ruota tutto il processo della traduzione del DNA.
La scoperta di questa biomolecola risale al 1868, quando gli scienziati definirono gli acidi nucleici. Il ruolo dell’acido ribonucleico nella sintesi proteica non fu ipotizzato però fino agli anni ’40, ma verso la fine degli anni ’50 si definì la sua struttura grazie alla cristallografia a raggi X. Le scoperte relative ai retrovirus arrivarono solo dopo il 1977.
La struttura dell’RNA messaggero e la sua trascrizione
A differenza del DNA che ha una struttura a doppio filamento, l’acido ribonucleico è formato da un filamento singolo.
Si compone di una catena di nucleotidi, ciascuno formato da una base azotata, una molecola di zucchero (ribosio) e un gruppo fosfato. Diversamente dal DNA non presenta però la timina, che nell’mRNA è sostituita dall’uracile (U) al momento della trascrizione di questo acido nucleico
Le triplette dell’RNA messaggero codificano ciascuna per un amminoacido.
Ad assemblare la sua sequenza nucleotidica troviamo un enzima chiamato RNA polimerasi, spesso con la specificazione DNA-dipendente dato che questa molecola rappresenta il punto di partenza. In effetti si tratta di una famiglia di enzimi raggruppati sotto questo nome.
L’RNA polimerasi fa parte degli oloenzimi, perché è composto da più subunità, di cui due sono più grandi delle altre e presentano i siti attivi per assemblare l’mRNA. Il processo della trascrizione procede in una sola direzione, ossia dall’estremità 5′ alla 3′. Coinvolge perciò solo uno dei due filamenti della doppia elica: il filamento stampo.
L’mRNA trascritto risulterà perciò avere una sequenza nucleotidica complementare al suo stampo e identico al filamento opposto (con U al posto di T). Per distinguere i “mattoni” dei due acidi nucleici, che hanno uno zucchero di struttura diverso, si parla di ribonucleotidi. Per incorporare le basi azotate nell’RNA è necessario l’intervento dei cationi di magnesio (Mg2+).
L’azione di proofreading
Come vale nel caso della DNA polimerasi, anche l’enzima che assembla l’RNA messaggero svolge un’attività di “correzione di bozze” (in inglese proofreading). In caso un ribonucleotide si inserisse in modo errato infatti si rischierebbe di sostituire un amminoacido e ottenere una proteina non funzionale. Il proofreading può avvenire in due modi:
- Idrolisi (editing idrolitico).
L’RNA polimerasi inserisce un ribonucleotide sbagliato, ma per correggersi torna indietro risalendo fino ad alcune basi a monte dell’errore. A questo punto si rimuove una piccola sequenza che contiene l’appaiamento errato e l’enzima riprende dal punto di taglio a scorrere in direzione 5′-3′.
- Pirofosfolisi (editing pirofosfolitico).
A livello del sito attivo dell’enzima si reincorporano due gruppi fosfato (PPi) e questo catalizza la rimozione dell’errore presente nell’RNA messaggero. In questo caso quindi si rimuove un solo ribonucleotide anziché dover tagliare una sequenza di più basi.
La maturazione dell’RNA messaggero
Per poter essere tradotto a livello dei ribosomi deve passare attraverso alcuni processi, tra cui il primo è il capping all’estremità 5′. Si tratta di un processo con cui si aggiunge una guanina metilata sull’azoto in posizione 7. Questo “cappuccio” promuove la traduzione dell’mRNA e regola il suo trasporto al di fuori dal nucleo.
La maturazione vera e propria però è dovuta allo splicing, un processo mediato da un complesso multi-enzimatico definito spliceosoma. Ne fanno parte 5 molecole di RNA (U1-U6) e 150 proteine; insieme rimuovono gli introni dall’RNA messaggero legando insieme le sequenze codificanti (esoni). All’interno del trascritto si trovano però anche degli introni self-splicing, che non richiedono l’intervento dello spliceosoma.
Queste particolari sequenze si dividono in due gruppi (I e II). I primi si staccano dalla sequenza di mRNA in forma lineare, mentre gli introni del gruppo II si auto-rimuovono formando una struttura a cappio, imitando l’azione del complesso dello spliceosoma. Grazie allo splicing alternativo invece si ottengono più sequenze di RNA codificanti partendo dallo stesso trascritto.
L’ultimo processo richiesto perché l’mRNA possa arrivare ai ribosomi per la traduzione è la poliadenilazione all’estremità 3′. Si tratta dell’aggiunta di una sequenza di 200 adenine tramite legame covalente detta coda poli-A. A catalizzare la reazione che forma il legame è l’enzima poli-A polimerasi.
La sintesi delle proteine
Una volta giunto qui si lega prima alla subunità minore dell’organello, e quando si unisce la subunità maggiore ha inizio la traduzione. Il primo codone dell’mRNA, detto sequenza di inizio, è AUG, che codifica per l’amminoacido metionina (Met).