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Raggi gamma: definizione e uso in medicina

Raggi gamma: definizione e uso in medicina

raggi gamma - definizione e uso in medicina
  • Nausicaa Tecchio
  • 9 Maggio 2024
  • Consigli per lo studio
  • 5 minuti

Raggi gamma: le radiazioni ionizzanti forti

Quando si parla di raggi gamma gli appassionati di fumetti pensano a Bruce Banner, ma chi ha studiato un po’ di Fisica sa che si tratta di radiazioni ionizzanti forti. Avendo un’energia elevata possono penetrate la maggior parte dei materiali con poche eccezioni e danneggiano in modo grave i tessuti viventi, perché sono agenti cancerogeni come i raggi X. 

Il loro studio ha portato alla scoperta di diverse possibili applicazioni di questa tipologia di radiazione, tra cui alcune anche in campo medico. Naturalmente occorre calibrare bene il dosaggio e il tempo di esposizione, in modo che anziché essere utili al paziente non finiscano con il peggiorarne le condizioni. 

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Cosa sono i raggi gamma 

Come accennato si tratta di radiazioni ionizzanti, così come anche i raggi alfa (α) e beta (β). Diversamente da questi due però hanno un potere di penetrazioni molto più forte. Tutte e tre queste radiazioni vengono rilasciate da nuclei atomici di natura instabile, attraverso un processo che si chiama decadimento radioattivo. In questo modo si trasformano in nuclei a energia inferiore.

Le particelle alfa sono a energia bassa e consistono in nuclei di elio (He), che hanno carica positiva. Non hanno grandi capacità di penetrazione e infatti si possono fermare con un semplice foglio di carta. Per quanto riguarda invece le radiazioni beta le loro particelle hanno una massa più bassa e una capacità di penetrazione maggiore. Si possono bloccare usando una lastra di alluminio.

Infine ci sono i raggi gamma, ad alta energia e molto simili ai raggi X. Solo alcuni materiali possono fermarli, tra cui ad esempio il piombo (Pb) e il cemento grazie alla loro densità. Basti pensare che anche una parete d’acciaio non può nulla perché lo attraversano per almeno 15 cm. Non hanno però carica elettrica, infatti è possibile deviare la loro traiettoria utilizzando dei campi elettro-magnetici. 

Le particelle che formano queste radiazioni si muovono alla velocità della luce. Hanno una frequenza altissima, pari a 1020 Hz, e una lunghezza d’onda infinitesima pari a 3 x 10-13 m, che risulta addirittura inferiore al diametro di un atomo. Per fare un esempio quello dell’atomo di elio, il più piccolo in assoluto, è di 0,128 nm. 

Utilizzo in ambito diagnostico

Dalla loro scoperta i raggi gamma sono stati impiegati in diversi campi, ma uno dei loro usi principali è l’ambito medico. Un esempio è la tomografia computerizzata (TC) dove si fa uso di una sorgente di radiazioni e un rivelatore che ruotano intorno al paziente. La persona si trova distesa su un tavolo e con i raggi che si emettono si raccolgono immagini da diverse angolazioni, poi elaborate da un PC.

Le analisi svolte con TC rappresentano solo il 15% del totale dei controlli di diagnostica delle immagini. Tuttavia sono anche quelle che espongono di più alle radiazioni. La dose a cui si espone il paziente infatti è molto più forte rispetto a una normale radiografia. 

Ci sono anche esami che utilizzano un altro tipo di emissione rispetto ai raggi gamma, ossia i positroni. Il classico esempio è la PET (Positron Emission Tomography), un esame diagnostico che si esegue in medicina nucleare.
Si svolge somministrando al paziente per via endovenosa un radiomarcatore metabolico, per esempio la molecola del glucosio resa radioattiva con un isotopo del fluoro.

Poiché i tumori hanno un metabolismo più elevato rispetto al resto dell’organismo lo zucchero radioattivo verrà assorbito rapidamente.
Grazie a questo processo il tracciante si depositerà intorno al cancro dando ai medici un’idea chiara delle sue dimensioni e della sua forma. Si tratta di un esame funzionale ma controindicato per le donne in gravidanza e per chi soffre di diabete mellito. 

Utilizzo dei raggi gamma per trattare i tumori

Le radiazioni ionizzanti non aiutano solo a livello di diagnostica ma anche in alcuni trattamenti per le forme di cancro più aggressive.

Si tratta della radioterapia, una terapia che sfrutta fasci di radiazioni per danneggiare il DNA delle cellule tumorali. Una volta che il materiale genetico risulta alterato la loro replicazione risulta compromessa e il cancro smette di crescere.

Spesso questa cura si accompagna a chemioterapia e immunoterapia, raramente è impiegata da sola, e varia a seconda della tipologia di tumore. I raggi gamma si impiegano prima di tutto nelle radioterapie radicali, volte a eliminare completamente il cancro. Ma esistono anche dei trattamenti adiuvanti, ovvero mirati a eliminare eventuali cellule cancerose residue dopo un intervento.

Si parla di terapie neoadiuvanti se le radiazioni ionizzanti si utilizzano al contrario per rendere più agevole la rimozione chirurgica del tumore.
In tal caso si mira a ridurre la massa in modo da rendere minore il rischio di mettere in circolo delle cellule durante l’operazione.
La forma di radioterapia più invasiva però rimane la TBI (Total Body Irradiation), usata per eliminare le cellule cancerose circolanti nel sangue.

Quando il tumore progredisce e si passa alle cure palliative le radiazioni possono ancora tornare utili per mitigare i sintomi dei malati. Soprattutto nei casi in cui ci sono diverse metastasi è dimostrato che questo approccio aiuti a tenere sotto controllo il dolore fisico che provano i pazienti.

Effetti collaterali delle radioterapie 

Durante i trattamenti e le analisi che utilizzano raggi gamma è possibile riscontrare delle conseguenze per l’organismo sia a breve che a lungo termine. Si definiscono immediati gli effetti collaterali che si manifestano entro tre mesi dalla data di inizio della radioterapia. Al contrario si parla di effetti cronici o a lungo termine se questi diventano evidenti solo dopo un periodo minimo di 90 giorni. 
 
Gli effetti acuti o immediati possono essere di varia entità. Tra i più leggere ci sono delle reazioni cutanee a livello dell’area trattata, che si presenta infiammata e desquamata, oltre a una sensazione di nausea e vomito annesso. Conseguenze più gravi sono la necrosi dei tessuti circostanti la zona dove si applica la terapia e l’insorgenza di anemia. 
 
Le conseguenze che l’esposizione ai raggi gamma può provocare sul lungo periodo possono essere diverse, e spesso si presentano a livello cutaneo. La pelle appare più sottile e tesa, a volte anche con delle macchie scure. In altri casi a seconda del tipo di terapia possono arrivare a provocare deficit visivi e cognitivi, oltre che a patologie croniche a livello di naso e gola. 
 
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