Milleproroghe: grazie al decreto più tempo per laurearsi
Con il decreto Milleproroghe 2023 sono molti a poter tirare un sospiro di sollievo per uno dei rinvii sanciti dalla legge. In particolare gli studenti universitari possono sentire meno la tensione per terminare il percorso di studi grazie alle modifiche introdotte. Allo stesso tempo anche le graduatorie comunali dei docenti per la scuola saranno valide più a lungo.
Fra i punti salienti del testo del decreto compaiono anche delle concessioni agli atenei, tra cui 180 giorni in più per conferire assegni di ricerca. Slittano anche i tempi relativi alla presentazione dell’IMU per altri sei mesi e della scadenza del bonus per le colonnine di ricarica per le auto elettriche.
Milleproroghe: tempi dilatati per la laurea:
Con Milleproroghe tocca agli studenti che puntavano a conseguire il titolo entro l’anno accademico 2021-2022. L’ultima sessione disponibile è slittata infatti alla data del 15 giugno 2023. Lo stesso vale per i termini legati ad altri adempimenti quali per esempio il termine del tirocinio o altre faccende collegate alla laurea, anche di carattere amministrativo.
Non si risulterà quindi fuori corso se la discussione della tesi avverrà entro tale data. Normalmente si potrebbe solo puntare alla sessione primaverile che si svolge solitamente a marzo. Tuttavia seguendo il decreto in molte università si terranno delle discussioni in forma straordinaria fra il 5 e il 15 giugno. Tra queste per esempio c’è l’ateneo di Roma Tre.
In questo modo eventuali slittamenti del tirocinio o ritardi burocratici hanno già pronta la soluzione. Occorre però verificare che anche la propria sede abbia previsto una sessione straordinaria e quali siano le scadenze. Se non altro le cerimonie di proclamazione ora sono di nuovo possibili così come i festeggiamenti.
Proroga per gli esami di abilitazione
Oltre a chi sta per laurearsi il decreto Milleproroghe ha considerato anche chi invece fresco di titolo deve prepararsi per conseguire l’abilitazione. Nel 2023 infatti dopo diverse sessioni d’esame tenutesi in modalità da remoto si sarebbe dovuto riprendere con le prove tradizionali, in presenza. Tuttavia pare che tale provvedimento slitterà dopo il 31 dicembre di quest’anno.
Nessun ritorno prima del 2024 dunque, con tutti i vantaggi per i candidati che ne conseguono. Evitare le spese dovute alle trasferte fisiche verso la sede prescelta, poter svolgere la prova da casa risparmiando tempo e una modalità meno articolata. Tale provvedimento però esclude le lauree abilitanti in Farmacia, Veterinaria, Odontoiatria e Psicologia.
La ragione per cui sono state escluse dal decreto Milleproroghe è semplice. Coloro che possiedono uno di questi titoli richiedono di fare anche un tirocinio pratico a scopo valutativo per ritenersi abilitati. Per le altre figure professionale, come biologo, ingegnere, chimico o architetto invece si procederà come durante la pandemia.
Rimangono invece in una sorta di “zona grigia” coloro che necessitano di iscriversi all’albo degli agrotecnici, dei periti agrari e industriali o dei geometri. Per far sì che anche in questi casi si opti per la modalità di esame da remoto serviranno ulteriori decreti a firma del Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Milleproroghe mantiene ancora gli assegni di ricerca
Gli assegni di ricerca di cui parla il decreto Milleproroghe consentono a coloro che li ottengono dopo la selezione pubblico di collaborare in modo continuativo con l’ateneo. La durata che possono avere varia da 1 a 3 anni in forma standard ma si può anche rinnovare fino a un totale di 6 anni. Va detto però che si tratta di una forma di lavoro atipica.
Questo procedimento bloccherà dunque l’introduzione del contratto di ricerca, a cui ambivano soprattutto i giovani freschi di dottorato di ricerca. Si tratta di una misura contenuta nel Decreto PNRR 2 che avrebbe dovuto segnare dal 1° gennaio 2023 la fine definitiva degli assegni di ricerca. A differenza di questi infatti i contributi versati non sono più in forma parziale.
Un’altra motivazione per abolire l’assegno di ricerca è legato al fatto che rappresenti una figura non strutturata e priva di reali garanzie. Questo sistema infatti per molti atenei è stato il preferito, diminuendo le possibilità di trovare un impiego fisso all’interno dell’Università. Per quest’anno però si procederà ancora, forse come fase di assestamento.