Legame covalente apolare: caratteristiche
Esistono più sistemi per unire fra di loro più atomi e uno di quelli fondamentali è il legame covalente apolare. Si distingue dal legame ionico perché gli elettroni non vengono donati da un solo atomo ma da entrambi, con compartecipazione. Per forza inoltre i legami covalenti sono superiori a quelli di tipo ionico e perciò più difficili da spezzare.
Quando si ha un legame covalente bisogna specificare se sia polare o apolare. Infatti seconda della differenza di elettronegatività che esiste fra gli elementi presenti nella molecola si può avere l’uno o l’altro. Basta che questa rimanga però inferiore a 1,9 perché sopra questo valore si ha un legame ionico.
Quando si ha un legame covalente apolare o polare
Un legame covalente per definizione è un’interazione fra due atomi in cui si mette in condivisione una coppia di elettroni di valenza. Entrambi i nuclei degli elementi coinvolti nel legame attraggono gli elettroni spaiati grazie alla loro carica positiva. Così questi diventano comuni e si dispongono delocalizzati intorno ai due nuclei.
Esistono però due modi in cui può avvenire questa interazione e dipende dagli elementi coinvolti:
- Legame covalente apolare. La differenza di elettronegatività che c’è fra gli atomi coinvolti è inferiore a 0,4 (varia fra 0 e questo valore. A volte lo si chiama anche covalente puro e un esempio perfetto sono i gas molecolari come H2 e O2. Dato che il legame avviene fra due atomi uguali infatti la variazione di elettronegatività è pari a zero.
- Legame covalente polare. I due atomi hanno valori di elettronegatività che presentano uno scarto compreso fra 0,4 e 1,9. Si chiama anche eteropolare in quanto data questa grande differenza gli elettroni tendono ad orbitare verso l’atomo più elettronegativo. Un esempio sono i composti che forma l’idrogeno con i non metalli, come l’acido solfidrico (H2S).
Riconoscere il tipo di legame con l’elettronegatività
Per distinguere fra un legame covalente apolare e uno polare è meglio riprendere il concetto di elettronegatività. Si tratta della proprietà chimica che esprime quanto un atomo è in grado di attrarre verso di sé gli elettroni condivisi. Più l’elettronegatività è alta maggiore sarà questa capacità di attrazione, più è bassa e meno l’atomo sarà in grado di avvicinare a sé gli elettroni.
In un legame covalente polare o eteropolare dunque gli elettroni si sposteranno verso l’elemento più elettronegativo stabilendo una condizione di polarità. Per esempio nella molecola dell’acido fluoridrico (HF) l’elettronegatività del fluoro è pari a 4 mentre quella dell’idrogeno è 2,1. Gli elettroni perciò si concentrano attorno all’atomo di fluoro.
Per quanto riguarda invece il legame covalente apolare i due atomi hanno valori molto simili per questa proprietà e quindi non si creano due poli. Basti pensare all’idrogeno molecolare (H2) o all’azoto molecolare (N2), dove entrambi gli atomi hanno lo stesso valore di elettronegatività. Per capire quanto la differenza sia ampia comunque basta consultare la tavola periodica.
L’elettronegatività come tutte le proprietà periodiche degli elementi ha un andamento preciso lungo i gruppi e i periodi in cui sono disposti. Cresce lungo il periodo e diminuisce lungo il gruppo, quindi se due elementi sono molto distanti è molto probabile che il loro legame sia covalente polare o ionico.
Il legame covalente apolare nella meccanica quantistica
A descrivere questo tipo di interazione fra gli atomi ci pensarono per la prima volta Walter Heitler e Fritz London negli anni ’20. Essi infatti superarono la teoria VSEPR introducendo la teoria VB dove due atomi che formano un legame fondono i propri orbitali. Per descriverla usarono una molecola molto semplice, ossia H2.
In questo esempio infatti si hanno solo due elettroni che vengono messi in comune fra i due atomi. Dato che si tratta anche di un legame covalente apolare la densità maggiore della nube elettronica si trova nello spazio fra i due nuclei, non polarizzato a un estremo della molecola. Per definire la forza del legame bisogna invece guardare il grado di sovrapposizione fra gli orbitali.
Nel caso della molecola di azoto molecolare, N2 , il legame non è semplice ma multiplo, triplo per la precisione. Più sono le coppie di elettroni messe in comune più alta si fa l’energia che lega i due atomi. Questo considerando anche che il legame covalente è già l’interazione più forte che si può trovare in chimica.
Se il legame è multiplo non si creano comunque dei poli se i valori di elettronegatività sono simili o uguali, però i due atomi si avvicinano. Più elettroni si condividono più gli orbitali si vengono a sovrapporre riducendo la distanza che esiste fra i due nuclei coinvolti. La misura di tale distanza dipende anche dal tipo di elementi.
I legami σ e π
Quando si forma un legame covalente apolare si crea un orbitale molecolare grazie all’unione fra gli orbitali dei due atomi coinvolti. Quando si condivide una sola coppia di elettroni come fra due atomi di idrogeno o due di cloro si fondono due orbitali in un’unica nuvola elettronica. Il legame si crea però lungo l’asse principale che collega i due nuclei, e lo si indica con la lettera greca σ (sigma).
Diverso è il caso in cui due atomi mettano in condivisione più di una coppia di elettroni ossia formino un legame doppio o triplo. In questo caso infatti si vengono a creare orbitali molecolari che non sono più orientati lungo l’asse ma gli risultano perpendicolari. Un esempio è fornito dalla molecola dell’ossigeno molecolare, O2,dove è presente un legame doppio.
In tal caso non si ha più un legame sigma ma uno diverso, che non include l’asse principale e si indica con il simbolo π (pi greco). Lo stesso vale per l’azoto molecolare, N2, dove i due atomi condividono tre coppie di elettroni.