Lavoro accessorio: cos’è e come applicarlo nel digitale
Molto spesso, all’inizio della propria carriera lavorativa, potrebbe essere necessario ricorrere a delle tipologie di lavoro atipiche. Tra queste, non possiamo non citare il lavoro accessorio ed occasionale.
Si tratta di una forma di contratto che si differenzia da quelle tipiche, e che si contraddistingue da queste in ragione dell’occasionalità del rapporto di lavoro.
In effetti, la particolare situazione del mondo del lavoro attuale potrebbe rendere necessario collaborare per più committenti per un periodo di tempo limitato.
In questo caso, il prestatore di lavoro non deve necessariamente aprire partita IVA, soprattutto in ragione del fatto che i guadagni potrebbero inizialmente essere molto limitati.
Si tratta di una situazione molto comune, soprattutto tra i giovani ed in particolar modo tra coloro che si affacciano alle nuove professioni digitali.
Come fare a lavorare nel digitale sfruttato il lavoro accessorio? E, soprattutto, cosa intendiamo con questo termine?
In questo articolo cercheremo di fare chiarezza sulla questione.
Cosa intendiamo con “lavoro accessorio”
Per prima cosa, occupiamoci della definizione.
Con “lavoro accessorio” intendiamo ogni attività di lavoro che non rientra tra le canoniche tipologie contrattuali. Identifichiamo cioè come lavoro accessorio quel lavoro che non può essere definito né come autonomo, né come subordinato.
Trattandosi di una tipologia contrattuale atipica, anche la retribuzione del lavoro accessorio assume una forma particolare. Tale tipologia di lavoro viene infatti retribuita mediante voucher.
Dobbiamo la sua introduzione alla Legge Biagi (DL n. 276/2003). Il lavoro accessorio venne introdotto principalmente al fine di garantire una copertura previdenziale a dei lavori che, altrimenti, non sarebbero stati regolamentati in alcun modo.
In secondo luogo, nasce anche per far emergere tutti quei lavoretti occasionali che, altrimenti, sarebbero stati svolti in nero.
Al momento, il lavoro accessorio propriamente detto non esiste più: è stato infatti abolito per mezzo della Legge n.49 del 2017 (convertita in DL n.25/2017).
Ci sono però alcuni casi specifici in cui è possibile ricorrere a questa particolare tipologia di prestazione lavorativa. Dopo la sua abolizione, col successivo Decreto-Legge n. 96/2017 venne introdotto quello che possiamo definire lavoro occasionale accessorio.
Il lavoro occasionale è dunque l’erede del lavoro accessorio propriamente detto. Si può utilizzare il lavoro occasionale accessorio nel caso in cui si intraprendano rapporti di lavoro non continuativi e sporadici.
Caratteristiche del lavoro occasionale
Analizziamo adesso le caratteristiche salienti dal lavoro accessorio occasionale, così come è stato introdotto a partire dal 2017.
Innanzitutto, abbiamo due differenti tipologie di contratto che possono essere stipulate tra il lavoratore ed il committente.
La tipologia di contratto più frequente è quella del contratto di prestazione occasionale, che può essere utilizzato da professionisti e aziende per fruire dei servizi o dell’opera dei lavoratori.
La seconda tipologia contrattuale prevede l’utilizzo del Libretto famiglia. Quest’ultima viene utilizzata dai soggetti privati che si rivolgono al lavoratore solo per particolari tipologie di mansioni.
Pensiamo, ad esempio, ai lavori domestici, al baby sitting, ma anche alle lezioni private che vengono impartite a domicilio. In tutti questi casi, il lavoratore può essere retribuito grazie al Libretto Famiglia.
Per il lavoro occasionale che non rientri tra quelli appena elencati (lavori digitali inclusi), l’unica tipologia contrattuale è rappresentata dal contratto di prestazione occasionale.
Il lavoro occasionale, come ci indica il termine stesso, è caratterizzato dal suo essere saltuario. Per tale ragione, la legge impone dei limiti reddituali annuali, che non vanno superati.
Il lavoratore, infatti, non può cumulare un compenso annuale superiore ai 5.000 euro: superato questo limite, non si tratta più di lavoro accessorio occasionale.
Superare tale limite reddituale, in altre parole, costringe il lavoratore a dover ricorrere ad altre forme contrattuali o ad aprire una partita IVA.
C’è poi un secondo limite che il lavoratore occasionale non deve superare: non si possono superare i 2.500 euro annui ricevuti dal medesimo datore di lavoro.
A chi si rivolge
Adesso che abbiamo discusso dei limiti e delle modalità contrattuali del lavoro accessorio nelle modalità occasionali attualmente concesse, cerchiamo di capire per quali attività si può utilizzare.
In realtà, i settori che possono fruire del lavoro occasionale sono davvero tantissimi: come abbiamo accennato, possono ricorrere al lavoro accessorio sia professionisti che imprese.
Tuttavia, chi intende instaurare un rapporto di lavoro accessorio con un lavoratore, non potrà avere alle sue dipendenze un numero superiore a cinque lavoratori assunti a tempo indeterminato.
Per quanto riguarda i lavoratori, invece, possono ricorrere al contratto di lavoro accessorio occasionale praticamente tutte le tipologie di soggetti.
Anche i lavoratori già assunti che decidano di prestare attività occasionale per altro committente, ad esempio, possono ricorrere alla prestazione occasionale.
Stesso discorso vale per i lavoratori autonomi, nel caso il lavoro da svolgere non sia caratterizzato da continuità.
Ci sono però degli specifici settori che non possono ricorrere al lavoro occasionale, ossia il settore edile e quello agricolo.
Lavoro accessorio e digitale
Quella del lavoro accessorio occasionale è una formula contrattuale molto utilizzata, soprattutto di recente, nel mondo del lavoro digitale.
Vero è che, nella maggior parte dei casi, il professionista del digitale viene assunto da un’agenzia o offre i propri servizi da freelance con partita IVA regolarmente aperta.
Ma è anche vero che, soprattutto agli inizi della propria carriera, un lavoratore del settore digitale potrebbe decidere di affidarsi a dei committenti occasionali.
Nella maggior parte dei casi, ovviamente, si tratterà di una soluzione temporanea. Il lavoro occasionale, infatti, non può essere continuativo, ed è soggetto ai limiti reddituali di cui abbiamo ampiamente discusso al paragrafo dedicato.
Superati questi limiti, non si potrà più ricorrere al contratto di lavoro occasionale. Il lavoratore digitale dovrà obbligatoriamente aprire la propria partita IVA, e solo in questo modo potrà continuare a svolgere il proprio lavoro, prestando i propri servizi ad aziende e professionisti.
In linea generale, comunque, i nuovi lavoratori che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro, svolgendo una delle professioni tipiche del digital (Social Media Manager, Copywriter e simili) non dovranno per forza aprire immediatamente la propria partita IVA.
Si può infatti iniziare col lavoro accessorio ed occasionale, per poi diventare un professionista autonomo a carriera avviata.