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Epistemologia: teorie e implicazioni nella psicologia

Epistemologia: teorie e implicazioni nella psicologia

epistemologia - teorie e implicazioni nella psicologia
  • Alessia Seminara
  • 5 Luglio 2025
  • Consigli per lo studio
  • 5 minuti

Epistemologia e pensiero scientifico

L’epistemologia non è soltanto una branca della filosofia: può essere considerata come il cuore del pensiero scientifico. Definirla in parole semplici non è facile, dato che il suo obiettivo è riflettere sui principi e sul metodo delle conoscenze scientifiche. Uno degli ambiti in cui questa riflessione diventa particolarmente importante è quello psicologico. La complessità della mente umana, infatti, richiede l’adozione di un approccio aperto. Ma procediamo con ordine: in questa guida analizzeremo in dettaglio l’epistemologia e le sue implicazioni in psicologia.

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Epistemologia definizione: cos’è

Cos’è, in parole semplici, l’epistemologia? Possiamo considerarla, come anticipato, come lo studio critico della conoscenza scientifica. Questa branca della filosofica analizza come conosciamo, cosa possiamo sapere, quali limiti ha la conoscenza e cosa la distingue da una semplice opinione.
Senza epistemologia, la scienza diventa cieca, come un cumulo di dati senza criterio, un esperimento dopo l’altro senza direzione.

In psicologia, questa riflessione è ancora più importante.
Infatti, la psicologia si propone di studiare la mente umana. Il suo oggetto di studio, cioè, non solo è complesso, ma spesso addirittura inaccessibile.

Epistemologia: etimologia e storia

Quando si parla di epistemologia, etimologia e storia ci aiutano a comprendere meglio questa branca della filosofia.
Il termine deriva dal greco epistème, cioè “conoscenza certa ossia scienza” e logos, “discorso”. L’epistemologia ha radici antiche, profondamente radicate nel pensiero della filosofia classica. Gli antichi greci si interrogavano già su cosa significasse “sapere davvero” qualcosa. Ad esempio, Platone distingue tra episteme, la conoscenza certa e fondata, e doxa, l’opinione comune, spesso superficiale e errata.

Nelle scuole filosofiche dell’antichità, da Aristotele agli Stoici, troviamo riflessioni profonde sul metodo della conoscenza, sull’osservazione, sulla deduzione. Aristotele, infatti, parlava di “cause prime” e di classificazione degli enti naturali: un tentativo sistematico di comprendere il mondo. L’epistemologia ha subito una battuta d’arresto nel Medioevo, periodo in cui la conoscenza era subordinata alla fede.

L’evoluzione dopo il Rinascimento

Con il Rinascimento e, soprattutto, con la Rivoluzione Scientifica del XVII secolo, è però avvenuta una sorta di evoluzione. Grazie a grandi nomi come Galileo, Bacone, Cartesio la realtà non è più interpretata secondo i dogmi religiosi, ma attraverso l’osservazione e l’esperimento.

Da questo momento in poi, nasce l’idea che la scienza debba seguire un metodo preciso, replicabile, basato su dati osservabili. In questa nuova fase, l’epistemologia resta centrale. Ogni volta che lo scienziato formula una teoria, dietro c’è un ragionamento epistemologico.

Empirismo, riduzionismo e indeterminazione

La scienza moderna si basa su un principio chiaro: solo ciò che si può osservare è vero.
Questa è la base dell’epistemologia empirista, un approccio che ha dominato il pensiero scientifico per secoli. Secondo questa visione, il ricercatore deve essere neutro, deve raccogliere i dati senza interferire. Bisogna essere oggettivi e descrivere i fenomeni senza lasciarsi influenzare da idee o emozioni.

Questo porta alla nascita di un concetto chiave: il riduzionismo.
Ogni fenomeno, per essere spiegato scientificamente, deve essere ricondotto ai suoi componenti fondamentali. È così che, in ambito psicologico la mente diventa un effetto della neurofisiologia, e le emozioni vengono ridotte a mere reazioni chimiche.

Le basi per il riduzionismo derivano dall’Ottocento, che aveva portato alla massima esaltazione della scienza. Si credeva che tutto, prima o poi, sarebbe stato spiegato da leggi naturali. Tuttavia, con l’inizio del Novecento, questa fiducia inizia a vacillare. La fisica, ossia la più solida delle scienze, è riuscita a minare le basi dell’empirismo.

Einstein, con la relatività, mostrò che lo spazio e il tempo non sono assoluti, ma dipendono dal punto di osservazione. Planck e Heisenberg, con la meccanica quantistica, svelarono un mondo microscopico governato dal caso, dall’incertezza, dall’indeterminazione.
Il colpo più duro arriva dal principio di indeterminazione di Heisenberg, che afferma l’impossibilità di conoscere con esattezza simultanea alcune proprietà delle particelle, come posizione e velocità. Ma c’è di più: l’osservatore modifica ciò che osserva. L’idea di una scienza neutra e oggettiva viene meno.

Questo cambiamento segna una svolta nell’epistemologia: la fiducia cieca nel metodo scientifico vacilla e si comincia a riflettere sui suoi limiti.

Le implicazioni nella psicologia

Per secoli si è pensato che osservare fosse un atto neutro, quasi meccanico: basta guardare, raccogliere dati, e poi tirarne fuori leggi. Ma oggi sappiamo che non esiste un’osservazione pura: ogni osservazione presuppone teoria, aspettative, ma anche valori culturali e personali.

L’epistemologia moderna riconosce dunque che non esiste una conoscenza al di fuori della storia e della cultura. Il che vuol dire che ogni verità va compresa nel suo contesto. Questo cambiamento ha le maggiori implicazioni nella psicologia.

La scienza che studia la mente non può farlo senza coinvolgere la mente stessa.
I concetti di sé, di coscienza, di identità non sono entità fisiche osservabili con un microscopio: sono costruzioni culturali, che cambiano nel tempo e nei diversi contesti.
Questa presa di consapevolezza impone un ripensamento radicale del metodo scientifico. Non più un sistema infallibile, ma uno strumento potente ma limitato, che va adattato, criticato, migliorato. L’epistemologia, in questo, è fondamentale: è la disciplina che ci obbliga a riflettere sui nostri stessi strumenti.

Pensiamo, ad esempio, alle illusioni ottiche o alle immagini ambigue tanto care alla Gestalt. Queste immagini ci dimostrano che non vediamo la realtà per quello che è, ma per come siamo abituati a vederla.
In psicologia, tutto questo ha implicazioni enormi. Ogni scuola di pensiero, che si tratti di comportamentismo, psicoanalisi, cognitivismo o costruttivismo, guarda all’essere umano in modo diverso. E non c’è un’unica psicologia vera: abbiamo, piuttosto, tante prospettive complementari, ognuna con i suoi punti di forza e di debolezza.

Ogni diagnosi, ogni trattamento e modello teorico è influenzato dal background culturale di chi lo propone e di chi lo riceve.

L’epistemologia pedagogica

Le più recenti tendenze dell’epistemologia non hanno implicazioni solamente nella psicologia, ma anche in altre scienze.
L’epistemologia pedagogica, ad esempio, afferma che ogni atto educativo è anche un atto interpretativo. Non esiste, cioè, apprendimento senza un contesto, senza una narrazione, senza una relazione.

Questa branca della filosofia studia la formazione e il suo significato, oltre che i metodi e la relazione con altre scienze.

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Alessia Seminara
Giornalista pubblicista, copywriter e web editor. Dopo la formazione universitaria, ho deciso di intraprendere vari percorsi formativi che mi hanno consentito di iniziare a lavorare per il web. Collaboro con diverse testate giornalistiche online e mi occupo di copy e scrittura per vari siti web.
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