Effetto inflazione sui laureati: più lavoro ma salari più bassi
L’inflazione pesa non solo sul mondo dei consumi, ma anche su quello del lavoro. Nonostante, per gli aspiranti lavoratori laureati, ci sia una maggiore possibilità di trovare un impiego, secondo le ultime stime sono in calo i salari e gli stipendi.
E questa situazione non si presenta solamente per gli studenti neo-laureati. Gli stipendi più bassi si registrano infatti anche a ben cinque anni dal conseguimento del titolo di studio.
È questa la panoramica che ci ha fornito il venticinquesimo Rapporto di AlmaLaurea, recentemente condiviso dall’ente presso l’Università di Palermo.
Analizziamo insieme i dati condivisi dall’ente, per chiarire al meglio il ruolo che l’inflazione ha nel mercato del lavoro odierno.
Effetto inflazione, ma più lavoro per i laureati
Analizzando i risultati del report di Almalaurea, non possiamo certo dire che tutti i dati condivisi durante un incontro presso l’Università di Palermo siano negativi. In effetti, rispetto agli anni 2020 e 2021, si è registrato durante lo scorso anno un miglioramento per quanto riguarda l’occupazione dei laureati.
E anzi, è bene sottolineare che, ad oggi, chi possiede una laurea trova più facilmente lavoro anche rispetto all’epoca prima del Covid-19. Il miglioramento a livello del numero dei posti di lavoro offerti è infatti migliorato negli ultimi dieci anni, con livelli di occupazioni tra i laureati da circa un anno che oscillano tra il 75% ed il 77%, a seconda che si possieda un titolo triennale o magistrale.
Il dato migliora poi a cinque anni dalla laurea, con una percentuale che va dal 92,1% per i laureati triennali all’88,7% per chi possiede una laurea magistrale o a ciclo unico.
Gender gap e territorio pesano sulla ricerca del lavoro
Un dato interessante e, purtroppo, abbastanza sconfortante, non ha a che fare con l’inflazione. È stato infatti registrato da Almalaurea che, ancora oggi, le differenze di genere pesano sulla possibilità di trovare lavoro.
A causa del gender gap che è comunque una costante ancora presente nel mondo del lavoro, i laureati uomini trovano lavoro più facilmente nell’11,7% dei casi rispetto alle colleghe di sesso femminile.
Allo stesso modo, la residenza del laureato può influenzare positivamente, ma anche negativamente, le possibilità di trovare lavoro.
Chi vive nel Sud del Paese ha il 32,1% delle possibilità in meno di trovare lavoro rispetto ai colleghi laureati che vivono al Nord.
Allo stesso modo, coloro che decidono di trasferirsi altrove per motivi di studio, nel futuro hanno la possibilità di trovare un’occupazione nel 6% dei casi in più rispetto a chi decide di restare a studiare vicino alla propria residenza di origine.
Chi addirittura decide di spingersi a studiare all’estero può vantare un 12,3% di possibilità in più rispetto agli altri candidati di trovare un’occupazione.
L’inflazione pesa su salari e stipendi dei laureati
Passiamo ora alla nota dolente del report condiviso di AlmaLaurea qualche settimana fa a Palermo. L’ente ha sottolineato che, anche se le condizioni lavorative sono migliorate ed è più semplice trovare un impiego per i laureati, le retribuzioni risentono del pesante fardello dell’inflazione.
Nello specifico, il rapporto 2023 AlmaLaurea ha sottolineato come, rispetto agli anni precedenti, il valore nominale degli stipendi e dei salari a prima vista sembra essere aumentato.
Tuttavia, a causa dell’inflazione, il potere reale di acquisto è inferiore rispetto al passato.
Parlando in termini numerici, un laureato con corso triennale, dopo un anno dalla laurea, percepisce in media 1.332 euro al mese. La differenza coi laureati di secondo livello ad un anno dal conseguimento del titolo è minima, dato che questi ultimi percepiscono in media 1.366 euro al mese.
Rispetto all’anno precedente, tali valori sono calati di percentuali che oscillano tra il 4,1% ed il 5,1%.
L’inflazione ha effetto a lungo termine, anche per i laureati che hanno conseguito il titolo da cinque anni. I laureati triennali percepiscono in media 1.635 euro ogni mese. Chi ha invece un titolo di studio a ciclo unico o magistrale percepisce in media un compenso mensile di 1.697 euro.
Se paragonate all’anno precedente, tali retribuzioni sono diminuite a livello reale rispettivamente del 2,4% e del 3,3%.
Ovviamente, bisogna anche tener conto delle già citate differenze di genere e di residenza.
Innanzitutto, i laureati del sesso maschile dopo un anno dal conseguimento del titolo guadagnano già una settantina di euro in più rispetto alle colleghe donne.
Per quanto riguarda la differenza territoriale, nel Nord Italia si guadagnano più di 100 euro in più rispetto a chi, invece, dopo la laurea resta a lavorare al Sud.
Migliori condizioni di lavoro all’estero
C’è poi da considerare, e questo indipendentemente dall’inflazione, che chi lavora all’estero registra condizioni lavorative decisamente migliori rispetto a chi decide di rimanere in Italia.
È stato infatti stimato che i nostri ex studenti che lavorano all’estero percepiscono 600 euro in più rispetto ai laureati che restano a lavorare nel Mezzogiorno d’Italia. Tale abissale differenza, seppur un po’ meno ridotta, vale ovviamente anche per chi, pur risiedendo al Nord Italia, decide di restare a lavorare nel nostro Paese.
Oltre l’inflazione: migliora la carriera per gli studenti
Un dato significativo ed estremamente positivo non riguarda aspetti come l’inflazione e l’importo medio percepito.
Il report redatto da AlmaLaurea ha infatti messo in luce come, nonostante le criticità evidenziate fino ad ora, la carriera degli studenti universitari italiani sia nettamente migliorata.
In media, infatti, è aumentata la percentuale di studenti che riescono a concludere gli studi entro i termini legalmente previsti: si è passati dal 40% circa del 2012 al 62,5% durante lo scorso anno.
Inoltre, si è anche ridotta l’età media nella quale si consegue il titolo di studi: dai 26,7 anni necessari per il conseguimento 10 anni fa, ad oggi l’età media al momento del completamento degli studi è di 25,6 anni.
Migliorati, infine, anche i voti finali di laurea: se, in media, nel 2012 il voto di laurea era di 102,7, la media è ad oggi salita a 104/110.
Insomma, anche se l’inflazione influisce pesantemente sul lavoro e sul futuro degli studenti italiani, alcuni aspetti positivi si sono comunque registrati.