Cellule ghiandolari atipiche: analisi e implicazioni
Per una donna in età fertile scoprire di avere delle cellule ghiandolari atipiche può essere un grosso campanello d’allarme per la salute. Per rilevarne l’eventuale presenza ci si sottopone ogni tre anni al Pap-test, un esame che analizza il rivestimento della cervice uterina. Fa parte degli esami di screening, volti a individuare in fase precoce patologie gravi come il tumore al collo dell’utero.
Riscontrare la presenza di queste cellule è solo uno dei possibili esiti dell’analisi e da solo non basta a delineare una situazione clinica chiara. Si tratta solo di un indicatore che suggerisce di procedere con ulteriori test. Tra questi quello più indicato è l’isteroscopia, che permette di osservare l’interno dell’utero attraverso l’inserimento di una sonda.
Cosa sono le cellule ghiandolari atipiche
Per essere precisi esiste più di un risultato dello screening che può riportare questa espressione che può indicare più di un’anomalia a livello citologico. Si tratta di modificazioni che si osservano nel rivestimento della parete uterina che però non si possono collegare subito a una patologia specifica. Distinguiamo due possibili scenari:
- AGC generiche (cellule ghiandolari atipiche). Si tratta di una situazione molto rara dove si osservano delle alterazioni a livello dei tessuti del canale della cervice o dell’endometrio. Nel primo caso si riporta AGC endocervicale mentre nel secondo AGC endometriale. In caso l’esame non avesse rilevato con esattezza la loro collocazione il risultato riporta la sigla AGC – NOS.
- AGC verso neoplasia. Questo referto per fortuna è ancora meno frequente di quello riportato sopra e indica la possibilità concreta che sia insorta una forma tumorale. Non basta però a dimostrare la presenza di una neoplasia ma richiede di eseguire ulteriori analisi per escludere questa possibilità.
Come si esegue il Pap-test
Abbiamo già detto quale esame medico bisogna sostenere per individuare la presenza di cellule ghiandolari atipiche. Il Pap-test è consigliato dalle linee guida internazionali a tutte le donne a partire dai 21-25 anni fino alla mezza età (50-60 anni). La cadenza consigliata è ogni tre anni, poiché controlli più frequenti non si sono rivelati più efficaci. In Italia il limite superiore d’età è stato esteso fino ai 65 anni.
In alternativa dopo i trent’anni le donne possono sottoporsi all’HPV test, un esame molecolare per identificare i virus rischiosi per l’utero. Diversamente dal Pap-test è consigliato con cadenza quinquennale ma è simile a quest’ultimo perché prevede un prelievo di tessuto. Si utilizza un bastoncino per prelevare parte dell’epitelio del collo dell’utero e della cervice, dopodiché si effettua una PCR in laboratorio.
Il Pap-test non è un esame invasivo, ma per evidenziare la presenza di cellule ghiandolari anomale è necessario fare un piccolo raschiamento. Alcune pazienti percepiscono un leggero fastidio e altre hanno riportato qualche leggera perdita di sangue, ma in molti casi non si sente nulla. Il medico utilizza uno strumento chiamato speculum per visualizzare la zona da raschiare.
Per il prelievo lo strumento che si utilizza si chiama spatola di Ayre, un’asticella di plastica che viene ruotata una volta posizionata sul tessuto da prelevare. A questo primo raschiamento segue quello con la cytobrush, un bastoncino dalla punta morbida. Il campione fissato dai due prelievi si invia al laboratorio e i risultati seguono dopo circa 3 settimane.
Cellule ghiandolari atipiche e colorazione di Papanicolau
L’ematossilina è il pigmento usato per il nucleo e gli conferisce una colorazione che tende al blu-violaceo. Un secondo lavaggio del vetrino si fa con l’Orange G (OG-6) che evidenzia la cheratina e conferisce al citoplasma una colorazione giallo intenso. Questa proteina fibrosa si trova infatti in tutte le cellule epiteliali, comprese quelle del rivestimento uterino.
Il terzo e ultimo pigmento usato nella colorazione tricromica è l’EA, una miscela di eosina e di un altro colorante citoplasmatico. Serve a evidenziare le cellule immature di una sfumatura variabile fra il verde e il celeste. Grazie a questi tre pigmenti si possono evidenziare le cellule ghiandolari atipiche sulla base della loro morfologia. Per fissare i coloranti si eseguono dei passaggi in alcol concentrato al 95%.
La colorazione dei nuclei, che precede quella del citoplasma, può avvenire secondo due metodiche. La prima prevede di aggiungere l’ematossilina in maniera graduale monitorando il colore del nucleo. Invece la seconda utilizza una concentrazione elevata per poi rimuovere l’eccesso con una soluzione acida.