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Musica: i suoni alleviano davvero il dolore?

Musica: i suoni alleviano davvero il dolore?

musica suoni alleviano davvero dolore
  • Nausicaa Tecchio
  • 14 Agosto 2022
  • Guide
  • 4 minuti
  • 4 Febbraio 2024

Musica: i suoni alleviano davvero il dolore?

Profumi per l’aromaterapia e suoni per la musicoterapia. Soprattutto la medicina riabilitativa fa uso di questa terapia, che riscontra benefici a livello neuromotorio, cognitivo e relazionale. Ci sono diverse Associazioni professionali al mondo dove vengono proposti trattamenti con l’uso dei suoni e persino una Federazione Mondiale a cui fare riferimento.

Ma come funziona davvero la cura dei suoni, e cosa serve per poterla mettere in pratica?

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Che effetto fanno i suoni melodiosi all’organismo?

Sono stati svolti diversi studi scientifici per capire che influenza potesse avere la musica a livello fisiologico. In termini medici a risentire dell’effetto benefico di suoni e melodie sono l’ipotalamo, l’ipofisi e il sistema nervoso autonomo. Quest’ultimo controlla il battito cardiaco e il metabolismo, o meglio la digestione.

La musica stimola la produzione di endorfine, prodotte infatti dall’ipofisi. Il ruolo di questi neurotrasmettitori è noto: aumentano la sensazione di benessere e inducono una sensazione di rilassamento. Anche lo stress può essere tamponato grazie ai suoni, che possono così proteggere il sistema cardiovascolare.

La musicoterapia può agire anche a livello prenatale, quando il bambino è ancora nella pancia della mamma, prevenendo alcuni disturbi. E non deve sorprendere nemmeno che le canzoni possano aumentare la resistenza fisica. Del resto è abitudine di molti jogger correre con le cuffie per durare più a lungo, ma anche per essere più coordinati.

Sebbene non sia ancora così diffusa come pratica, i suoni sono usati per integrare determinate cure contro il cancro. Da un lato c’è un alleviamento del dolore, dall’altro la musica rilassa e dona speranza per proseguire il percorso. 

Le prime sperimentazioni sull’interazione fra musica e dolore

L’applicazione della musica in campo medico è una pratica iniziata già più di un secolo fa. L’attenzione verso questa terapia alternativa è cresciuto via via a partire dal 1950 estendendosi a tutte le età e in tutte le circostanze. I suoni e le melodie sono riuscite anche ad entrare in sala operatoria, a beneficio sia dei chirurghi che dei pazienti. 

Pare che negli Stati Uniti già i veterani delle due guerre mondiali ricevessero fra le cure anche l’ascolto di musica. Questo aiutava a distrarli dal dolore e quindi a percepirlo in forma ridotta. In certi casi si provava anche con la musicoterapia attiva, ossia si spingevano i soldati feriti a provare loro stessi qualche strumento.

Sempre in America nacque il primo corso di laurea improntato alla Terapia della musica e all’utilizzo medico dei suoni. Per la precisione le prime lezioni si svolsero nel 1944 alla Michigan State University.

I suoni e la medicina negli studi di questo secolo 

Uno studio importante in cui si utilizzò la musicoterapia si svolse nel 2003 per lenire il dolore provocato dalla osteoatrite. Il trial coinvolse 66 pazienti divisi in due gruppi ciascuno di 33 persone e con lo stesso rapporto fra maschi e femmine. L’età dei partecipanti variava fra i 58 e i 76 anni.

Il primo gruppo passava 20 minuti al giorno ad ascoltare dei brani composti da Mozart (tra cui la Sinfonia n.40), mentre il secondo gruppo passava lo stesso periodo in silenzio. Il trattamento durò per 14 giorni. Inoltre ai pazienti vennero somministrati dei questionari sulla percezione del dolore al giorno 1, dopo una settimana e al termine del trial.

I suoni classici portarono un vero miglioramento a livello del dolore che appariva ridotto significativamente nel primo gruppo. Nello stesso anno sul Journal of Nursing Care Quality apparve uno studio poi divenuto celebre. Dimostrava infatti l’efficacia della terapia con la musica anche per i pazienti oncologici.

Nel 2005 venne svolta una ricerca in Germania su pazienti affetti da dolore cronico. L’età media era di 53 anni nel campione, composto da 40 volontari poi suddivisi in due gruppi. Il numero di pazienti era esiguo, ma il 71% dei pazienti trattati con suoni e musica evidenziò un miglioramento.

Nel 2016 poi alla Ewha Womans University di Seul un team di ricercatori si è messo all’opera per un lungo lavoro. La squadra ha riesaminato diversi trial riguardanti l’uso di suoni e musica per ragioni mediche condotti fra il 1995 e il 2014. Il risultato è che sulla scala del dolore da 1 a 10 con la musicoterapia la percezione scendesse di almeno un punto. 

La musica è un analgesico anche nei topi

In Cina è recente uno studio sull’effetto delle melodie per lenire il dolore su un altro tipo di mammifero, il topo. Lo studio si è svolto presso  l’Università di Scienza e Tecnologia della Cina e ha previsto l’induzione di dolore a una zampa per ciascun animale. Poi si è proceduto facendo  ascoltare ai “pazienti” tre diversi tipi di suoni.

Nello specifico si è provato con la musica classica, un brano disarmonico e infine il rumore bianco. Quest’ultimo è l’insieme di tutte le frequenze che l’orecchio umano può sentire è ha effetto schermante su altri suoni. 

Per vedere che effetto avevano i tre diversi trattamenti i ricercatori hanno monitorato l’attività neuronale dei topi. Pare che a bassa intensità tutte e tre le frequenze riuscissero a diminuire la percezione del dolore negli animali. 

Questo studio conferma alcuni studi precedenti dove in seguito a operazioni chirurgiche leggere l’ascolto di diverse melodie aiutasse come ansiolitico e analgesico. Questo perché la musica riduce anche la produzione di cortisolo, noto anche come ormone dello stress.

Quali sono le note adatte?

Da sempre si ricorre soprattutto alla musica classica per calmare e ridurre la percezione del dolore. Tuttavia pare che un effetto analogo si possa ottenere anche sfruttando i suoni della natura, come il cinguettio degli uccellini nel bosco o il fruscio delle foglie. C’è chi si calma anche con il fragore delle cascate, ma sono gusti. 
 
Le “voci della natura” sono state persino usate per rendere meno fastidioso il prelievo di sangue per chi non lo tollera bene. 
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