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Ossimoro: significato ed esempi della figura retorica

Ossimoro: significato ed esempi della figura retorica

ossimoro
  • Sara Elia
  • 9 Febbraio 2022
  • Consigli per lo studio
  • 6 minuti
  • 8 Febbraio 2024

Ossimoro: significato ed esempi della figura retorica

L’ossimoro è una figura retorica ampiamente utilizzata sia nel linguaggio parlato sia, soprattutto, in opere con accezioni poetiche. L’uso degli ossimori nella scrittura, nei discorsi pubblici e nella comunicazione professionale è una tecnica retorica raffinata che può servire a diversi scopi strategici, tra cui evidenziare contrasti complessi e creare immagini potenti e vivide che catturano l’attenzione del pubblico.

Questo potente strumento retorico è particolarmente appropriato in situazioni in cui l’obiettivo è quello di

  • Evidenziare la complessità di un argomento o di un’emozione;
  • Sottolineare un paradosso o una tensione intrinseca in una situazione;
  • Arricchire la descrizione di un concetto, aggiungendovi profondità e sfumature;
  • Stimolare la riflessione su temi che sfidano la comprensione immediata o superficiale;
  • Attirare l’attenzione su un punto specifico o su un cambiamento di direzione in un argomento;
  • Creare immagini vivide e potenti che aggiungono profondità emotiva e texture visiva.

Analizziamone insieme struttura e significato.

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Che cosa sono le figure retoriche

Prima di procedere alla descrizione di ossimoro è necessario specificare cosa sono le figure retoriche, ovvero delle forme linguistiche che, susseguendosi l’una all’altra, creano un particolare effetto. Molto utilizzate nei componimenti poetici, sono ampiamente usate anche nella lingua parlata. 
 
Le figure retoriche vengono catalogate in differenti gruppi, in base all’utilizzo che ne viene fatto in un discorso:
  • espressione di un’ idea (tra cui l ’ossimoro, ma anche perifrasi, epifonema, antitesi, etc);
  • modificare il significato della parola (metafora, allegoria, antifrasi, etc);
  • cambiare la forma del termine (crasi, apocope, etc);
  • scegliere termini maggiormente appropriati all’ ambito esposto (eufemismo, epiteto, etc);
  • disposizione delle parole all’interno del discorso (climax, anastrofe, parallelismo, etc);
  • traduzioni in forma letteraria di suoni (onomatopea, allitterazione). 

Cos’è un ossimoro

La parola ossimoro deriva dal greco oksymõron che deriva a sua volta dai vocaboli oksys (acuto) e mõros (ottuso). Insomma, per definire l’ossimoro si è utilizzato un ossimoro!
 
L’ossimoro infatti è una particolare figura retorica che si forma tramite l’accostamento di due vocaboli tra loro contraddittori, contrari o a comunque contrastanti all’interno di una specifica frase.
L’ossimoro forma quindi l’unione di termini contraddittori causando una deviazione linguistica. In questo modo il lettore è attratto e più attento a ciò che si trova davanti agli occhi perchè si rende conto che spezza le regole. L’ossimoro esplora e dona nuovi significati espressivi, colmandone dei vuoti nella struttura.
 
La contrapposizione che si ottiene come effetto dell’ossimoro risulta paradossale, ed è proprio questa caratteristica che dona forza e una maggior espressività.
L’esatto opposto dell’ossimoro prende il nome di pleonasmo, l’aggiunta di termini non essenziali per la comprensione dell’espressione.
 
Ma vediamo insieme alcuni esempi di ampio utilizzo nella lingua parlata italiana: urlo muto, silenzio assordante, attimo infinito, false verità, assenza ingombrante. Alcune di queste espressioni sono entrate così tanto nella lingua italiana che le pronunciamo senza pensare alla loro origine e classifichiamo come “modi di dire“.
 

Caratteristiche peculiari dell’ossimoro

Quando si parla dell’ossimoro bisogna ricordare che, oltre all’opposizione tra i due termini, uno dei due ha un ruolo preponderante sull’altro. L’accostamento inoltre non è mai casuale o occasionale ma si tratta di un vero e proprio obiettivo stilistico da parte dell’autore.

L’ossimoro quindi è utilizzato per:

  • attirare l’attenzione su una particolare frase;
  • ravvivare una conversazione con ironia e sottile sagacia;
  • migliorare la comprensione di un concetto difficilmente spiegabile se non in modo figurato;
  • indurre il lettore a riflettere su ciò che il messaggio vuol far passare;
  • donare un effetto drammatico al racconto o, al contrario, umoristico o comico;
  • indicare un linguaggio elevato e ricercato.

L’ossimoro ha inoltre come peculiarità quella di saper raccontare qualità non usuali di uno specifico concetto, formandone uno nuovo. Se a prima occhiata l’ossimoro può destare stupore o sembrare irrazionale, in realtà cela un senso preciso che non si riuscirebbe esprimere al meglio in altri modi. In quanto figura retorica è indubbiamente spiazzante ma immancabile in una forma di comunicazione così fantasiosa e ricercata quale è la poesia.

Differenze tra ossimoro ed antitesi

Molto spesso c’è molta confusione tra queste due differenti figure retoriche, l’ossimoro e l’antitesi. Se è vero che anche l’antitesi si fonda su due o più termini in contrapposizione, le somiglianze terminano qui.

L’ossimoro, infatti è facilmente distinguibile in quanto composto da due parole l’una dopo l’altra che sono:

  • o un nome e un aggettivo che si riferiscono alla medesima entità ma dispensano due caratterizzazioni opposte;
  • o un aggettivo o un avverbio che determina il sostantivo che lo segue o precede.

Per quanto concerne l’antitesi (come ad esempio “ Vivo alla morte ma morto alla vita” di L. Pirandello), invece:

  • le frasi che la contengono sono tendenzialmente più complesse;
  • le parole in contrasto più distanziate;
  • seguono uno schema per lo più simmetrico;
  • costituiscono un’opposizione generale ma non per forza illogica come è invece quella dell’ossimoro.

Ad ogni modo, attenzione a non abusare nell’uso dell’ossimoro nè di altre figure retoriche. A volte, ove utilizzato come rimedio letterario, possono diventare noiose agli occhi del lettore. Prediligere dunque, la moderazione.

Esempi di ossimori famosi

Gli ossimori sono figure retoriche che combinano parole di significato opposto per creare un effetto di sorprendente contrasto o per esprimere un concetto complesso. Alcuni degli ossimori più famosi nella letteratura e nel nostro linguaggio comune includono:

Dolce amaro, un classico esempio che esprime una sensazione oppure un’esperienza che è piacevole e dolorosa al contempo.
Oscurità luminosa, può riferirsi a qualcosa che illumina nonostante la sua “oscurità”, spesso usato in senso figurato per descrivere idee o concetti.
Gelido sole, ossimoro che combina due elementi naturali con caratteristiche opposte, usato per esprimere contrasti emozionali o ambientali.
Pace armata, termine politico usato per descrivere una situazione in cui paesi o gruppi mantengono la pace attraverso la minaccia reciproca della forza.
Vita mortale, riflette sulla natura effimera della vita sottolineando che ogni vita è destinata a finire con la morte.
Realtà virtuale, un concetto moderno che descrive un’esperienza simulata attraverso dispositivi tecnologici, che sembra reale ma non lo è.
Freddo calore, usato per descrivere una relazione o situazione sentimentale che ha elementi sia di distacco che di intensità emotiva.
Fuga immobile, un’espressione che può riferirsi a un tentativo di evasione che non porta da nessuna parte, o a un desiderio di fuga che rimane inattuato.

Questi esempi di ossimori sono usati molto spesso in letteratura, poesia e discorsi per evocare immagini potenti e per esprimere concetti complessi in modo conciso e memorabile.

Un po’ di poesia…

Vediamo ora insieme qualche celebre ossimoro facente parte di componimenti poetici:
 
O viva morte, o dilettoso male,
come puoi tanto in me, s’io nol consento?
(F. Petrarca)
 
E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto.
(G.Pascoli)
 
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme.
(U. Foscolo)
 
“La mole della polenta era in ragione dell’ annata, e non del numero e della buona voglia de’ commensali e ognun d’essi, fissando con uno sguardo bieco d’amor rabbioso, la vicenda comune, pareva pensare alla porzione d’appetito che le doveva sopravvivere.”
(A. Manzoni)
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