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Principio di Archimede: spiegazione e applicazione pratica

Principio di Archimede: spiegazione e applicazione pratica

Principio di Archimede spiegazione e applicazione pratica
  • Nausicaa Tecchio
  • 16 Agosto 2023
  • Consigli per lo studio
  • 4 minuti

Principio di Archimede: spiegazione e applicazione pratica

Già alle medie si parla del principio di Archimede o meglio della sua spinta. Se si parla di nuoto o di corpi che galleggiano infatti questa è la regola da tenere a mente. Si dice che o scienziato di Siracusa lo avesse sviluppato dopo un esperimento per comprendere la composizione della corona di uno stratega, Gerone II.

Pare infatti che per capire se questa fosse stata realizzata con l’oro fornito o il risultato del mescolamento con altri metalli la si fosse immersa in acqua. Dato che con l’aggiunta di altro materiale il volume dell’oggetto era superiore al lingotto iniziale, questa iniziò a galleggiare. Da qui si scoprì la truffa messa in atto. 

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Enunciato del principio di Archimede

Prima di guardare le formule esaminiamo la forma verbale di questa legge. Essa afferma che un corpo immerso in un fluido riceve una spinta verso l’altro pari al peso del volume di fluido che sposta. Proprio questa forza che si oppone all’affondamento del corpo viene chiamata spinta di Archimede o in alternativa spinta idrostatica.

Le applicazioni che il principio di Archimede ha incontrato dal momento in cui fu messo per iscritto sono tantissime. Aiuta a comprendere la dinamica per far emergere o sprofondare i sommergibili, le navi o i galleggianti. Archimede lo citò per la prima volta all’interno della sua opera Sui corpi galleggianti, risalente al terzo secolo a.C.

La formulazione dello scienziato precisava anche qual era il punto su cui agiva la spinta di cui si parlava. La risposta è che si trova lungo la linea del baricentro della massa di fluido da cui si origina questa forza diretta verso l’alto. Non invece il baricentro del corpo né della sua parte immersa nel fluido. 

La spinta di Archimede agisce solo su corpi di una certa massa, non piccoli o puntiformi come ad esempio granelli di sabbia. Se si considerano degli oggetti microscopici questi producono dei movimenti disordinati chiamati browniani. Sono caratteristici delle masse di fluido e si evidenziano proprio aggiungendoci delle polveri colorate.

La formula della forza di Archimede

Dall’enunciato del principio di Archimede si può ricavare la formula per calcolare l’intensità di questa spinta. La forza di Archimede, indicata con il simbolo FA, si calcola con la seguente formula: FA=ρVg. Rispettivamente:

–ρ è la densità, non dell’oggetto immerso bensì del fluido in cui si viene a trovare. La spinta infatti dipende dal tipo di liquido e non dal materiale di cui è fatto il corpo. Si esprime in g/cm3 o in kg/m3 ma più frequentemente con la seconda unità di misura.

–V è il volume di fluido spostato, che è uguale anche a quello del corpo visto che il liquido si muove in seguito al suo ingresso (nel lago, in un recipiente…). 

–g è l’accelerazione di gravità, ossia 9,81 m/s2. Come afferma il principio di Archimede la forza è prodotta dal peso del fluido spostato, che si calcola partendo dalla massa. Moltiplicando densità e volume si trova la massa, e dal prodotto di questa per la costante di gravità il peso. 

Come si vede dalla formula ci sono molti fattori che non incidono, come ad esempio la profondità a cui si immerge l’oggetto o il corpo. Può essere in superficie come a grandi profondità ma la forza di Archimede rimane la stessa. 

Principio di Archimede e galleggiamento 

Quando un oggetto o un corpo si trovano in un ambiente liquido ci sono tre condizioni che si possono verificare:

–il corpo affonda. Non rimane affiorante in superficie ma sprofonda verso il basso nonostante la spinta di Archimede. Dipende dal rapporto fra le densità del corpo e quella del fluido. L’affondamento deriva dal fatto che la prima è maggiore della seconda. Quindi ρcorpo > ρfluido.

–il corpo riesce a galleggiare. Invece di andare verso il basso l’oggetto riesce a non finire sommerso e rimane in superficie. In quanto si tratta del caso opposto al precedente anche le circostanze saranno contrarie a prima. Il corpo risulta così meno denso del liquido (ρcorpo < ρfluido).

–il corpo è in equilibrio. Per il principio di Archimede si considera in equilibrio un oggetto che è completamente immerso nel liquido ma non va a finire sul fondo del bacino o del recipiente. Succede quando le densità di corpo e fluido si equivalgono, quindi ρcorpo = ρfluido. In questo caso la forza di Archimede risulta esattamente uguale al peso di cil che è caduto nel fluido.

Viene da domandarsi come funzioni questo per il corpo umano, soprattutto visto che il nuoto è un’attività sportiva molto praticata. La risposta è che la densità di una persona è molto simile a quella dell’acqua, ma appunto è la densità del fluido a giocare un ruolo cruciale. Per questo al mare dove l’acqua è più densa si fa meno fatica a stare a galla. 

Un esempio pratico per capire 

Ipotizziamo il caso in cui si immerga una cassetta di massa pari a 4 kg in acqua dolce, che ha densità pari a 1000 kg/m3 . Il volume della cassa è di 3 dm3 . In questa condizione la cassetta galleggia, affonda oppure rimane in equilibrio?
 
Utilizzando quanto imparato dal principio di Archimede, prima di tutto si può calcolare la spinta che agisce sulla cassetta. La forza di Archimede come visto sopra si calcola con la formula FA=ρVg. Quindi in questo caso il suo valore è pari a 29,4 Newton (N). Il peso dell’oggetto invece si calcola moltiplicando la sua massa per la gravità, quindi 4 kg x 9,81 m/s2= 39,3 N.
 

Mettendo a confronto il peso e la forza di Archimede si nota subito che il primo è maggiore della seconda. Di conseguenza la spinta non riesce a contrastare la forza che va verso il basso e la cassetta va a fondo. 

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