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Demografia e università: Italia a rischio spopolamento nel 2040

Demografia e università: Italia a rischio spopolamento nel 2040

Demografia e universita Italia a rischio spopolamento nel 2040
  • Sara Elia
  • 1 Maggio 2023
  • News
  • 4 minuti

Demografia e università: Italia a rischio spopolamento nel 2040

Il rischio spopolamento previsto in Italia nel 2040 è un grave allarme con cui fin da oggi dobbiamo confrontarci. I dati sono stati raccolti da un report “Università e Demografia. La sfida di lungo periodo degli atenei italiani”.  Il rapporto tra calo demografico e numero di iscritti negli atenei è evidente.

Analizziamo la situazione insieme al meglio.

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Spopolamento dell’Italia: un rischio reale

È previsto che entro il 2040 gli atenei registreranno una contrazione nelle iscrizioni pari al 20% rispetto ad oggi. Lo spopolamento dell’Italia è diventato ad oggi un rischio reale.
 
Il declino demografico dei giovani tra i 18 e i 21 anni sarà dunque a breve una realtà con cui le università dovranno confrontarsi a breve.
 
I risultati principali pubblicati sul portale Talents Venture registrano i dati nelle differenze zone:
  • Mezzogiorno: la popolazione di 18-21 anni è in riduzione da tempo. Nel 2040 raggiungerà 414mila unità;
  • Sardegna, Basilicata e Puglia: prevista una riduzione nel 2040 rispettivamente del 34%, del 33% e del 32%;
  • Centro-Nord: il declino demografico solo posticipato. Arriverà infatti tra il 2030 e il 2040. E colpirà soprattutto la Valle d’Aosta con un -27%, le Marche con -25% e l’Umbria -24%.
Questo spopolamento avrà conseguenze prevedibili anche per gli Atenei. Il declino demografico inciderà infatti sulla diminuzione di domande formativa. Sarà quindi a rischio rischio la sostenibilità di molti corsi di laurea, soprattutto al Sud. Il calo influirà comunque anche sulle Università del Nord, che annoverano numerosi iscritti provenienti dal Sud e dalle isole.
 

Situazione attuale immatricolazioni in Italia

I dati relativi alle immatricolazioni sono già ad oggi preoccupanti. A dicembre 2022 ne sono state registrate infatti 295mila. E quindi meno 2% rispetto all’ anno precedente.
 
Le cifre certificano oltre 6 mila iscritti in meno. Nello specifico:
  • meno 6mila unità (2%) rispetto al 2021/2022: immatricolazioni di 295.660 studenti di cui 129.085 uomini e 166.575 donne;
  • quasi 17mila in meno (5,4%) rispetto al biennio precedente: nell’anno accademico 2021/2022 le immatricolazioni arrivavano a 301.776 (di cui 169.981 maschi e 131.795 femmine).  
Come abbiamo visto fin da oggi gli immatricolati ai corsi delle Università sono in minor numero soprattutto in Meridione.Le aree di studio più colpite dallo spopolamento sono:
 
  • corsi STEM: 91.625 di cui 36.373 ragazze; 
  • Scienze, Ingegneria, Tecnologia e  Matematica: 93.913 studenti di cui 37.076 donne. 
  • facoltà letterarie: dai 57.285 del 2021/2022 ai 55.789 del 2022/2023;
  • ambito sanitario: passati da 48.252 a 45.908;
  • area economica, giuridica e sociale: 102.326 del 2022 ai 102.338 del 2023. 

Facoltà a rischio chiusura causa spopolamento

Ad oggi gli atenei meridionali sono quelli meno frequentati da nuove immatricolazioni. Il decremento è di mezzo punto percentuale sul biennio e di 0,2 punti in 12 mesi. In totale, le università del Sud accolgono il 27,8% dei 295.660 immatricolati nel 2022/2023. Alcune facoltà sono già a rischio chiusura per il bassissimo numero di nuovi iscritti. E la situazione non farà che peggiorare di qui a breve. È infatti previste che, a causa dello spopolamento e conseguente calo di immatricolazioni, alcune università dovranno chiudere. 

La situazione causata dal calo delle iscrizioni diventerà ancora più allarmante nel 2040. Osserviamo l’attuale classifica dei principali Atenei a rischio chiusura in Italia:

  • Sannio
  • Foggia
  • Casamassima – LUM
  • Salento
  • Salerno
  • Bari
  • Bari Politecnico
  • Napoli II
  • Basilicata
  • Roma UNINT
  • Cagliari
  • Napoli l’Orientale
  • Napoli Benincasa
  • Messina
  • 
Molise
  • Napoli Federico II
  • 
Enna – KORE
  • Napoli Parthenope
  • Sassari
  • Perugia Stranieri
  • Roma Biomedico
  • Catania
  • Roma Europea
  • Reggio Calabria
  • L’Aquila
  • Roma Foro Italico
  • Macerata
  • Chieti e Pescara
  • Roma LUMSA
  • Marche
  • Teramo
  • Calabria
  • Castellanza LIUC
  • Aosta
  • Milano San Raffaele
  • Roma LUISS
  • Torino Politecnico.

Come affrontare la crisi demografica

La crisi demografica deve necessariamente essere affrontata al meglio per evitare un eventuale e previsto spopolamento. Quindi diventa importante trasformarla e trarre da essa benefici. Mettere dunque le basi per una spinta agli Atenei a rinnovarsi. La pandemia Covid-19 è stata segnata dal ricorso alla didattica a distanza, un buon modo per iniziare ad internazionalizzare le Università. Un modello interessante da prendere in considerazione è infatti quello “misto: didattica in presenza e didattica a distanza. In questo modo si raccoglierebbero studenti non solo in loco ma anche al di fuori dell’Italia, soprattutto nella confinante Africa.

Un rapporto del Talents Venture riporta testualmente che: “Nel 2040 ci saranno circa 190 milioni di giovani africani in età universitaria. Questo bacino rappresenta un’opportunità per gli atenei del nostro Paese. Gli atenei italiani infatti – persa la sfida di attrarre le popolazione in crescita negli anni precedenti (Sud America, Cina ed India) – possono pensare di attrarre, anche grazie alla vicinanza geografica, i giovani africani che potrebbero giocare un ruolo cruciale nella composizione degli atenei italiani dei prossimi anni”.

Tale realtà non è da ignorare ma anzi da utilizzare come nuovo potenziale in sostituzione delle università a rischio chiusura per lo spopolamento. Preparare quindi oggi un lavoro ben strutturato, promuovere l’internazionalizzazione, contribuire alla cooperazione sono obiettivi che l’università italiana deve darsi.

Il supporto del Recovery Plan

Il futuro delle università italiane è a rischio a causa dello spopolamento. Gli scenari sono immaginabili ma non (ancora) reali. L’unica cosa reale e certa è la necessità, per preparasi al peggio, di utilizzo dei fondi del Recovery Found in dotazione. Tali fondi sono stati stanziati da Next Generation EU per vari settori e sarà compito dell’esecutivo quello di utilizzarli. 

Purtroppo pochi sono quelli dedicati all’ambito istruzione e ricerca.  Le Università devono quindi farsi voce e richiederli. Altrimenti, senza un piano di sviluppo accurato che coinvolga i giovani tramite, ad esempio, un adeguato orientamento, molti atenei spariranno. La domanda deve però essere attirata convincendo attraverso un’offerta ottimale. Necessario quindi:

  • modernizzare le proprie strutture;
  • curare la didattica;
  • offrire prospettive professionalizzanti;
  • diventare punto di riferimento sicuro;
  • collaborare di più nello sviluppo della conoscenza;
  • assicurare l’ingresso repentino nel mondo del lavoro.

Una risposta mancata alla risoluzione del sistema scolastico universitario vigente, porterebbe alla chiusura di molte strutture.

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